Genocidio armeno, Sarkozy vuole una legge per punire i negazionisti

Di Rodolfo Casadei
25 Dicembre 2011
Tensione tra Francia e Turchia per una proposta di legge (già approvata dall'Assemblea nazionale transalpina) che prevede un anno di prigione e 45 mila euro di multa per chi s'ostina a negare il genocidio nel 1915. Storia e analisi su un fatto storico al centro di attualissimi intrecci diplomatici e commerciali

Francia e Turchia ai ferri corti: oggi l’Assemblea nazionale francese ha approvato una proposta di legge per punire chi nega, fra gli altri, il genocidio contro gli armeni, e Ankara minaccia fuoco e fiamme. A Parigi erano arrivate due delegazioni turche, una di imprenditori e l’altra di parlamentari dei tre principali partiti (l’Akp islamista, il Chp kemalista e l’Mhp ultranazionalista), incaricate di dissuadere i deputati francesi dal votare a favore della proposta presentata da una eletta dell’Ump (il partito di Nicolas Sarkozy), ma era certo che, nonostante qualche isolato voto contrario, il testo sarebbe stato approvato a larga maggioranza, essendosi dichiarati a favore tutti i principali partiti francesi.

La Francia, come molti altri paesi occidentali, riconosce ufficialmente il genocidio armeno e ha formalizzato questo riconoscimento con una legge approvata dai due rami del parlamento (Assemblea nazionale e Senato) il 29 gennaio 2001. La legge però è puramente enunciativa e non prevede pene per i trasgressori. I numerosi tentativi di stendere ed approvare un provvedimento contenente sanzioni ai danni degli eventuali negazionisti si sono fino ad oggi arenati sia per ragioni interne attinenti le rivalità partitiche francesi sia per il timore di tirare troppo la corda coi permalosissimi turchi.
Nell’ottobre scorso, però, nel corso di una missione ufficiale in Armenia, Sarkozy ha lanciato una specie di ultimatum alla Turchia dopo anni di contatti sull’argomento fra i due paesi: o riconosceva il genocidio armeno “in un tempo breve”, o la Francia avrebbe dato il via libera ai progetti di legge per punire il negazionismo. Negli ultimi anni la Turchia ha fatto qualche concessione sull’argomento: ferma restando l’assoluta negazione che un genocidio voluto dal governo dei “Giovani turchi” contro gli armeni abbia avuto luogo fra il 1915 e il 1917, condivisa dalle forze politiche come dalla grande maggioranza dell’opinione pubblica turca, nel 2010 per la prima volta è stata autorizzata una manifestazione di intellettuali turchi che solidarizzavano con le sofferenze storiche degli armeni, svoltasi presso lo scalo ferroviario di Istanbul al centro di deportazioni antiarmene; in precedenza dichiarazioni o iniziative come quella sarebbero finite in tribunale a norma dell’articolo 301 del Codice penale turco: denigrazione dell’identità turca.

A Sarkozy però non è bastato, e poco dopo il ritorno dalla missione in Armenia il governo ha dato il via libera a una proposta di legge, per l’esattezza quella depositata da Valérie Boyer. Come in un testo approvato nel 2006 e poi arenato, prevede un anno di prigione e 45 mila euro di multa. Il testo non menziona esplicitamente il genocidio contro gli armeni, ma reprime «la contestazione o sminuizione oltranzista dei genocidi riconosciuti come tali dalla legge», e questo basta a stabilire la penalizzazione dei negazionisti anti-armeni, in forza della legge approvata nel 2001. 

È noto che Alain Juppé e Gerard Longuet, rispettivamente ministro degli Esteri e della Difesa, non condividono l’impostazione che il capo dello Stato ha dato alla questione, temendo i suoi riflessi sulla collaborazione franco-turca di fronte alla crisi siriana e ai nuovi governi dei paesi arabi attraversati dai moti rivoluzionari. Ma gli ambienti presidenziali rispondo che anche nel 2001, quando la Francia approvò la legge di riconoscimento del genocidio contro gli armeni la Turchia aveva minacciato conseguenze gravi nei rapporti bilaterali, e tuttavia un anno dopo gli scambi commerciali fra i due paesi risultavano aumentati del 30 per cento. Quotidiani di sinistra come Le Monde e Libération accusano apertamente Sarkozy di aver riaperto proprio ora la querelle turco-armena per ragioni biecamente elettoralistiche: si tratterebbe di calamitare sul presidente uscente i voti dei circa 600 mila francesi di origine armena (fra i quali personaggi famosi come il cantante Charles Aznavour e il calciatore Youri Djorkaeff). Erdogan e i ministri turchi dicono esattamente la stessa cosa, aggiungendo che l’operazione potrebbe non esssere conveniente perché in Francia vivrebbero anche 500 mila turchi (ma molti di essi non sono elettori).

L’allusione alla presenza turca in Francia segnala il cambiamento di tono delle reazioni di Ankara alle iniziative europee sulla questione armena. I turchi dedicano sempre meno tempo alla negazione pura e semplice del genocidio per portare l’attenzione su altri aspetti della vicenda: l’opportunità di lasciare agli storici la materia senza interferire nella libertà di ricerca scientifica con leggi sanzionatorie; l’offesa alla libertà di coscienza e di espressione rappresentata da leggi che puniscono i convincimenti; i problemi diplomatici che la legge causerebbe: uomini di Stato turchi in visita in Francia rischierebbero l’arresto in seguito a conferenze stampa nelle quali li si trascinasse a dichiarazioni sul genocidio armeno; la pesante eredità del colonialismo francese in Algeria e in Africa e il coinvolgimento in genocidi come quello contro i tutsi in Ruanda, che dovrebbero rendere la Francia più prudente sulla materia.
Il provvedimento oggi approvato dovrà ora passare il vaglio del Senato per entrare in vigore, e questo avverrà quasi sicuramente dopo le elezioni presidenziali della prossima primavera.

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