In mutande ma vivi: dove condurrà il ruggito di Ferrara? 

Di Elisabetta Longo
09 Giugno 2011
Il direttore del Foglio tuona contro "il pulpito indecente da cui predicano i puritani", manda alla malora il loro dito candido puntato contro Berlusconi e lancia «una campagna di passione e denuncia pubblica. Che ne dite?»

«Virtuosi talebani», così il direttore del Foglio definisce con un magistrale ossimoro tutti coloro che finora hanno puntato il dito contro le gesta del presidente del Consiglio. «Dicono che il presidente del Consiglio si comporta male, e magari non si è comportato meravigliosamente bene in parecchie occasioni. Ma è questo il problema? Siamo convinti di no. Il problema è che vogliono mettergli le mani addosso per evidenti ragioni politiche alimentate da spirito facinoroso e da avversione antropologica a un’Italia popolare rigettata e odiata».

“In mutande ma vivi. E’ ora di smascherare il pulpito indecente
da cui predicano i puritani”. Titola così il Foglio dell’8 febbraio, riferendosi a un’Italia moralista concentrata in diverse iniziative anti Cav. Ferrara chiama a raccolta la sua «piccola comunità di lettori», accennando così un’idea di mobilitazione, ben diversa da quella fatta solo due giorni fa dal “popolo del Palasharp”, dieci mila persone che in un sabato pomeriggio milanese hanno affollato il palazzetto chiedendo le dimissioni di Silvio Berlusconi. Diecimila persone che a detta di Ferrara sono inscusabili, per la loro stessa mancanza di vita, passata ad additare e giudicare gli altri. «La pazzia di Berlusconi sarà in qualche modo riscattata, belle anime azioniste, la vostra mancanza di vita è inescusabile».

Una platea confusa che ha venerato i suoi oratori illustri, coccolandosi nel sentirsi rivolgere messaggi saputi e risaputi. Da Zagrebelski a Oscar Luigi Scalfaro, da Umberto Eco a Roberto Saviano, volti noti della protesta indignata. È in particolare contro il giurista che Ferrara tuona nell’editoriale di domenica 6 febbraio: «Rimane soltanto da chiudere gli occhi per fissare l’immagine di un troiaio generalizzato costruita con tanta fantasticheria morale. Succede così, quando il ragionamento non è sorretto da un distaccato rigore sabaudo: si finisce per declamare una catilinaria condominiale».

Difficile dare torto a Ferrara, rimane da capire ora in che cosa si trasformerà «la campagna di passione e denuncia pubblica» proposta dall’Elefantino, che conclude così il suo editoriale dell’8 febbraio: «Che ne dite? vi sentite di far parte di una minoranza che non ha niente da insegnare ma non accetta prediche da pulpiti privi di decenza e di senso del limite?».

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