
Farina: Bisogna non avere l’anima per godere dell’oblio di Alfonso Papa
Pubblichiamo l’articolo di Renato Farina tratto dal numero di Tempi 38/2011 da oggi in edicola
Chi state diventando voi italiani? Non dico: italiani-di-sinistra, italiani-di-destra. Mi riferisco alla categoria intera: siete di certo ormai post-cristiani. Magari vi intenerite, ma così, superficialmente, per un’emozione istantanea. L’idea di che cosa è l’uomo vi sfugge. Da Diavolo della Tasmania vedo meglio, sono obiettivo (forse). Che bell’epoca era quando l’Italia rigurgitava di cristiani cattivi, in fondo bestiali e vendicativi; sempre meglio di questa zuppa tiepida che ripugna anche agli inferi. Mi riferisco ad esempio al vostro modo di guardare alle carceri. Siete sensibili, ma non volete vedere per non dover esercitare la sensibilità. Avete un gran prurito alla pelle dinanzi agli uccellini feriti, ma non volete vedere gli uomini.
Il mio avatar in Parlamento, Renato Farina, che gira parecchio le prigioni, da Nord a Sud, ha ricevuto una lettera di un suo amico, il detenuto Alfonso Papa, uno dei tanti che in Italia finiscono in cella prima del processo, anche se non ha sparso neanche una goccia di sangue. Ma sì, il famoso deputato. Nella lettera Papa si difende, e questo è logico. C’è una denuncia: il carcere preventivo non per tutela della giustizia, ma come strumento d’indagine attiva, una maniera per strizzare l’anima e farne uscire solo ciò che conviene agli investigatori. Una tortura. Ma non di questo voglio qui riferire del racconto del Farina. Altre cose.
1) Papa chiedeva di ricordarsi di lui, di loro. Di quel mondo che c’è nelle nostre città dietro le sbarre. I deputati possono andare nelle carceri a gratis, come sull’aereo. Così Farina ci è andato.
2) A Poggioreale, il carcere di Napoli dove sta il Papa, c’è il lamento che si alza fino al cielo per il sovraffollamento. La stessa cosa a San Vittore, Regina Coeli, a Monza, dappertutto. Oltre alla concentrazione esagerata di carni sudate in spazi angusti c’è la mancanza di risorse. A Opera (Milano) non c’è carta igienica, le lampadine fulminate se le ricomprano i detenuti. Soprattutto cento detenuti sono rimasti per sei mesi senza tv! Detta così fa ridere. Ma se uno va in giro per le celle capisce.
3) Non scoppiano rivolte e non sono esplose durante l’estate perché c’è stata una piccola iniezione di speranza. Come ha detto Giacinto Siciliano, direttore di Opera (il carcere con 200 ergastolani), senza speranza la prigione fa impazzire. E la speranza è data dall’idea che in Parlamento ci si occupi di loro, dei detenuti. Marco Pannella è un diavolone vero e proprio, ma ha dato questa estate ai “ristretti” (si chiamano così nella lingua di legno della burocrazia) uno squarcio di cielo. Non è tanto perché lotta per l’amnistia, ma perché loro sentono che gli vuol bene. Un sacco di gente ha detto al Farina: «Mi saluti Pannella, lui si ricorderà di me!». Uno si è fatto crescere il codino di cavallo come lui. E quando diceva Pannella gli veniva un sorriso.
4) Alfonso Papa ha detto una cosa all’orecchio di Farina, che qui non posso dire, ma l’ha reso felice.
5) Farina ha costruito su internet una paginetta per chiedere la fine della detenzione preventiva per Papa, sbattuto dentro dall’alleanza tra onorevoli e pm (si trova facilmente con Google: renato farina facebook). Ne hanno parlato le agenzie. I siti del Pdl non hanno voluto reclamizzarlo. Il Fatto quotidiano ha segnalato che sono pochissimi quelli che vi hanno aderito. E gode di questa indifferenza. Poche decine. In fondo c’è la crisi economica, che è molto più grave, vero? Ma fregarcene di chi è dentro senza processo è un lusso morale che neanche noi all’inferno ci permettiamo. Prima c’è il giudizio, poi le fiamme. Siamo più umani e cristiani noi diavoli.
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