
Istat: italiani a rischio povertà, crolla anche il risparmio – Rassegna stampa/2
Il consuntivo Istat, nel rapporto annuale presentato ieri, dichiara che circa un quarto degli italiani «sperimenta il rischio di povertà o di esclusione sociale».
“Si tratta di 15 milioni di persone, il 24,7% della popolazione, a fronte del 23,1% della media Ue. E nel Sud l’area dell’indigenza supera il 30%. Il rapporto statistico conferma che le difficoltà dell’Italia sono strutturali e di lungo periodo. (…) Solo lo stock di ricchezza accumulato nei decenni precedenti ci ha evitato guai peggiori. Tra il 2001 e il 2010 l’italia ha realizzato infatti «la performance di crescita peggiore» d’Europa, con un tasso di aumento annuo del Pil dello 0,2% a fronte dell’1,3% della Ue” (Avvenire, p. 11).
“Pesante l’impatto sul mondo del lavoro. Nel biennio 2009-2010 sono saltati 532 mila posti, cassa integrazione esclusa. L’emorragia ha colpito soprattutto nel Meridione (-280 mila) ma non ha affatto risparmiato il Nord industriale (-228 mila). Più contenute le ricadute nelle regioni del Centro” (Avvenire, p. 11). L’Istat segnala un aumento dei disoccupati e rivela che nel 2010 sono state circa due milioni le persone che hanno rinunciato a cercare un posto di lavoro.
Le vere vittime della crisi sono stati i giovani: “Tra gli under 30 sono spariti 500 mila posti di lavoro in due anni. E tra chi un impiego ce l’ha, un terzo ha un contratto temporaneo. Più di uno su cinque non studia e non lavora, 134 mila unità in più rispetto al 2009” (Avvenire, p. 11).
Per quanto riguarda le donne, in generale il 15% smette di lavorare per l’arrivo di un figlio. Tra il 2008 e il 2009 quasi 800 mila hanno dichiarato di aver perso un impiego a causa della gravidanza. “Per salvaguardare il tenore di vita precedente, minacciato dall’inflazione e dalla frenata dei redditi, le famiglie hanno dovuto intaccare i risparmi. Per la prima volta il tasso di risparmio italiano, nostro tradizionale punto di forza, è sceso al di sotto di quello delle altre grandi economie europee, attestandosi al 9,1%, il valore più basso da 20 anni” (Avvenire, p. 11).
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