
Giordania. Pubblica una vignetta contro l’Isis, giornalista ucciso da un imam per «blasfemia»

Tre colpi di pistola sulle scale di un tribunale. Così ieri mattina nella capitale della Giordania, Amman, è stato ucciso Nahed Hattar, giornalista ateo di tradizione cristiana. Si stava recando al processo che lo vedeva imputato per reato di «insulto alla religione», ma un imam ha emesso sentenza prima del tempo e si è fatto giustizia da solo.
IL DIO DELL’ISIS. Riad Abdullah, guida religiosa della moschea del quartiere di Hashmi, ha assassinato il giornalista perché questi, il 13 agosto, ha condiviso su Facebook una vignetta contro lo Stato islamico intitolata “Il dio del Daesh” (Isis in arabo). Nel disegno si vede un jihadista, presumibilmente il leader Al-Baghdadi, a letto tra due donne che chiede ad Allah di servirgli noccioline e da bere. L’intento, come spiegato da Hattar, non era affatto insultare l’islam ma «semplicemente far capire come l’Isis vede dio e il paradiso».
PROTESTE IN PIAZZA. L’imam, barba e tunica lunga, non si è opposto all’arresto. Il governo giordano promette pene esemplari ma gli amici e i parenti dello scrittore, che ieri sono scesi in piazza a protestare, hanno accusato il governo di aver creato un «ambiente ostile che ha incoraggiato e incitato la violenza contro di lui». Il governo, insistono, «non ha fatto niente» mentre sui siti web di tanti musulmani comparivano minacce di morte e incitamenti alla sua uccisione.
«SE LO MERITAVA». L’estremismo islamico cresce anche in Giordania, uno dei pochi paesi arabi dove i cristiani possono praticare il culto senza paura. Alle elezioni di questa settimana i Fratelli Musulmani hanno conquistato 16 seggi su 130, diventando la prima forza di opposizione nel regno di re Abdullah. Ieri sugli account Facebook di tanti musulmani si festeggiava la morte di Hattar: «Un blasfemo che ha avuto quel che si meritava».
Foto Ansa/Ap
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2 commenti
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L’unica cosa giusta sarebbe prima cacciarli dai nostri confini o metterli nelle condizioni di non nuocere, e poi andare a salvare i perseguitati da questi indemoniati. In forze e con le armi.
E com’è che non si è scatenata la campagna di “je suis Nahed”?
E com’è che le comunità “moderate” di casa nostra non hanno nulla da dire? Sarà perché stavolta non è tanto facile etichettare l’assassino come il solito “malato di mente”?