
“Non pagate”. E le associazioni dei consumatori mietono iscritti

Pauperismo e speculazione (nell’accezione negativa del termine) trovano nell’inadempienza un proficuo business, col risultato di compromettere il regolare funzionamento dell’economia di mercato e di vanificare quella ripresa attraverso i consumi che è la via italiana per uscire dalla crisi.
Il recupero crediti per via extragiudiziale è un’attività con buone prospettive di mercato in un contesto nel quale la crisi economica rende più frequente il mancato saldo di debiti contratti, ma la sua regolamentazione è tuttora sommaria e datata: limitata com’è all’art. 115 del cosiddetto Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, un regio decreto risalente al 1931. Come è evidente, non è un’attività che susciti simpatia, almeno da parte di chi ne è fatto oggetto, perché consiste nel sollecitare chi ha un debito a provvedere a saldarlo, sostanzialmente a rispettare quando il codice civile prevede in tema di contratti liberamente stipulati; rappresenta però un tentativo bonario di comporre il contenzioso apertosi tra creditore/venditore ed acquirente/debitore: anziché rivolgersi all’autorità giudiziaria, il creditore si affida a operatori privati per ottenere quanto dovuto in un modo più amichevole e, possibilmente, più celere.
Il Pier Paolo Pasolini che individuò nelle forze dell’ordine impegnate con gli studenti a Valle Giulia nel 1968 il vero ceto debole rispetto ai figli di papà che reclamavano un mondo diverso smaschererebbe facilmente il malaccorto senso di equità che porta a ritenere i debitori sollecitati a pagare il soggetto debole rispetto alle società o agenzie che i creditori incaricano di riscuotere il dovuto, nella misura possibile e in cambio di una percentuale su quanto riscosso (percentuale nulla se nulla viene riscosso).
L’assenza di precisi parametri normativi per disciplinare l’azione di questi esattori privati ha tuttavia consentito alle associazioni di tutela dei consumatori – ne operano ben 22 in Italia, molte più delle associazioni sindacali di tutela dei lavoratori – di imbastire vere e proprie campagne contro chi recupera crediti in via extragiudiziale e di mietere facili successi di fronte all’Autorità garante della concorrenza e del mercato (l’Agcm, meglio nota come Antitrust, benché quest’ultima sia solo una delle attività della stessa Authority).
Cercando la voce Ge.Ri, società di riscossione crediti in via giudiziale, sul sito dell’Unione nazionale consumatori si legge ad esempio che la stessa Unc ha sollecitato l’Antitrust affinché «verifichi l’opportunità e la legittimità delle comunicazioni inviate da Ge.Ri.» lamentando che «Ge.Ri persevera con una condotta intimidatoria e minacciosa nei confronti dei consumatori». Non si tratta di un episodio isolato, perché Unc si è occupata spesso di Ge.Ri e sempre sul proprio sito invita i debitori che si vedono sollecitati a pagare a «contattare i nostri esperti» e fornisce loro questo vademecum: «È illegittima ogni modalità di ricerca del debitore, presa di contatto, sollecitazione che sia lesiva della sua riservatezza o della dignità personale: si pensi a quelle sgradite sollecitazioni sull’utenza telefonica fissa o mobile, all’invio di messaggi Sms, a comunicazioni telefoniche il cui contenuto è preregistrato e quindi poste in essere senza l’intervento di un operatore con il rischio che soggetti diversi dal destinatario vengano a conoscenza del contenuto di chiamata. Ma si arriva persino alle visite a domicilio o sul luogo di lavoro, talvolta con apposizione di messaggi sulla porta di casa idonei a violare le più elementari regole di rispetto della privacy. Può persino capitare di ricevere un Atto di citazione a comparire dinanzi ad un Giudice di pace di un luogo diverso dalla nostra residenza, ma andrebbe verificato con cura perché spesso si tratta solo di intimidazioni» (ndr: per legge il giudice competente è di norma quello del luogo in cui è stipulato il contratto, e poiché tale luogo può essere diverso da quello di residenza dei contraenti l’indicazione del foro competente non è automaticamente intimidazione).
Una sorta di stanza di compensazione in cui l’associazione che raggruppa gli addetti al recupero crediti e le associazioni dei consumatori possano raggiungere un accordo per conto dei rispettivi assistiti esiste anche – si chiama Forum Unirec consumatori – ma almeno fino a poco tempo fa la legge stessa disincentivava dal farvi ricorso, riconoscendo alle associazioni dei consumatori una quota delle sanzioni irrogate dall’Antitrust a seguito delle segnalazioni di quelle stesse associazioni (considerate soggetti di utilità sociale e proprio per questo sostenuti attraverso una quota delle sanzioni). Dettaglio tutt’altro che secondario, in assenza di precisi parametri normativi sull’attività di Ge.Ri. e affini, il 20 marzo 2014 l’Agcm ha considerato sufficiente il fatto di aver ricevuto «numerose e recenti segnalazioni», cioè un dato meramente quantitativo e statistico che prescinde dalla fondatezza nel merito delle segnalazioni stesse. Quasi un gioco delle parti: inviare segnalazioni è proprio quanto Unc (che mai ha aderito al Forum) sollecita a fare e per cui si mette a disposizione, in maniera legittima ma non totalmente scevra da dubbi: presidente di Unc è infatti l’avvocato Massimo Dona, per il quale vige il divieto di accaparramento di clientela fissato dall’art. 37 del codice deontologico forense.
Non rari, dice chi opera nel ramo, i casi in cui l’irrogazione di sanzioni ha indotto le società che avevano scelto la riscossione extragiudiziaria a rivedere gli accordi coi privati cui si erano rivolte o a non affidare loro ulteriori incarichi (con possibili ripercussioni negativi sui dipendenti di società come Ge.Ri. che iniziano a preoccupare i sindacati), la maggior difficoltà a risolvere il contenzioso che tali sanzioni determinano possono alla lunga minacciare la prosecuzione dell’attività dei creditori in attesa e lasciano quegli stessi creditori beffardamente in preda ad un fisco che non attende l’avvenuto saldo per esigere la propria quota sulla somma attesa all’incasso.
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