
Tunisia, il governo di unità nazionale è troppo simile all’ex regime
Non avrà vita facile il governo di transizione e di unità nazionale creatosi attorno al premier uscente Mohamed Ghannouchi all’indomani della fuga del presidente Ben Ali in Arabia Saudita. Nonostante abbia annunciato un’amnistia per tutti i prigionieri politici, promesso di tenere elezioni politiche e se possibile presidenziali nel giro di sei mesi, di legalizzare i partiti attualmente fuorilegge e di creare una commissione d’inchiesta sulla corruzione, molti dei protagonisti o presunti tali della caduta del vecchio regime hanno già preso le distanze dal nuovo esecutivo.
Il governo presieduto da Ghannouchi viene considerato come una prosecuzione del regime che lo ha preceduto dalle componenti più radicali e intransigenti della protesta. A creare problema non è la permanenza al suo posto di colui che era capo del governo sotto Ben Ali, ma l’attribuzione dei sei portafogli più importanti (fra essi quelli di esteri, interni, difesa e finanze) a personaggi del Raggruppamento costituzionale democratico, (Rcd), il partito dell’ex presidente.
Oggi l’Ugtt, il principale sindacato tunisino, ha chiesto e ottenuto che tre suoi rappresentanti che avevano assunto portafogli nel nuovo esecutivo si ritirassero e ha dichiarato di “non riconoscere il nuovo governo”. Dei tre ministri provenienti dai principali partiti d’opposizione legali in base alla legislazione tunisina, uno si è dimesso (Mustafa ben Jaafar, capo del Fronte Democratico per il Lavoro e le Libertà) e un altro minaccia di farlo se i ministri provenienti dalle fila dell’Rcd non si dimetteranno da tale partito. Si tratta di Ahmed Ibrahim, leader del partito Ettajdid (ex comunista) che sarà responsabile dell’Istruzione. Più tranquillo Najib Chebbi, storico fondatore del Partito Democratico Progressista, ora ministo dello Sviluppo.
Nelle piazze a chiedere le dimissioni del governo appena costituito sono l’oppositore della sinistra laica radicale Moncef Marzouki, che pretende inoltre dall’Arabia Saudita la consegna del fuggiasco Ben Ali, i leader islamisti di Ennahda e vari attivisti dei diritti umani. Finora le pressioni hanno ottenuto che il presidente ad interim Foued Mebazaa, già presidente del Parlamento, e il primo ministro Mohammed Ghannouchi si dimettano dal partito di Ben Ali, al quale appartenevano.
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