Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
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Direttore responsabile
Emanuele Boffi
Provenivano dal villaggio di Al-Our (Mynia) 13 dei 21 cristiani egiziani, rapiti tra la fine di dicembre e l’inizio di gennaio in Libia e decapitati pochi giorni fa dallo Stato islamico. Come mostra questo video della Bbc, i parenti delle vittime sono inconsolabili. Padre Estefanous Shehata, sacerdote copto-ortodosso della chiesa di san Marco a Samalout, ha dichiarato a World Watch Monitor: «La nostra unica consolazione è che i nostri 20 martiri ora sono in Paradiso con Gesù Cristo. Sono stati martirizzati mentre cantavano il nome di Gesù Cristo».
Shenouda Nagaty Anis, fratello di Luke Nagaty Anis, tra i 21 decapitati dall’Isis, ha dichiarato: «Quando l’abbiamo saputo mia madre è svenuta e la nostra casa si è riempita di pianti. Ma siamo orgogliosi di loro perché hanno mantenuto la fede fino all’ultimo momento».
Beshir Estafanous Kamel, residente di Al-Our, ha perso due fratelli: «Non riesco ancora a realizzare che non li rivedrò più. Li hanno uccisi solo perché erano cristiani… ma il nome di Gesù Cristo era sulle loro labbra prima che li giustiziassero».
Il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi ha deciso di far edificare a Mynia, a spese dello Stato, una chiesa dedicata alla loro memoria. Ha inoltre dato disposizione che le famiglie dei defunti ottengano un risarcimento in denaro
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