Gli Stati Uniti stanno ragionando se offrire per la prima volta aiuti letali al governo di Kiev. La Nato parla di inviare cinquemila uomini in Ucraina. L’Unione Europea conferma le sanzioni economiche alla Russia. Vladimir Putin mobilita i riservisti. In Crimea il passaggio dall’Ucraina alla Russia continua a creare problemi a tutti i livelli. Sul campo, intanto, da marzo l’esercito ucraino combatte contro i separatisti cosiddetti filorussi che nell’est del Paese hanno proclamato due repubbliche indipendenti a Donetsk e Lugansk.
Più di cinquemila persone sono già morte negli scontri, almeno quindici ieri dopo che sono stati colpiti un ospedale, una scuola, un asilo e un palazzo di 15 piani a Donetsk ma si muore anche a Debaltsevo e Mariupol. La voce di papa Francesco che invoca la pace sembra quella di uno che grida nel deserto. Padre Oleksandr Khalayim è ucraino, è stato sacerdote nella città di Horodok, è stato in piazza Maidan durante la rivolta, è appena rientrato in Italia dopo un lungo soggiorno nel suo Paese e ci racconta qual è la situazione.
Padre Oleksandr, partiamo dalla Crimea. È vero che tutti i sacerdoti cattolici e le suore sono stati cacciati?
La situazione in Crimea ora è complessa ma non sono stati cacciati. La Chiesa cattolica continua a proclamare la parola di Dio e ad evangelizzare. I sacerdoti e le suore non sono stati mandati via, ma essendo di nazionalità straniera è stato chiesto loro di ottenere un nuovo visto russo. Questo è stato chiesto a tutte le comunità religiose. Finora, solo i Testimoni di Geova hanno ottenuto il nuovo visto. Purtroppo la situazione è incerta, è tutto per aria a ogni livello della vita pubblica. Non si sa quando l’amministrazione ricomincerà a funzionare e tornerà una vita normale. Tanti sacerdoti e religiosi ora stanno aspettando i nuovi documenti, ma hanno problemi anche i greco-cattolici, gli ortodossi del patriarcato di Kiev e i tatari.
L’Ucraina considera la Crimea un territorio occupato.
Bisogna dire la verità. Tante persone in Crimea hanno approvato l’annessione alla Russia, che questo ci piaccia o no. Bisogna accettare la loro scelta e come dice il vescovo della Crimea non bisogna giudicarli. Spesso le persone che sono rimaste in Crimea si sentono giudicate male anche da parte dei familiari trasferiti in Ucraina.
I servizi sono ripresi?
La situazione è complicata perché in Crimea tante persone vivevano di turismo e questa estate di turisti ce ne sono stati pochi, le spiagge erano vuote, così come le strade. Con l’arrivo della valuta russa i prezzi sono cresciuti insieme agli stipendi, anche se per un breve periodo erano aumentati gli stipendi ma i prezzi erano rimasti quelli ucraini, quindi tre volte inferiori.
Gli abitanti della Crimea sono pentiti di essere passati alla Russia?
Ora tutti fanno il paragone tra la loro situazione e quella nel Donbass (regione ucraina dove si combatte, ndr). Sono contenti perché da loro non c’è la guerra e la vita è tranquilla.
La guerra civile tra Kiev e i separatisti nell’est non sembra avere fine.
Non è giusto parlare di guerra civile ma di guerra non proclamata. Nell’est non sono stati gli ucraini a cominciare la guerra ma specialisti preparati in Russia.
Gli ucraini, sia dell’est che dell’ovest, vogliono trovare un compromesso o pensano di poter vincere attraverso la guerra?
Per trovare un compromesso bisogna parlare con “qualcuno” aperto al dialogo. Ma se questo non vuole dialogare ed è entrato nel tuo Paese con la forza e con le armi per rubarti il tuo territorio come si fa? In Ucraina non c’era mai stato un simile conflitto tra la parte orientale e occidentale del Paese, nessuno è mai stato perseguitato perché parlava in russo. Non c’è mai stato un conflitto. Le divisioni sono state create in modo artificioso. La pace è l’unica risposta a questo conflitto ma deve essere rispettata da entrambi gli schieramenti, non solo da uno. Cercando la via del dialogo e sperando nella pace non si può, però, giustificare l’aggressione e l’annessione di una parte del Paese.
Kiev ha appena creato un ministero della Propaganda. Molti ucraini si sono lamentati di questa decisione in “stile Yanukovich”.
Tra Ucraina e Russia è in atto una vera guerra informatica. I media russi seminano la paura radicandola nella bugia, scrivendo che a Kiev si tengono le persone come schiave e si crocifiggono i bambini, ad esempio. I media devono rispondere delle bugie seminate. Molti cittadini hanno criticato questo misura, altri invece l’hanno apprezzata perché adesso è importante che non vengano pubblicate simili falsità. Ovviamente, deve essere un ministero che aiuta il dialogo e che non mascheri la corruzione che in Ucraina è dappertutto.
Che cosa resta oggi del movimento di piazza Maidan?
Maidan è stata la rivoluzione della dignità. Se il governo precedente avesse cercato il dialogo con il Paese non si sarebbe arrivati a tanto. Ma il governo di Yanukovich ha preferito la violenza al dialogo. I giovani erano stanchi del crimine e della corruzione e desideravano avvicinarsi all’Europa e ai suoi valori. Questi giovani non erano figli del comunismo e della sua ideologia piena di veleno. Quello che è successo dopo nessuno poteva prevederlo.
Lei cosa ne pensa?
Penso che la Russia sia malata di imperialismo e che si sia approfittata di un Paese debole. Ma l’Ucraina non è territorio russo e questa guerra senza ragione, senza senso, deve finire. Ma per questo c’è bisogno anche della comunità internazionale. Io ho visto che l’Ucraina, grazie al Maidan, è diventata una vera nazione, un popolo vero che vuole costruire la sua vita sui valori cristiani. Tanti giovani per essere liberi sono stati uccisi e noi non li dimenticheremo.
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