Caro Direttore,
mi rincresce trovarmi nella necessità di non condividere la linea del suo giornale riguardo ai matrimoni gay. Per usare la felice espressione del ministro-ombra laburista Yvette Cooper, è giusto che si abbia il diritto di sposare chi si ama. Contraddire quest’assunto tanto elementare quanto adamantino sarebbe, prima ancora che bigotto, autolesionistico. Non posso negare infatti che, votando in favore dei Marriage Bill, il parlamento britannico ha inteso non soltanto affermare i diritti civili degli omosessuali ma anche difendere i miei. Avendo il diritto di sposare chi amo posso finalmente fare a meno dell’ostacolo burocratico del consenso. Poniamo che io sia innamorato di Jennifer Aniston: indipendentemente dall’evenienza che lei sappia chi sono, posso presentarmi nella sala vip di un qualsiasi aeroporto e trascinarla nella cappella (o sala di culto) dell’aerostazione unendomi seduta stante a lei con legame indissolubile prima dell’imbarco.
Altresì, se avessi goduto già anni fa del diritto a sposare chi amavo, avrei potuto evitare tanta sofferenza e vergogna a me e a chi mi circondava: siamo stati tutti giovani e possiamo ben comprendere che, quando amavo due o tre ragazze per volta, anche contemporaneamente (la fotodocumentazione verrà inviata privatamente a chi corrisponderà regolare bonifico sul mio conto postale), avrei eliminato ogni disdoro dai nostri atti acrobatici se avessi potuto dire loro, prima di andare a farmi una doccia: “Aspettate un attimo; adesso chiamo l’assessore alle pari opportunità così viene a sposarci tutti e poi continuiamo in gran tranquillità, con o senza di lui”.
Ritengo che al diritto di sposare chi si ama sia connaturato il diritto di avere sposato chi si è amato. Non è una mera questione di lana caprina e tempi verbali. Se ad esempio io oggi, a 32 anni, amo una ragazza bionda di 20, non solo devo avere il diritto basilare di sposarla, ma devo anche avere il diritto di restare sposato a una ragazza bionda di 20 anni anche quando io ne avrò 42, o 72, o 102.
Ciò vale anche all’inverso: non è solo un trucchetto per tenersi la moglie giovane. Da ormai dodici anni infatti tutte le mie giornate di ricerca sono dedicate a Voltaire, e trovo ingiusto che lo Stato Italiano (quello Francese non si sa) non mi consenta di sposare la persona alla quale penso quotidianamente e che provvede ai miei bisogni e mi mantiene, col solo pretesto che è morta nel 1778.
Auspicherei quanto prima che le nazioni più civili d’Europa mostrino la strada all’Italia anche riguardo al diritto di sposare ciò che si ama. Possiedo da anni una splendida collezione del Guerin Sportivo risalente agli anni ’90, che mi segue fedelmente in tutti i miei spostamenti e che mi rincuora nei momenti di deriva. Perché devo vivere nel terrore di perderla? La sua presenza nella mia vita è stata più longeva di quella di qualsiasi fidanzata: perché dovrei poter sposare una di loro se non posso sposare il Guerin Sportivo?
Mi auguro che questa presa di posizione non pregiudichi la mia collaborazione al suo bel giornale. Qualora ciò accada, mi dico sin d’ora disponibile a un matrimonio riparatore.
Cordialità