Primo maggio: festa dei lavoratori. Il clima sull’argomento lavoro è piuttosto “vivace”. Dopo la presentazione da parte dell’esecutivo del disegno di legge sulla riforma del mercato del lavoro del ministro Elsa Fornero, tocca al Parlamento modificare e approvare la legge. Sono stati presentati dai partiti 1038 emendamenti: molti di essi ridondanti e ripetitivi, che avranno l’effetto di allungare il processo di approvazione. Tempi.it ne discute con il vicepresidente della commissione Lavoro presso la Camera, onorevole Luigi Bobba (Pd).
Onorevole Bobba, 1038 emendamenti presentati dai partiti sul discusso disegno di legge volto a riformare il mercato del lavoro. Si complica il processo d’approvazione?
Difficile fare una previsione sui tempi di approvazione della legge, perché bisogna guardare cosa c’è dentro ogni emendamento. Molti di questi sono stati presentati dai due partiti di opposizione con un’evidente funzione ostruzionistica. Invece, i partiti di maggioranza, si sono concentrati su alcune correzioni con lo scopo di migliorare quanto presentato dal ministro Fornero.
Rispetto alla proposta presentata al Parlamento, assisteremo a cambiamenti radicali?
No, non credo. Dobbiamo renderci conto che i mutamenti non potranno essere così radicali, considerando che le variazioni in termini di costi non potranno superare qualche centinaio di milioni, come ha reso noto più volte il Governo. In sostanza, non si può ribaltare un provvedimento sapendo che poi non ci sono le risorse. La coperta è troppo corta.
Non la preoccupano tutte le pressioni politiche e sociali cui stiamo assistendo?
In quindici anni di sostanziale immobilismo non si è fatto nulla per rivedere questo sistema di protezione sociale e, nel tentativo di cambiare il dualismo tra protetti e non protetti nel mercato del lavoro, il Governo ha avuto il merito di affrontare la battaglia. Non tutte le soluzioni ci convincono e sicuramente si potrebbero migliorare se ci fossero a disposizione maggiori risorse, ma, come le dicevo prima, la coperta è sempre corta.
Cosa si potrebbe migliorare?
Evitare un uso improprio dei contratti che celano un lavoro dipendente: abbiamo indicato una quindicina di figure per le quali non si possono utilizzare contratti che non siano di lavoro subordinato.
Sono casi specifici o sono proposte più ad ampio raggio?
Sono ad ampio raggio: riguardano baristi e camerieri, badanti, autisti e autotrasportatori, addetti alle pulizie, eccetera. In questi casi sono contemplati solo assunzioni con la forma di lavoro dipendente. Un altro punto importante riguarda il salario reale dei lavoratori non dipendenti. Temiamo che l’aumento della contribuzione dal 27 al 33 per cento per i lavoratori non soggetti ad un contratto subordinato possa generare una diminuzione del salario reale. Per capirci, se aumentasse solo la pressione fiscale e non i salari lordi, ci rimette il lavoratore. Per questa ragione abbiamo introdotto un punto di riferimento: il salario effettivo non potrà essere difforme dai valori espressi nei contratti nazionali comparabili.
Nulla da dire sulla flessibilità in uscita?
Sulla flessibilità in uscita ci sarà un piccolo ritocco, ma niente di rilevante perché riteniamo buono il punto d’equilibrio politico raggiunto nel disegno di legge. Ci sono cose che non ci convincono del tutto, ma siccome il punto d’equilibrio è stato trovato, non va modificato.
Ma il Pdl ha fatto sapere che la soluzione sull’articolo 18 non è così soddisfacente.
Credo che anche il Pdl alla fine accetterà questa soluzione, in questi giorni assistiamo ad un’accentuazione originata più che altro dal momento elettorale.
Ci sono altri punti da migliorare?
Sì certo. Ad esempio l’introduzione per i contratti parasubordinati di una mini Aspi. Pagano di più in termini contributivi: perché non devono avere un minimo di tutela? Vede, anche in questo caso si riproduce un dualismo tra dipendenti e autonomi. Un altro punto riguarda i tirocini formativi. C’è una formula un po’ generica che parla di “non totale gratuità”. Vorremmo introdurre qualcosa di meno generico con dei paramenti minimi: ad esempio una soglia minima di 400 euro. Infine abbiamo riscritto la norma sulle dimissioni in bianco: una norma che avevamo già discusso nella commissione lavoro della Camera dove chiediamo che il dipendente confermi la volontarietà alle dimissioni presso la direzione provinciale del lavoro.