«In questi giorni abbiamo un clima torrido, con quaranta gradi all’ombra. Ma tra due mesi farà freddo e la situazione già difficile peggiorerà». Giorgio Lingua, nunzio apostolico in Iraq, racconta oggi ad Avvenire la situazione del paese dopo aver visitato le terre del nord. «Si parla di 150 mila cristiani rifugiati in Kurdistan ed in tutto di oltre un milione di persone. Un esodo vero e proprio».
In linea con le parole ieri di papa Francesco («è lecito fermare l’aggressore ingiusto»), il nunzio spiega che «l’intervento militare deve servire a fermare un genocidio in corso. Perché ci troviamo di fronte a un genocidio. Ecco perché è difficile poter pensare ad un negoziato; qui al momento si tratta di proteggere persone inermi affinché non vengano uccise. Non credo sia possibile pensare ad un negoziato; in questo momento serve un intervento forte che si collochi nell’ambito dell’articolo 42 della carta delle Nazioni Unite (che attribuisce al Consiglio di Sicurezza l’approvazioni di azioni armate, ndr). Se non riusciamo ad intervenire impedendo e fermando il genocidio, allora ce ne pentiremo come ci siamo pentiti in altre situazioni in questi anni».
L’ISLAM TACE? Alla domanda diretta dell’intervistatore «l’islam tace?», il nunzio risponde così: «Sì, mi pare proprio di sì. A mio avviso sarebbe davvero importante se i Paesi islamici riuscissero a far sentire la loro voce. In caso contrario, l’immagine internazionale dell’islam potrebbe uscirne danneggiata, forse anche molto danneggiata. Sarebbe importante se ci fosse una loro presa di posizione in questo contesto che stiamo vivendo».