«La libertà è anzitutto il diritto alla disuguaglianza»: così ha scritto Nikolaj Berdjaev in uno dei suoi numerosissimi scritti sulla libertà.
Tuttavia non per tutti è così. Storicamente, almeno, così non è stato per tutti coloro che si sono trovati a vivere la condizione di oppositori dei regimi totalitari, i quali regimi hanno sempre fatto tacere i dissenzienti e coloro che non si adeguavano al pensiero totalitario (di destra o di sinistra).
Dal dissidente si pretende obbedienza, fedeltà pura, allineamento immediato, poiché la sola esistenza del dissidente che con atti o parole, il più delle volte pacificamente, dunque, senza violenza, rappresenta una testimonianza, la testimonianza della disuguaglianza, del ragionare diversamente, del sentire in altro modo, del pensiero diverso; immenso pericolo che l’uniformità di ogni totalitarismo teme e inevitabilmente vuole reprimere.
Non diversamente accade per le sentinelle in piedi i cui membri nelle rispettive manifestazioni – che consistono nello stare in piedi un’ora, pubblicamente, leggendo un libro, in silenzio – vengono aggrediti e vilipesi come “fascisti”, “bigotti”, “intolleranti” ecc.
Tante riflessioni potrebbero effettuarsi in merito e tanti quesiti sorgono di conseguenza: cosa c’è di fascista nel leggere un libro? Perché una manifestazione silenziosa sarebbe intollerante? I fascisti non erano piuttosto quelli che a Norimberga organizzavano roghi in cui bruciavano i libri invece di leggerli pubblicamente?
Il problema però oltrepassa di gran lunga simili problematiche, poiché la testimonianza della sentinella in piedi che viene aggredita, derisa, insultata è la prova che essa milita sulla strada della verità e della razionalità.
La sentinella in piedi, come un novello Socrate, infatti, non ignora gli insulti, gli improperi, le condanne giunte all’indirizzo della propria persona, ma ascolta e accetta, poiché come Socrate che beve la cicuta e muore per testimoniare a favore della verità e della ragione non fugge dinnanzi ai propri giustizieri.
La sentinella in piedi, dunque, non reagisce mai; sa che il suo silenzio urla la verità in un mondo assordato dal chiasso dell’ideologia; è consapevole che il suo vegliare in piedi indica che non tutti sono disposti a piegarsi alla forza del pensiero unico in un mondo che si omologa al conformismo delle mode che lo dominano; sa che il suo leggere un libro in uno spazio pubblico, in un mondo che esalta esclusivamente il privato e la volontà soggettiva, significa fare appello alla ragione a favore anche di coloro che nulla di tutto ciò condividono o comprendono.
Socrate, del resto, fu condannato da una folla di sofisti che, non credendo nella verità, cioè nella capacità della ragione di scovare il fondamento ultimo della realtà, decretarono la condanna a morte della stessa ragione attraverso la morte di Socrate.
Ma tutto ciò non è ancora sufficiente.
Si ammetta pure che le sentinelle in piedi siano in errore; si ammetta altresì che hanno ragione tutti coloro che le criticano, le deridono, le offendono, le aggrediscono; si ammetta fin’anche per assurdo che le unioni civili, l’omoconiugalità, l’omogenitorialità, l’utero in affitto e tutto il resto costituiscano quella rivoluzione copernicana di quegli obsoleti modelli sociali, giuridici ed etici, fino ad ora esistiti e difesi con ostinazione dalle sentinelle in piedi, di cui si avverte il bisogno; si ammetta anche di più, cioè che le sentinelle in piedi siano vittime di una vera e propria forma di allucinazione collettiva dovuta ai fumi tossici di un retaggio religioso, o alle obnubilazioni conseguenti alla mancanza di fede nel progresso sociale; tutto ciò ammesso e premesso, un quesito comunque s’impone: non è un diritto fondamentale, intangibile e sempre da tutelare quello della libertà di pensiero, prescindendo da ciò che si pensa?
Non è sul quel grande falso storico dell’illuminismo – perché mai fu effettivamente pronunciato – e ciò nonostante di grande insegnamento, cioè il motto attribuito a Voltaire secondo il quale «non sono d’accordo con ciò che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo» che si costruisce tanta parte del pensiero della tolleranza del mondo contemporaneo?
Di più.
Nell’epoca del relavitismo etico, in cui ciascuno obbedisce non ai principi universali, di cui perfino si nega l’esistenza, ma soltanto a ciò che ritiene utile o produttivo di soddisfazione per sé, in cui si nega l’esistenza della verità assoluta e quindi del bene assoluto, rivendicando il diritto di costruire il bene ciascuno secondo i propri desideri e bisogni, perché il pensiero della sentinella in piedi dovrebbe essere oggetto di critica, censura e perfino di biasimo?
Vivendo un periodo storico in cui nessuna verità è assoluta, o meglio, tutte le verità sono ben accette, perché quella della sentinella in piedi dovrebbe essere inaccettata ed inaccettabile?
Non è un diritto della sentinella in piedi quello di poter rivendicare e manifestare un pensiero tolemaico, cioè di ritenere che il sistema famigliare sia ancora “geocentrico”, ovvero fondato sulla diversità sessuale dei coniugi, sulla loro fedeltà reciproca, sulla loro unione naturale, e non lasciarsi piegare al modello “eliocentrico”, cioè quello fondato sulla moltiplicazione delle orbite parentali e affettive?
Se il diritto della sentinella di professare la propria “fede tolemaica”, invece della nuova “fede copernicana”, viene negato, lo si deve soltanto al fatto che chi contesta la sentinella in piedi presume che il pensiero di quest’ultima sia falso, cioè in contrasto con la verità.
I critici e soprattutto i contestatori della sentinella in piedi, dunque, presuppongono, paradossalmente, l’esistenza di una verità a cui appellarsi allorquando ritengono che la sentinella sia nel torto, che cioè non sia vera la sua prospettiva contraria alle unioni civili.
Ma è proprio così?
Formalmente sì, ma sostanzialmente no.
I contestatori della sentinella in piedi, infatti, sebbene reputino il contrario, non militano a favore della verità, ma anzi contro di essa e ciò per almeno tre precipui motivi.
In primo luogo: assumendo che la verità, per esempio quella etica, o quella del diritto, o quella della famiglia, sia necessariamente mutevole in quanto ancorata alla mutevolezza delle dinamiche storico-sociali, i contestatori della sentinella in piedi sconfessano l’esistenza stessa della verità che appunto cessa di essere la traduzione di una essenza unica ed universale, per diventare l’estrinsecazione della mera contingenza cronologicamente determinata.
In secondo luogo: mentre la sentinella in piedi, utilizzando il metodo non violento della lettura silenziosa nella pubblica piazza, estrinseca un essere-per, una testimonianza per-, testimonianza a favore di qualcosa, cioè riaffermare la verità costituiva e antropologica della famiglia come società naturale (verità ferita, lesa ed elisa dall’onnipotente arroganza prometeica di cui a turno tribunali di ogni ordine e grado e legislatori di tutti i Paesi si auto-proclamano detentori legittimi), i critici della sentinella in piedi, invece, sono mossi soltanto contro qualcosa, anzi contro qualcuno, estrinsecando il loro essere-contro, essere-contro la sentinella in piedi e il suo pensiero, contro la sentinella in piedi e i valori da essa professati, addirittura, in silenzio.
La storia, a questo punto, insegna fin troppo bene che determinarsi contro l’essere significa già andare contro la verità; si pensi alle leggi razziali che appunto sono una violenza della verità ontologica dell’uomo e del diritto in quanto repressive non per ciò che qualcuno ha fatto, ma per ciò che era, ovvero un essere non allineato al regime etico e ideologico dell’epoca.
In terzo luogo: emergono tutte le grottesche contraddizioni insite nella azione culturalmente e giuridicamente violenta dei contestatori della sentinella in piedi, poiché i suddetti contestatori rivendicando diritti per sé, negano i diritti altrui, rivendicando la propria libertà di manipolare il significato e l’assetto della famiglia, negano alla sentinella in piedi la libertà di difendere il senso e l’unico assetto possibile che consente di parlare davvero di famiglia, cioè l’unione monogamica tra uomo e donna.
La posizione contraddittoria dei contestatori della sentinella in piedi, dunque, è totalmente irrazionale, poiché nella sua ultima istanza è palesemente nichilistica, e, quindi, come tale illogica, come insegna il padre del nichilismo europeo (antico maestro degli inconsapevoli contestatori della sentinella in piedi) Friedrich Nietzsche, per il quale, appunto, «il nichilista non crede di dover essere per forza logico».
In conclusione, allora, per i contestatori della sentinella in piedi, che coraggiosamente contro questo immiserimento si batte senza violenza e fino all’ultimo silenzio, si possono utilizzare le sempre illuminanti parole di Nikolaj Berdjaev: «Se la vostra verità, la vostra giustizia, la vostra bellezza dipendono dal soffio del vento, dall’infuriare degli elementi, dal fragore e dal rimbombo delle vie, delle piazze e delle strade, allora in voi non c’è bellezza, non c’è verità, non c’è giustizia, siete dei miserabili […]. La vostra furiosa sete d’uguaglianza ha prodotto l’annientamento della realtà, di tutte le sue ricchezze e i suoi valori […]. È lo spirito del non-essere che vi muove e che vi ha inculcato le vostre passioni e idee egualitarie […]. Avete ridotto tutto all’uguaglianza del non-essere».
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