Fanfani assassino di Mattei per piacere agli americani. Cefis complice. Dalla Chiesa correo
Per il magistrato il presidente dell’Eni non sarebbe morto per un casuale incidente aereo né sarebbe stato assassinato su comando delle grandi compagnie petrolifere anglo-olandesi e americane (le “sette sorelle”) perché colpite nei loro interessi dalla politica di Mattei. Ma sarebbe stato assassinato su comando di Amintore Fanfani e di Eugenio Cefis (che sostituì Mattei alla presidenza dell’Eni dopo esserne stato il braccio destro da Direttore Generale), mossi, il primo, da ragioni politiche e il secondo soprattutto da interessi personali. In vista dell’alleanza di governo col PSI, infatti, Fanfani avrebbe chiesto a Mattei di mettere fine ai contrasti con le “sette sorelle” (i giornalisti non lo dicono ma si dovrebbe presumere che l’avrebbe chiesto per compiacere gli americani e averne l’appoggio alla nuova politica di “apertura a sinistra”). Mattei avrebbe risposto picche, decidendo inoltre di spostare il proprio appoggio da Fanfani a Moro (allora segretario della DC) che sarebbe stato un convinto sostenitore della tradizionale politica energetica dell’Eni. Cefis sarebbe invece diventato complice di Fanfani nell’assassinio di Mattei sia per sostituirlo al vertice dell’Ente petrolifero sia perché personalmente interessato a traffici colossali legati alla costruzione di un metanodotto tra l’Africa e la Sicilia. Secondo il PM Calia anche il giornalista Mauro De Mauro sarebbe stato assassinato (la tesi non è nuova) per essersi troppo avvicinato alla “vera” verità sulla morte di Mattei. Per Calia e per il giudice Ugo Saito (che indagò soprattutto sulla morte del giornalista) le indagini sui due assassinii sarebbero state deviate verso il nulla da una massiccia azione dei servizi segreti e dei carabinieri. L’allora colonnello dei CC in servizio a Palermo, Carlo Alberto Dalla Chiesa, avrebbe impedito che venissero evidenziati i nessi tra la scomparsa di De Mauro e l’assassinio di Mattei.
Sensazionali stupidaggini (e un po’ di memoria politica)
Alcune considerazioni. La prima è che non viene portata un’ombra di prova per dare consistenza alle accuse. In più Fanfani è morto e non può ribattere. La seconda è che il giudice Saito – stando ai tre giornalisti – nel 1998 avrebbe detto a Calia che si era proposto di trasmettere agli atti della sua inchiesta alla procura di Pisa perché provvedesse “nei confronti di Fanfani per l’omicidio di Enrico Mattei”, ma non avrebbe spiegato perché poi non li trasmise. La terza è che proporre un contrasto di fondo tra Fanfani e Moro su una questione vitale come la politica energetica nel quadro della realizzazione della linea di centro-sinistra è pura e sconsiderata fantasia. A dare concretezza a questo giudizio basterebbe ricordare che Mario Pirani – fonte insospettabile di simpatie verso la DC e all’epoca stretto collaboratore del presidente dell’Eni – ha espresso su Repubblica il timore che con il rilancio del “caso Mattei” su La Stampa si rischia di dare vita “a un altro fantasioso romanzo dietrologico sulla storia d’Italia”, e ha ricordato i rapporti “strettissimi” tra Fanfani e Mattei. Giorgio Ruffolo – altro insospettabile di simpatie democristiane, all’epoca responsabile della direzione dei rapporti istituzionali e relazioni esterne dell’Eni, e oggi parlamentare europeo DS – ha definito “sensazionali stupidaggini” i riferimenti di Calia e dei tre giornalisti a Fanfani e a Cefis. Vogliamo anche ricordare che l’aereo di Mattei cadde il 27 ottobre 1962. Cioè nove mesi dopo che Fanfani e Moro al congresso nazionale della DC di Napoli, in assoluta sintonia politica e in totale convergenza d’azione nel partito (Fanfani era Presidente del Consiglio e Moro segretario politico), crearono i presupposti dell’alleanza di governo tra la DC e il PSI, illustrando e facendo approvare al congresso quelli che ne sarebbero stati i punti essenziali in politica estera, in politica economica e in politica delle alleanze. Punti in base ai quali nel dicembre del 1963 (dopo le elezioni politiche dell’aprile) Moro divenne presidente del primo governo a partecipazione socialista. E Fanfani nel marzo del 1965 divenne ministro degli Esteri nel secondo governo Moro (sempre a partecipazione socialista), mantenendo l’incarico anche negli altri due governi da lui presieduti sino al maggio del 1968. Domanda: perché il quotidiano torinese è tornato così sul “caso Mattei”? Per mantenere “visibilità” nel pieno delle nuove massicce offensive a base di gadget del Corriere della Sera e di Repubblica? O per dare forza al moralismo azionistico di Bobbio e al giustizialismo di Neppi Modona, che hanno sempre posto a premessa delle proprie tesi culturali, storiche e politiche un giudizio drasticamente negativo sul ruolo svolto dai cattolici nella storia politica e istituzionale dal 1945 al 1992?
PS 1. La Repubblica del 26 gennaio ha pubblicato un grande servizio sulla morte del giornalista Mauro De Mauro. Secondo un pentito di mafia il giornalista sarebbe stato assassinato da “Cosa Nostra” perchè stava per denunciare la collusione mafia-fascisti per il “golpe” Borghese. Non resta che attendere la denuncia di depistaggio de La Stampa a La Repubblica.
PS 2. Sabato 27 e lunedì 29, La Stampa “replicava” con due interviste alla vedova di De Mauro e all’ex senatore Dc Graziano Verzotto, già braccio destro di Mattei in Sicilia, per ribadire che De Mauro era stato assassinato perchè sapeva chi aveva ordinato l’uccisione del presidente dell’ENI. Non resta che attendere la denuncia di depistaggio de La Repubblica a La Stampa