La Pride Week di Milano, settimana dell’orgoglio Lgbt, presenta un’agenda colma di eventi e manifestazioni tra le quali spicca la parata di sabato pomeriggio. Lunedì 23, tra gli eventi di apertura, uno in particolare è stato oggetto di polemica. Durante la presentazione del libro Nuda – Racconti erotici di Michela Pagarini («classe ‘76, milanese d’adozione, lesbica militante e appassionata di comunicazione e social media», si presenta sul suo sito web) è avvenuta una performance che ha lasciato molti di stucco. Rita Pierantozzi, tatuatrice e bondager, ha dato una dimostrazione di alcune tecniche di legamento (a destra, nella foto tratta dal web) tipiche delle pratiche erotiche BDSM (Bondage e Disciplina, Dominazione e Sottomissione, Sadismo e Masochismo). Il giorno seguente, Irene Pasquinucci, consigliere Ncd di zona 7, è intervenuta per stigmatizzare il fatto che l’evento si era tenuto nella Casa dei diritti, la cui gestione è in mano al Comune di Milano. In una lettera a Libero l’assessore alle Politiche sociali, Pierfrancesco Majorino, ha chiesto scusa a nome del Comune per l’accaduto.
Pasquinucci, cosa l’ha spinta a denunciare l’accaduto?
Dopo la serata, la performer della pratica di legamento ha scritto su Facebook, a fianco delle foto dell’evento: «Erotismo lesbico, shibari e bdsm in sede istituzionale: done!». Il fatto che delle pratiche simili siano state effettuate all’interno della Casa dei Diritti e questo commento sono due episodi decisamente gravi. Le dimostrazioni di lunedì sera sono, in fin dei conti, spettacoli di nicchia: i partecipanti erano pochissimi, circa una ventina. Eppure il fatto che siano state presentate sotto una veste, per così dire, istituzionale (sono state pubblicizzate sulla home page del sito del Comune, svolte nella Casa dei Diritti di Milano, presentate nel programma della Pride week proprio per la serata di apertura) è un fatto grave. Bene ha fatto Majorino a scusarsi pubblicamente, ma forse ci si poteva pensare anche prima. In fondo, bastava leggere la presentazione del volume fatta dalla casa editrice: «Trentuno istantanee di erotismo lesbico dove gli elementi tradizionali dell’eros incontrano gli assi portanti del BDSM, in un mix di contatti sessuati, collisioni di corpi, giochi di forza e di potere che non molto spazio lasciano alla suggestione sentimentale».
La Casa dei diritti si presenta come «un punto di riferimento per chi, in città, lavora per creare reali occasioni di inclusione e coesione sociale, promuovere pari opportunità per tutti e combattere pregiudizi, stereotipi e prevenire discriminazioni». È così?
Vede, se dobbiamo giudicare da quanto accaduto, vien da dire che si fa un gran parlare di diritti, ma poi si arriva a eccessi che mettono tutto in dubbio. Di fatto, la serata di lunedì non ha visto una realtà sociale rivendicare dei propri diritti umani, quanto piuttosto una minoranza esibirsi in performance sconvenienti in un luogo pubblico. Poter svolgere delle pratiche sadomaso in una sede istituzionale, non mi pare proprio poter essere classificato come “diritto”. Sia io sia il coordinatore pro tempore Nicolò Mardegan siamo intervenuti pubblicamente anche per spingere l’assessorato alle Politiche Sociali e la Casa dei Diritti a tornare ad occuparsi dei problemi reali che i cittadini presentano ogni giorno. Mi chiedo, infatti, se oggi non sia più urgente cercare di dare risposte alla crisi del lavoro, della famiglia, degli anziani, dei poveri, dei disoccupati, anziché continuare a insistere su questi temi. Quello che chiediamo all’assessore Majorino è di rivedere l’impostazione della Casa dei Diritti perché, in fondo, è utilizzata per discutere solo del testamento biologico e dei diritti degli omosessuali.