Tre giorni dopo la manifestazione di protesta di Kabul contro le forze della coalizione internazionale per i nove bambini uccisi il 1° marzo dal fuoco di elicotteri americani nella provincia del Kunar, la Commissione afghana indipendente per i diritti umani e Unama (la missione di assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan) hanno reso pubblico il loro rapporto sulle vittime civili della guerra.
La notizia è che il 2010 è stato l’anno peggiore dalla caduta del regime talebano, con ben 2.777 vittime civili non combattenti; di esse, il 76 per cento ha perduto la vita per attentati e uccisioni da parte delle forze antigovernative, mentre il 16 per cento può essere attribuito alle forze afghane governative e a quelle internazionali loro fiancheggiatrici; in particolare, i civili deceduti per interventi aerei della coalizione sarebbero stati 171, pari al 6 per cento del totale. In un 9 per cento di casi non è stato possibile determinare le responsabilità.
Nel 2010 le vittime civili sono state il 15 per cento in più rispetto al 2009 soprattutto a causa degli attentati suicidi e degli ordigni esplosivi improvvisati sistemati dalle forze pro-talebane sui bordi delle strade. Queste azioni da sole hanno causato 1.141 decessi di civili non combattenti. Mentre le vittime civili della Nato e dell’esercito afghano sono state il 26 per cento in meno rispetto al 2009, quelle causate da talebani e Al Qaeda sono state il 28 per cento in più. In valori assoluti, Nato ed esercito hanno ucciso circa 150 civili in meno che nel 2009, mentre i talebani ne hanno uccisi quasi 500 in più.
Le vittime civili non combattenti della guerra in Afghanistan sono triplicate fra il 2006 e il 2010, passando da 929 a 2.777. Ma mentre le vittime di Nato e governativi afghani sono in diminuzione costante a partire dal 2008 nonostante l’intensificarsi dei combattimenti, quelle causate da talebani e Al Qaeda sono aumentate di anno in anno, passando da 699 nel 2006 a circa 2.110 l’anno scorso. I civili disarmati assassinati dai talebani per ragioni politiche o ideologiche, per esempio, sono più che raddoppiati fra il 2009 e il 2010 arrivando alla cifra di 462, concentrati nelle roccaforti talebane dell’Helmand e di Kandahar.
«Per il 2011 ci aspettiamo crescenti misure di protezione dell’integrità dei civili, e non un crescendo di vittime civili», ha dichiarato con un brillante gioco di parole Georgette Gagnon, la canadese responsabile in tema di diritti umani di Unama. «Invitiamo tutte le parti nel conflitto armato – gli elementi antigovernativi, il governo dell’Afghanistan e le forze militari internazionali – a fare di più nel 2011 per assolvere le loro responsabilità legali di proteggere i civili», ha concluso salomonicamente.