I sindaci che nei loro Comuni hanno avviato la trascrizione delle unioni omosessuali contratte all’estero si sono ribellati al ministro degli Interno Angelino Alfano che, ieri, con una circolare ai prefetti (qui il testo) aveva chiesto di far rispettare le norme. «Queste trascrizioni fatte da alcuni sindaci non sono conformi alle leggi italiane», ha detto Alfano. I primi cittadini, però, hanno risposto, in sostanza, che a loro importa poco della richiesta del ministro, dichiarando essere loro intenzione proseguire in questa loro battaglia, anche se solo simbolica. Numerose, soprattutto nel Pd, le prese di posizione contro Alfano secondo il solito armamentario di luoghi comuni. Per questi ultimi si vede che la Costituzione più bella del mondo è tale solo quando coincide con le loro convinzioni ideologiche.
MIRABELLI. Oggi sia sul Messaggero sia sul Giornale di Sicilia appaiono due interventi del professor Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionale e docente alla facoltà di Giurisprudenza di Tor Vergata a Roma. In entrambi i casi, Mirabelli si schiera con Alfano difendendo la legittimità del suo richiamo. «Il sindaco – dice Mirabelli – tiene il registro di stato civile in un Comune non in quanto ente locale, ma in quanto ufficiale del governo». Se si vuole intervenire, a farlo deve essere il Parlamento con una legge. Quelle dei sindaci, prosegue l’ex presidente, sono «fughe in avanti».
CESANA. Anche il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, ha dichiarato essere sua intenzione riconoscere questi tipi di unioni. Su Repubblica Milano, a tal proposito viene intervistato il presidente del Policlinico Giancarlo Cesana che è molto netto nel definire quello del sindaco un «atto di disobbedienza». «Alfano – dice Cesana – ha fatto bene a intervenire perché altrimenti qui si rischia il far west. E se Pisapia si oppone, il suo è un atto di disobbedienza. La gente non può fare quello che vuole. Esistono delle leggi da rispettare. In Italia i matrimoni sono consentiti solo tra persone di sesso diverso. E finché c’è questa legge va rispettata». Secondo il presidente del Policlinico poi «è vero che in molti Paesi stranieri queste unioni sono consentite e regolarizzate sotto ogni punto di vista. Ma bisognerebbe saper guardare anche dietro le quinte di queste realtà. Se si avesse il coraggio di farlo si scoprirebbe che queste unioni sono anche molto discusse. Ma questo non emerge mai».
BELLETTI. Nella polemica è intervenuto anche Francesco Belletti, presidente del Forum delle associazioni familiari: «Ma in che Paese viviamo? – si è chiesto -. Il ministro dell’Interno ricorda ai sindaci che avevano tentato ideologiche fughe in avanti che la legge e la Costituzione riconoscono il matrimonio solo quando unisce un uomo ed una donna. Un atto semplicemente doveroso e sacrosanto privo di intenti discriminatori. Eppure i sindaci, invece di riconoscere la forzatura e adeguarsi al richiamo alle norme vigenti, alzano il tiro e minacciano una ribellione di massa. Cosa dovrebbe succedere a questo punto? A rigor di coerenza i sindaci ribelli dovrebbero incatenarsi alla porta dei loro municipi ed il ministro dovrebbe mandare i carabinieri a sistemare le cose».
«Una riflessione pacata ed approfondita non ha bisogno delle alzate di ingegno di un gruppo di Primi cittadini dai quali ci si aspetterebbe un rispetto della legalità senza sé e senza ma, e che invece sono occupati a mettere i bastoni tra le ruote al governo, con obiettivi di visibilità personale e magari di “protezione” per qualche gruppo di interesse, che ha contribuito alla loro elezione, e che oggi “presenta il conto”».