Sognava Maradona, è diventato “calciatore”. È il giorno di Mauro Sarmiento

Di Emmanuele Michela
10 Agosto 2012
Voleva giocare a pallone, come tutti i ragazzini cresciuti a Napoli negli anni Ottanta. Ma poi si è avvicinato al taekwondo. La disciplina coreana gli regalerà altre emozioni dopo l'argento di Pechino 2008?

Il cuore di Mauro Sarmiento è un fuoco che arde impetuoso. Vedere per credere quanto accadde nel 2010, in una gara dei campionati italiani di taekwondo. Il suo avversario, D’Alessandro, s’era lasciato andare a qualche parola di troppo sulla distanza agonistica tra i due, cosa che a Sarmiento, timido ma ardimentoso dentro, non era affatto andata giù: gli sono bastati pochi minuti per rifilargli dall’alto del suo metro e 95 un bel calcione in faccia e mandarlo al tappeto svenuto. Mentre i soccorsi accorrevano sul povero rivale, Mauro sfogava tutta la sua adrenalina agonistica, e gridava esultante verso il pubblico. «Ho sbagliato», ha raccontato poi a Sportweek, «ho chiesto scusa al pubblico e alla sua ragazza, poi siamo diventati amici (di D’Alessandro, chiaramente, non della fidanzata ndr)».

Mauro è così sul quadrato di gara, sotto la calma apparente ribolle una gran voglia di vincere e di tirare calci che scottano. E che gli sono valsi la medaglia d’argento a Pechino 2008, persa solo in finale contro l’iraniano Hadi Saei. Il sorriso che però lo immortala sul podio di quella competizione rivela il suo vero animo riservato e verace, tipico di un ragazzo napoletano buono e genuino. Storia strana quella di Sarmiento. Da bambino quel fuoco non bruciava per questa strana arte marziale coreana. La città partenopea gli aveva regalato una passione, il calcio, che negli anni Ottanta all’ombra del Vesuvio faceva rima con un nome soltanto: Diego Armando Maradona. Mauro è cresciuto sognando El pibe de oro, ardendo dalla voglia di diventare calciatore. Poi però si è avvicinato a questo sport: sua madre non voleva, perché pensava fosse troppo violento, ma lui è andato avanti, e in poco tempo ha realizzato quel sogno che lo infiammava, cioè quello di diventare “calciatore”, seppur in tutt’altro senso.

Dopo l’argento a Pechino e la qualificazione ottenuta in grande stile a Baku lo scorso anno, a Londra sarà una delle stelle che brillano in questa disciplina. Sarà seguito anche da un psicologo, per evitare che tutta la foga che gli brucia dentro rischi di consumarlo. Mauro ha capito come controllare quella fiamma: «Fino a 20 anni (ho avuto paura) sempre», raccontava ancora a Sportweek. «Alle gare vedevo k.o. impressionanti e pensavo che poi sarebbero toccati a me. Così per paura non attaccavo e perdevo. Poi ho preso fiducia ed è passata». Dalla Napoli del calcio, ecco la massima espressione italiana di questa strana “arte dei pugni e dei calci in volo”: Mauro Sarmiento, una lunga fiammella aggraziata che sembra ballare di fronte all’avversario, salvo poi stenderlo con calci ustionanti.

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