Presupposti e limiti dell’arte diplomatica

Di Michele Valensise
17 Gennaio 2025
Il contributo di Michele Valensise (Ambasciatore) per Lisander, in reazione a un saggio del professore Paolo Soave (Università di Bologna) sulla crisi dell’Homo diplomaticus
Palazzi distrutti da un raid dell'esercito d'Israele a Rafah
Palazzi distrutti da un raid dell'esercito israeliano a Rafah, nella Striscia di Gaza (Ansa)

L’arte antica della diplomazia ha saputo rinnovarsi nel tempo e ha contribuito a sciogliere qualche nodo o superare contrasti minacciosi. Spesso avvolta in un velo di impenetrabilità, è stata protagonista di successi e fallimenti, alimentando speranze e delusioni. C’è chi ne ripercorre la storia con una punta di nostalgia, dalle ambascerie medievali a oggi, e chi ironizza sui suoi riti e le sue formule apparentemente desuete. Eppure, specie in questi ultimi tempi, è diffusa l’aspirazione all’impegno della diplomazia per porre fine o almeno contenere i troppi conflitti aperti nel mondo. Ne siamo toccati in particolare per le due guerre più vicine a noi, in atto da quasi tre anni in Ucraina e da oltre un anno in Medio Oriente senza che si intravedano sinora spazi concreti di soluzioni negoziate. Sicché è lecito l’interrogativo sulle effettive capacità odierne della diplomazia, dalla quale tutti vorremmo di più per evitare ulteriori violenze insensate.

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