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Non può parlare né muoversi e ha solo gli occhi per comunicare. Storia di una «napoletana verace», che si laurea in Matematica

Luisa (nome di fantasia) ha 26 anni ed è affetta dalla nascita da tetraparesi spastica. Ma in università ha conosciuto Valentina, che a tempi.it racconta come l'ha aiutata a studiare

Chiara Rizzo
20/10/2014 - 2:00
Società
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Luisa ha 26 anni e il prossimo 28 ottobre discuterà la sua tesi di laurea in Matematica all’Università Federico II di Napoli, partendo da una media voto di 30 su 30. Solo che Luisa (il nome è di fantasia) la sua tesi la discuterà comunicando solo con lo sguardo, seduta sulla sua sedia a rotelle. Perché questa napoletana «verace» è affetta dalla nascita da tetraparesi spastica, una paralisi che colpisce gli arti impedendo ogni movimento, ma che non le ha impedito di arrivare ad un traguardo difficile per molti coetanei.

L’AIUTO DI VALENTINA. Anche il giorno dell’esame Luisa arriverà in facoltà con Valentina Ianuarii (foto a destra), 32 anni, la giovane assistente alla comunicazione che l’ha accompagnata ogni giorno della sua vita universitaria grazie al progetto Sinapsi (il centro di ateneo per il diritto allo studio delle persone con disabilità). Valentina è stata il “ponte” verso il mondo esterno di Luisa, in un delicato equilibrio che si è trasformato in un’amicizia molto forte: «L’ ho incontrata per caso, ma non immaginavo un percorso del genere. In sei anni Luisa mi ha dato tantissimo», confida per la prima volta a tempi.it

Valentina Ianuarii«O TI AMA O NIENTE». Valentina ha incontrato Luisa dopo aver vinto un bando dell’università per un’assistente alla comunicazione alternativa: «Non avevo capito bene di che si trattasse. Ci siamo incontrate la prima volta al centro Sinapsi nel dicembre 2007. Ci siamo subito piaciute a pelle: lei, l’ho scoperto dopo, ha sempre impatti netti. O ti ama o niente da fare. Luisa vive sulla sedia a rotelle, non può parlare, non può muovere nessun arto volontariamente. Compie soprattutto movimenti inconsapevoli. Ma riesce a muovere la testa e comunicare con lo sguardo, rispondendo a domande binarie. Se dice no, alza gli occhi verso l’alto, per dire di sì guarda in basso a sinistra. Poco dopo il primo incontro ci siamo riviste a casa sua, dove io ho fatto un training con la madre, che mi ha insegnato il modo per parlarle. La madre di Luisa, insegnante di matematica, è una persona fantastica. È lei che mi ha insegnato tutto. All’inizio mi dava dei dettagli della vita di Luisa, io dovevo studiarli e poi lei mi interrogava. Superato questo primo periodo, a febbraio 2008 per Luisa c’è stato il primo giorno di università».

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IL PRIMO GIORNO. «Quella mattina  – continua Valentina – sono andata a prenderla a casa. Ero più emozionata di lei, perché era il primo giorno anche per me. Luisa veniva da una bellissima esperienza al liceo. All’università si sentiva però spaesata. Le aule sono grandi, ad ogni corso ci sono compagni diversi, che in parte all’inizio l’hanno evitata. L’impatto è stato traumatico. Ho cercato di aiutarla a mettersi in comunicazione con gli altri, senza forzare nessuno. Pian piano qualche collega di corso si è avvicinato, incuriosito». Ricorda ancora Valentina con piacere: «Luisa ha i suoi gusti. Lei è una ragazza che riesce a esprimersi in modo molto diretto. Perciò capita che, se qualcuno le sta simpatico, lei l’accolga con uno dei suoi sorrisi espansivi e che, se si avvicina qualcun altro che non le piace, faccia una smorfia eloquente. È una napoletana verace in questo. Pian piano si è creata la sua “rete”».

IL DONO DELLA MATEMATICA. Valentina spiega che Luisa ha messo in chiaro da subito che non vuole essere trattata da nessuno come una “diversa”. «Il cammino è stato difficile, perché lei ha voluto, e dovuto, dimostrare sul campo quanto vale effettivamente. Io, sinceramente, faccio fatica con la matematica e delle lezioni, davvero difficili, non capivo granché. Lei invece non riesce a tenere lo sguardo fisso molto tempo su un punto, che sia la pagina di un libro o la lavagna. Molti docenti perciò all’inizio si sono interrogati su come potesse seguire effettivamente i corsi. Ci sono due episodi che lo spiegano bene. Un giorno, durante il corso di Analisi matematica, un professore pose una domanda difficilissima. Nessuno degli studenti riusciva a rispondere in modo corretto. Notai che Luisa mi guardava insistentemente: voleva parlare. Le ho riformulato la domanda del professore in modo che lei rispondesse sì o no, poi ho alzato la mano e riferito la sua risposta. Era corretta, e lo stesso docente era meravigliato. In altre occasioni i docenti erano scettici sulla possibilità che lei seguisse le lezioni senza poter annotare le formule. Uno di loro fece una prova sulla lavagna, chiedendomi come avrebbe potuto rispondere alla sua equazione. Mi sono ricordata le parole della mamma di Luisa: mi aveva spiegato che riesce benissimo a fare le operazioni a mente. E così è avvenuto anche in quell’occasione. In pochi secondi, solo osservando la lavagna, Luisa ha memorizzato l’equazione e dato la soluzione corretta».

«NESSUN FAVORITISMO». Per consentire a Luisa di svolgere gli esami è stato congegnato un metodo ad hoc: «Prima un incontro informale di conoscenza con il docente in cui io spiegavo come funziona la comunicazione con Luisa. Poi un training sulla comunicazione tra i due, in modo che si comprendessero e che durante l’esame io diventassi una presenza muta. L’esame veniva preparato formulando domande a risposta binaria, o nel caso di particolari necessità a risposte multipla. Ci sono state materie dove tutto questo è stato più semplice (geometria, analisi e algebra), e altre più difficili (fisica), come ci sono stati giorni sì e giorni no. Il primo esame, lo ricordo bene, è stato di geometria. Lei era emozionata e di conseguenza anche i movimenti del suo sguardo non erano limpidi e netti. Abbiamo dovuto interromperla per qualche istante, per farla rilassare, poi abbiamo ripreso. È andato bene: ha preso 30. Ma poi Luisa è diventata più sicura e ha superato gli esami con voti alti, per lo più 30, qualche 28 e pochi 27. Le domande ad ogni esame sono state sempre minuziose e nessuno l’ha facilitata, anche per sua scelta. Se i colloqui con i professori duravano meno del solito, lei faceva una delle sue smorfie, finché non la rimettevano sotto torchio. Alcuni insegnanti le hanno detto esplicitamente che il suo livello di preparazione è elevato e superiore alla media».

«MI HA DATO TANTISSIMO». E così Luisa è arrivata alla discussione della tesi in algebra, la sua materia preferita. La stesura della tesi, come anche alcune forme di comunicazione sociale più elaborate, sono state rese possibili grazie ad un linguaggio particolare ideato dalla madre di Luisa. Spiega Valentina: «La madre ha realizzato un cartoncino con le lettere dell’alfabeto. Tenendo fermo il polso di Luisa, lei può muovere le dita, indicare le lettere, e così formare delle parole. È con questo metodo che ha “dettato” alla mamma la sua tesi. E sempre così ha “dettato” a me, spesso, i testi dei messaggi ai suoi amici. Luisa infatti nel tempo libero ama molto usare la chat di Facebook e chiacchierare con i compagni, preferibilmente senza che la madre si intrometta, come tutti i suoi coetanei». Il 28 ottobre Luisa terminerà il suo percorso universitario, ma Valentina continuerà a frequentarla perché «Luisa in sei anni mi ha dato tantissimo. Non è stata solo un’esperienza incredibile, e forse irripetibile, dal punto di vista professionale. Dal punto di vista umano Luisa mi ha dato anche di più. Con la sua condizione molto particolare, mi ha costretta a vedere il mondo e le persone oltre le parole e gli schemi. All’inizio credevo fosse impossibile comunicare con lei e adesso riusciamo a capirci anche solo con lo sguardo: è molto amata, è una persona gioiosa, come nessuno penserebbe a causa della sua malattia. Voleva raggiungere quest’obiettivo per dimostrare a se stessa che ce la poteva fare. Ed è stato così, tra lo stupore di tutti».

Tags: disabilidisabilitàNapoliuniversità
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