
Liberare la scuola e ripartire dai ragazzi

“Dimmi e io dimentico; mostrami e io ricordo; coinvolgimi e io imparo”
(Benjamin Franklin)
Con l’inizio di questo nuovo anno scolastico – problematico e difficile – sembra utile e necessario riaffrontare il tema dei “percorsi personalizzati” cercando di rivedere e valorizzare determinate modalità operative che possono facilitare il cammino educativo/formativo degli allievi, tra cui la valorizzazione della presenza attiva nella scuola dei genitori quali portatori di un vissuto extra scolastico con cui la scuola deve fare i conti se vuole – come deve – considerare l’alunno/studente nella sua specificità e unicità.
Due aspetti sembrano contrapporsi: l’essenzialità della scuola che trova fondamento nella sua appartenenza alla comunità territoriale, di cui è strumento ideale e operativo; l’attuazione di profili che chiamano in causa la necessità di porre in atto percorsi personalizzanti, che responsabilizzano non soltanto la scuola ma anche i genitori e le famiglie, nonché il lavoro di equipe dei docenti. Una “scuola libera”, attiva per qualità, quantità e competitività. Un luogo libero che sappia garantire la piena realizzazione umana e culturale della persona dello studente.
In quest’ottica, forti e particolarmente significative, alcune sottolineature che vanno a focalizzare nella sua concretezza il tema:
* l’eccellenza non dipende dai risultati ottenuti, ma da come ognuno è stato in grado di esigere da se stesso: cioè, quanto l’apprendimento ha coinvolto la volontà e la capacità di crescita della persona;
* la personalizzazione come un concreto riferirsi alla persona la quale assomma tratti comuni a tratti specifici che la caratterizzano;
* l’educazione come personalizzazione in dimensione integrale: non è una somma di distinte azioni educative, ma una promozione nella “totalità”; la persona è una totalità aperta e nello stesso tempo sufficiente a se stessa;
* la centralità della persona il cui percorso educativo deve essere attivato in concreta sintonia con la famiglia e nel rispetto della sua “singolarità”, cioè differenziazione di ogni uomo così come è: unico e irripetibile.
Da qui anche le ragioni di una diversa valutazione, che non può più essere di tipo tradizionale, di tipo censorio, cioè percepita con scopi selettivi e terminali dell’apprendimento, quindi soggettiva e di carattere autoreferenziale, e per ciò stesso non educativa e inadatta a valutare lo studente su ciò che sa fare in situazioni reali in ragione delle conoscenze apprese.
E’ necessaria una valutazione autentica, alternativa, che guardi al ragazzo, che lo valuti considerando il suo coinvolgimento attivo e vero nel percorso educativo/formativo, che consideri la sua attenzione a quel progetto di vita cui deve tendere, che giudichi il suo mettersi in gioco con se stesso nella costruzione e nell’acquisizione di una propria “identità”, che cresce nel cammino verso la propria maturazione. In parole più semplici, una valutazione autentica che pone la persona dell’alunno/studente nella condizione di essere se stesso ovunque, nel rapporto con la realtà (situazioni, persone, cose).
In questo quadro nasce una domanda: i genitori, noi genitori, cosa guardiamo? Aiutiamo lo studente/figlio a lasciarsi coinvolgere attivamente nel percorso di apprendimento e di realizzazione di sé? Come genitori, noi genitori, sentiamo il dovere, la responsabilità, di porci in sintonia con la scuola per concorrere positivamente mediante la costruzione delle conoscenze, l’applicazione e il criterio di giudizio ai problemi e ai contesti reali, e la connessione con l’insegnamento? La valutazione, quindi, interessa i genitori mossi da una curiosità: la scoperta di come viene attuata nella scuola la sfida del collegamento dei “profili” all’intero percorso educativo, e quindi la verifica di come si concretizza il profilo in uscita.
Da qui anche la valorizzazione delle modalità attuative che nella scuola vengono attivate mediante i gruppi classe, i gruppi laboratorio, le unità di apprendimento, e la stessa didattica digitale, coordinate dagli insegnanti coi quali evidentemente andrà attivata una profonda collaborazione, senza escludere che ai genitori venga garantita la possibilità di confronto educativo. In questo contesto andranno individuati ambiti di confronto, di dialogo, di analisi e di collaborazione, tesi a consolidare quel concetto di “comunità educante” che parte appunto da una sinergia ideale ed operativa tra “adulti”, tra tutti gli adulti operanti nella scuola.
Altra considerazione che va fatta è quella inerente l’ispirazione cristiana della “scuola cattolica”, la quale ha il dovere di promuovere quella cultura cattolica che è alla radice della sua presenza nel mondo culturale ed educativo nazionale. Grande è il pregio che ha di attivare modalità ideali ed operative: la centralità dell’alunno/studente, la dimensione comunitaria, l’attenzione a favorire la crescita di una identità personale, il porre l’ “essere” come essenza del “fare”, caratteristiche che la scuola cattolica – pur con innegabili difficoltà dovute al contesto sociale che non aiuta – persegue da sempre.
Questo lavoro va consolidato, poiché è occasione per approfondire la propria specificità e per elaborare percorsi che evidenzino ciò che è a favore dell’uomo da ciò che è contro l’uomo. E’ l’occasione per affrancare l’azione di una scuola orientativa, nel rispetto della propria “missionarietà” e con piena coscienza della propria “identità”. La scuola cattolica è chiamata a rimettere in gioco se stessa come testimonianza, come provocazione, come proposta e confronto, approfondendo e chiarendo, in libertà, il proprio progetto educativo, attivando rapporti veri con le famiglie, essendo presente nella realtà territoriale, civile e ecclesiale.
La dignità e la libertà della persona deve essere al centro di tutto l’impegno educativo, e ciò rappresenta nella scuola – di qualunque scuola – una istanza fondamentale che deve guidare sempre ogni scelta educativa. Solo partendo da questo richiamo si possono affrontare temi educativi complessi come quelli, ad esempio, che si pongono in presenza di alunni provenienti da culture e religioni diverse.
Ciò che caratterizza maggiormente il processo educativo è l’“esperienza”: l’esperienza è il cardine della proposta educativa. Essa garantisce il processo educativo e formativo di autoaffermazione perché garantisce lo sviluppo di tutte le dimensione dell’individuo fino alla loro realizzazione integrale, e nello stesso tempo è l’affermazione di tutte le possibilità di connessione attiva di quelle dimensioni con tutta la realtà. Quella realtà, con il suo invito ad afferrarne il significato, chiama al coinvolgimento!
Foto Ansa
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