L’ex premier islandese Geir Haarde rischia il carcere perché non si accorse della crisi

Di Daniele Ciacci
06 Marzo 2012
Ieri a Reykjavik una corte speciale si è riunita per discutere l'arresto dell'ex primo ministro islandese, accusato di "negligenza". Haarde non si sarebbe reso conto della situazione disastrosa delle banche nel 2008. In caso di condanna sarebbe il primo politico a pagare personalmente l'effetto della recessione.

Quando nel settembre 2010 si decise d’avviare un processo contro Geir Haarde, ex primo ministro islandese, conservatore del Partito Indipendente con laurea in economia e due master negli States, i progressisti più entusiasti incensarono l’Islanda come il “paese più libero d’Europa”. Ieri si è riunita a Reykjavik, per la prima volta in 67 anni d’indipendenza, la corte Landsdómur, l’unica prevista dalla costituzione islandese per giudicare ministri e alte sfere di governo nazionali. L’accusa di “negligenza”, con la quale il politico rischia 2 anni di carcere, riguarda il collasso del sistema bancario avvenuto nel 2008. «Respingo tutte le accuse – ha detto Haarde all’apertura del processo – le ritengo infondate. Nessuno si rese conto in quel momento che c’era qualcosa di sospetto all’interno del sistema bancario».

Nel caso in cui Geir Haarde venga ritenuto colpevole, sarà il primo presidente a pagare personalmente gli effetti della crisi economica globale. Il casus belli risale a tre anni fa, appena prima che la coalizione di governo facesse rassegnare le dimissioni al primo ministro conservatore in favore della socialdemocratica omosessuale Johanna Sigurdardottir. Nell’arco di alcune settimane le tre banche principali dell’isola – la Kaupthing, la Glitnir e la Landsbanki – dichiararono bancarotta, avendo un debito complessivo pari a cinque volte il Pil dell’isola. La Landsbanki, in particolare, preferì risarcire i contribuenti locali a scapito di quelli inglesi e danesi. Questo provocò l’ira del primo ministro Gordon Brown e una serie di pesanti controversie diplomatiche. Ma un referendum popolare, all’indomani della caduta di Haarde, decise al 96% di non coprire i debiti stranieri.

Dal 1988 al 2006 l’Islanda ha vissuto un periodo di veloce fioritura sotto il governo conservatore. Negli ultimi anni, però, la trasformazione da un’economia tradizionale basata sulla pesca a una incentrata sui servizi finanziari, ha reso l’isola vulnerabile alla crisi economica. La colpa di Haarde starebbe nell’aver ignorato gli avvertimenti ricevuti in prossimità del tracollo dai principali istituti di credito islandese. Nel settembre 2010 una commissione di esperti indicò quattro uomini politici come responsabili del collasso islandese ma il parlamento dell’isola decise che l’unico a rispondere davanti all’autorità sarebbe stato Haarde. Una sorta di“personalizzerebbe” della crisi globale forse nel disperato tentativo di trovare un singolo caprio espiatorio.
Twitter: @DanieleCiacci

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