Tentar (un giudizio) non nuoce

La mossa del cavallo del Ppe in Europa

Di Raffaele Cattaneo
23 Novembre 2024
L'accordo con i socialisti sui nomi di Fitto e Ribera ha escluso dai tavoli i verdi. È la conferma che l'Europa si posta verso il centrodestra
La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen (foto Ansa)
La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen (foto Ansa)

Come avevo previsto nella rubrica pubblicata la settimana scorsa, è stato raggiunto un accordo in Europa. Possiamo dunque aspettarci una votazione dell’intera Commissione von der Leyen il prossimo 27 novembre al Parlamento europeo e l’avvio del nuovo governo europeo il primo dicembre. È stato trovato un compromesso che salva la possibilità di una piena attività istituzionale dell’Unione. Si evita così di dare dell’Ue un’immagine debole, che sarebbe stata dannosa, specialmente in un momento così delicato, dopo la vittoria di Donald Trump negli Stati Uniti e alla luce dei nuovi equilibri che si stanno delineando sullo scenario globale.

Il Ppe si è dimostrato particolarmente incisivo. Di fatto, ha compiuto la classica “mossa del cavallo”, mettendo in scacco a sinistra i socialisti e soprattutto i verdi. Numerosi osservatori, infatti, iniziano a parlare di un possibile cambio di maggioranza a Bruxelles, con l’ingresso dei conservatori dell’Ecr al posto dei verdi.

Cosa era successo

Riassumendo i fatti: la settimana scorsa si era prospettato uno stallo delle istituzioni europee, a causa di un veto incrociato che era partito dai socialisti nei confronti di Raffaele Fitto, accusato di essere espressione di un governo di destra e di un gruppo, i conservatori di Ecr, che non sostenevano la maggioranza di Ursula von der Leyen. Va infatti ricordato che la maggioranza che ha votato von der Leyen come presidente della Commissione è composta da popolari, socialisti, liberali di Renew Europe e Verdi.

A questo punto, di fronte al veto contro Fitto, si sono fatti avanti i popolari che, con toni ancora più aspri, hanno messo in discussione Teresa Ribera, neo vicepresidente esecutiva spagnola, socialista, già membro del governo di Pedro Sánchez. In particolare, l’opposizione dei popolari spagnoli è stata così forte che molti hanno intravisto in essa persino un attacco diretto alla stessa von der Leyen e agli equilibri della Commissione.

L’accordo tra socialisti e popolari

Mercoledì 20 novembre era il giorno annunciato per l’incontro dei principali gruppi europei per trovare un accordo. Quel giorno ero a Bruxelles, per un incontro delle Power Regions of Europe in difesa delle politiche di coesione e mantenimento della loro programmazione e gestione a livello regionale, presso la sede della Baviera, con alcuni dei rappresentanti delle regioni più importanti d’Europa. Già in quell’ambiente si percepiva la volontà di giungere a un’intesa, che è stata poi raggiunta solo a tarda notte, dopo numerose schermaglie.

Da un lato, i popolari avevano chiesto di inserire nel documento finale un impegno della Ribera a dimettersi nel caso fosse indagata per la cattiva gestione dell’alluvione a Valencia; dall’altro, i socialisti avevano chiesto a Fitto di impegnarsi a una piena indipendenza dal proprio governo e al pieno rispetto dello stato di diritto e delle regole europee. Dopo lunghe trattative, entrambe le richieste sono rimaste solo dichiarazioni politiche dei gruppi che le hanno formulate, ma non sono entrate nel documento finale.

Dentro i conservatori, fuori i verdi

Dunque, è probabile che tutti i vicepresidenti e i commissari, inclusi Fitto e Ribera, vengano votati insieme, incluso il commissario ungherese voluto da Orbán, che diventa il primo commissario dei patrioti. A lui verranno ridimensionate le deleghe, ma la sua candidatura sarà comunque accettata.

Il fatto politico, però, è un altro. Il patto tra popolari e socialisti ha spiazzato i verdi, che non sono stati chiamati al tavolo del negoziato, neppure da von der Leyen, che pure è stata eletta anche grazie al loro voto. Nonostante ciò, i verdi sono rimasti fuori dagli accordi finali. Molti prevedono che non voteranno la Commissione, mentre quest’ultima potrà comunque contare almeno su una parte del voto dei conservatori, come la delegazione di Fratelli d’Italia che voterà compatta a sostegno di Fitto. 

Qual è il giudizio che voglio tentare questa settimana? Che, grazie al Ppe, gli equilibri politici in Europa non sono più quelli di prima, ed è ciò che auspicavo già mesi fa. Oggi c’è meno sbilanciamento a sinistra ed è stata innescata la marcia per un riequilibrio politico tra i gruppi. Una maggioranza sostenuta dai popolari e dai conservatori (che possiamo definire di centrodestra) e dai liberali e dai socialisti (centrosinistra) mi sembra una Commissione più equilibrata e più adatta ad affrontare le sfide del momento, inclusa quella di fronteggiare adeguatamente un interlocutore come Trump.

C’è chi lamenta che questo scenario vada nella direzione dell’antieuropeismo. Sinceramente, mi sembrano solo le lamentele di una sinistra che ha dovuto fare un passo indietro rispetto alle proprie aspettative, grazie alla forza e alla tenuta politica dei popolari, di cui oggi sono ancora più orgoglioso di far parte.

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