Quarant’anni fa Pier Paolo Pasolini profetizzò l’avvento in Italia di un “nuovo fascismo antifascista”. Come non riconoscere l’impronta totalitaria in quanto è accaduto in margine al convegno sulla famiglia, Milano, 17 gennaio, promosso dalla Regione Lombardia e partecipato da diverse associazioni? A partire dal 3 gennaio – e non è ancora finita – il maggior quotidiano nazionale ha scatenato contro il convegno una gigantesca campagna di disinformazione. La Repubblica che si crede “Charlie” si è trasformata in fatwa di dottori della legge che hanno marchiato col fuoco dell’infamia («Convegno omofobo». «Convegno antigay». «Vogliono curare i gay») un normale, e diremmo addirittura “banale”, incontro dal titolo “Difendere la famiglia per difendere la comunità”. Famiglia costituzionale, si intende. Articoli 29 e 31 della Costituzione italiana. Che non c’entrano niente con la “famiglia tradizionale”. Ma c’entrano, invece, con la “famiglia comunità naturale”, realtà, Carta fondamentale della Repubblica italiana.
Purtroppo la doppiezza ideologica è fatta così: coloro che si rappresentano come granatieri della Costituzione e piangono per “le famiglie che non arrivano alla fine del mese” istigano menzogna e insulto contro una cosa che, in altro contesto, non troverebbe neppure un rigo di citazione in cronaca. Dunque, perché tanto zelo compagni? Perché tanta tigna? Ovvio. Perché il problema di Repubblica non è la famiglia e non sono neanche le persone omosessuali che loro, bella gente, usano (e gettano) come scudo e spada della propria prepotenza. No. Il problema è stringere d’assedio Roberto Maroni. Presidente dell’unica regione italiana che, nonostante lo sterminio della politica per via giudiziaria occorso in questi anni in Lombardia – e non è ancora finita –, grazie al popolo elettore resiste alla sottomissione alla Razza Padrona. Così i cannoni debenedettiani hanno sparato a palle incatenate in nome del Gran Tempio della élite di sinistra: dal sindaco Pisapia al commissario Expo Sala, dal Pd di Majorino ai gabbati di Gabbana e del segretario generale Bie (ma certo, cosa risponderesti tu al giornalista che ti chiede “Maroni ha organizzato e dato il logo Expo a chi vuole curare i gay”?) è stato tutto uno scandalo, finto ma minaccioso, contro Maroni e questi qui del “convegno omofobo”.
Purtroppo per le scritte sui muri e per lo sterco rilasciato davanti alla redazione di Tempi, purtroppo per i vandali che hanno sfasciato le insegne della Croce e purtroppo per i “social bombing” in web, tutto è filato via liscio. Il convegno è andato bene. «È stato una festa. Grazie» (Adinolfi). Sì, grazie. Grazie al popolo delle associazioni. Grazie alla pubblicità non richiesta dei polveroni. Grazie alle imponenti misure di sicurezza. Grazie al gran lavoro e benedetto degli addetti alla sicurezza e dei lavoratori impegnati nell’organizzazione e accoglienza di Regione Lombardia. Un palazzo delle istituzioni che sabato 17 sembrava la redazione di Charlie Hebdo. Sì. L’arroganza del potere ha ottenuto solo strepitosa resistenza e straordinaria solidarietà di popolo. Ha ottenuto che al convegno fossero presenti il doppio dei partecipanti alla contestazione in piazzetta.
Ci si sarebbe potuti armare di maggior calma e rassegnazione, lasciando completare al giovin agente provocatore le obiezioni sulle “terapie riparative” mai nominate dagli oratori? Massì. Resta il fatto che su tutto – anche sul morso del serpente a un libero anche se imprudente sacerdote (che annuncia querele) – ha vinto la libertà. Ha vinto l’amore sull’odio. Ha vinto il giornalismo di realtà. Soprattutto, ha vinto Roberto Maroni. E un po’ anche noi, qui, che adesso abbiamo l’opportunità di andare avanti anche col sostegno delle istituzioni. Fieri che Regione Lombardia ha battezzato seduta stante la nascita di un “Forum per la famiglia”. Fieri di essere stati tra quelli che hanno patrocinato l’“incidente” per cui la pazzesca richiesta di un nostro lettore («Ma non si può parlare anche di famiglia alla’Expo visto che nel programma c’è posto anche per eventi sulle Arti Magiche?») è stata esaudita. Il resto è solo polvere. Polvere di fatwa.