Tira una pessima aria nel Movimento Cinque Stelle. Lo testimoniano due articoli (sul Fatto Quotidiano e su La Stampa) in cui si raccontano i mal di pancia dei pentastellati che non ne possono più dei modi dittatoriali del comico. Addirittura si è arrivati alle minacce, con un frangia di parlamentari che sarebbe pronta a uscire dal partito e a costituire un gruppo autonomo alla Camera. Una notizia esplosiva, che, se confermata, decreterebbe la fulminante fine della creatura di Grillo e Casaleggio.
Su che cosa si è creata la spaccatura? Su diverse visioni politiche, sulle attività parlamentari, sull’Imu, il lavoro, la crisi economica? Macché. Nati e cresciuti sull’onda della contestazione alla casta e ai suoi privilegi, i grillini si stanno autodivorando in discussioni su scontrini, rendicontazioni, diarie (come vi abbiamo raccontato qui e qui). A fare da contorno, ci sono poi polemiche sullo ius soli, la collaborazione col Pd, il governo Letta. Ma è contorno. Ciò su cui si divorano come scorpioni in bottiglia sono i banali, materiali, prosaici quattrini.
Prendete ad esempio la riunione a Montecitorio con gli eletti. Chi l’avesse seguita tramite i twitter ufficiali del M5S, si sarebbe bevuto i soliti slogan del Movimento. Ma oggi i quotidiani raccontano una storia ben diversa.
Il Fatto, ad esempio:
«A un certo punto, Adriano Zaccagnini prende la parola in assemblea: “Vorrei avere a disposizione lo stesso tempo che ha avuto Beppe”. Nella sala cala il gelo. Grillo ha appena finito la sua invettiva sulla diaria da restituire e questo 31enne romano esperto di permacultura, oggi deputato Cinque Stelle, dice che anche lui vuole mezz’ora per spiegare perché quei soldi, adesso, sono roba sua. Basterebbe questa scena per raccontare che cosa si è consumato, giovedì pomeriggio, nell’aula dei gruppi di Montecitorio. La prima rivolta contro il capo».
Ma poi, ci sono anche le indiscrezioni che riportano i virgolettati di quelli che – sempre sulla questione diaria/rimborsi – si sono lamentati con Grillo perché vivono in Svizzera («e lì le tasse sono più alte»), hanno la baby sitter da pagare, il mutuo, eccetera.
Così Grillo, che pensava che la fronda fosse composta da qualche unità, si accorge, invece, essere numericamente più consistente. Un po’ traballa, ma poi li insulta.
- «Pezzi di merda»
- «Arroganti»
- «Si chiama cresta!»
- «Fate schifo»
Un bel clima, insomma. Grillo è preoccupato anche del risvolto mediatico della vicenda:
«Io ci metto la faccia. Fuori questa cosa è una bomba, i giornali non vedono l’ora! Voi adesso siete qui, ma dovete sempre rimanere con un piede fuori, dovete capire che le vostre azioni hanno delle conseguenze».
L’happy end è solo sul twitter ufficiale. Dentro è una bolgia con grillini che, usciti dall’assemblea, dicono ai giornalisti (e poi smentiscono) che il gran capo non conta più di chiunque altro di loro.
Come Alessandro Di Battista:
«Ciò che scrive Grillo sul suo blog equivale a quello che può scrivere Scalfari su Repubblica».
Grillo minaccia black list per chi si tiene in tasca i soldi. Ma i suoi si incazzano. E di brutto:
«”Balle, balle, balle. Grillo la deve smettere di trattarci come servi”. Il deputato Cinque Stelle è evidentemente nervoso. “Io? Siamo almeno in cinquanta. Questa storia è appena all’inizio. Potremmo anche uscire dal gruppo”».
Infatti, chi l’ha detto che i grillini devono restituire i soldi?
«Ma di che cosa parla? Ma quale contratto? Sfido chiunque a portarmi un foglio dove c’è scritto che l’eccedenza va riconsegnata. A me di cinquecento euro in più non me ne può fregare di meno, ma passare per uno che bara proprio no».
Così la fronda pensa a come organizzarsi:
«”Dobbiamo reagire”. Fissano un incontro assieme a un drappello di riottosi per la prossima settimana. È arrivato il momento di contarsi. “Nel gruppo misto mai. Ma se fossimo venti qui e dieci al Senato potremmo dare vita a una costola indipendente, dobbiamo solo trovare il modo per spiegarlo alla base. Non siamo scilipotini”. Qual è la distanza tra un piano rabbioso e la realtà? “Chi lo sa, di sicuro così non si può andare avanti. Eravamo il Movimento dell’uno vale uno. Siamo diventati l’armata Brancaleone dell’uno vale zero. E quello zero siamo noi”».
«Quello zero siamo noi». Ora lo zero lo rischia Grillo.