Gli assistenti civici a Messa, scuole e Sardegna. Lettere a Tempi

Di Redazione
31 Maggio 2020
Che fanno gli assistenti civici? La grande risposta di De Luca: «Si sono fermati alla scuola del niente e si occuperanno del nulla».

Il ministro Boccia vuol mandare gli assistenti civici davanti alle chiese. Buon lavoro. 
Daniele Mondi

Il nostro lettore si riferisce a questo intervento del ministro per gli Affari regionali e autonomie alla trasmissione DiMartedì. Non c’è miglior risposta di quella (strepitosa) che ha dato il governatore campano Vincenzo De Luca in quest’altro video. «Il governo ci apre il cuore alla speranza, ha deciso questa straordinaria operazione mistica: 60 mila assistenti volontari. Che faranno? La multa a chi non indossa mascherina? No. Possono intervenire a controllare Movida? No. Possono regolamentare traffico? No. E allora cosa devono fare? Faranno gli esercizi spirituali: andranno in giro con il saio con la scritta “Pentiti” nei mercati di frutta. Si sono fermati alla scuola del niente e si occuperanno del nulla. Mi auguro non bussino alle porte di casa alle 15 durante alla pennichella».

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A quanto pare, come riportato da diverse fonti, in Commissione Istruzione al Senato è stato bocciato qualsiasi emendamento al Decreto Rilancio che mirasse ad aiutare le centinaia di migliaia di famiglie delle scuole paritarie. Del resto c’era da aspettarselo. Se io fossi un nemico della scuola “privata” e ancor più della “scuola dei preti”, non mi lascerei certo scappare una opportunità così ghiotta, forse irripetibile, per chiudere una volta per tutte il discorso sulla libertà di educazione: “Una pandemia, evento eccezionale e drammatico, costringe a delle scelte anche dolorose. Abbiamo fatto il possibile; abbiamo persino stanziato 150 milioni di euro per sostenere le paritarie, ma più di così non si poteva proprio! Altre priorità, ben più gravi, hanno dirottato le poche risorse disponibili. Siamo addolorati, ma almeno abbiamo salvato la scuola di Stato, che è gratuita e accessibile a tutti….”. Questa la narrazione ufficiale, che sarà accolta fra gli applausi commossi di una parte dell’elettorato cattolico, di battaglieri parlamentari convinti che con 70 milioni di euro si realizzi la libertà di scelta, e il sotterraneo consenso anche di alcune delle più importanti associazioni di scuole paritarie e genitori, convinte che il tempo dello scontro sia passato -perché tempo delle ideologie- e che il dialogo e il “vogliamoci bene”, ormai, sia la cosa fondamentale per costruire una società più giusta… Che per tanti non sia più tempo di battaglia in campo aperto, ne è stata dimostrazione la vicenda della inedita “serrata” delle scuole paritarie promossa da Cism e Usmi nei giorni 19 e 20 maggio, cui le altre associazioni purtroppo non hanno aderito, manifestando così una preoccupante debolezza come soggetto unitario di fronte all’interlocutore politico. Certo, non chiuderanno tutte le scuole paritarie. Una parte sopravviverà, anche grazie alla elemosina che il “buon governo” Pd-M5s ha elargito. Ma sarà sempre di più una riserva indiana, riservata, appunto, alle famiglie che se lo possono permettere. Che saranno sempre meno. Non facciamoci illusioni: finora abbiamo danzato sui balconi e sventolato bandiere arcobaleno con la scritta “andrà tutto bene”, ma è solo perché gli effetti devastanti di questi mesi di lock-down ancora devono mostrare tutto il loro effetto. Le famiglie, chiuse in casa, hanno dedicato il loro tempo alla gastronomia e alla tv coi suoi bollettini sull’andamento del Covid-19, ma arriveranno i tempi della carestia. E allora sarà tutto un altro ballare. Davanti agli ammutoliti Fazio e Burioni, durante la puntata di “Che tempo che fa” di qualche giorno addietro, lo ha detto chiaramente anche il prof. Zangrillo del San Raffaele di Milano: «Dobbiamo anche cercare di dare un’apertura perché altrimenti veramente è la morte della società… Altrimenti moriremo di fame… I bambini non frequenteranno la scuola e andranno a fare l’elemosina». Forse era il momento, più che del dialogo, della battaglia a viso aperto, della opposizione dura, della “piazza”. Magari senza ottenere nulla ugualmente, ma se non altro spendendo un giudizio di valore chiaro – anche su questo governo liberticida – davanti a tutto il Paese, e mostrando ai giovani che ci sono ancora questioni per cui vale la pena lottare e scontrarsi. Invece annaspiamo nella melassa buonista, grazie alla quale avremo un incremento di chiusure da parte delle scuole paritarie (già da alcuni anni in diminuzione) e conseguenze serie in termini operativi ed economici su tutto il sistema scolastico statale, che a settembre dovrà assorbire migliaia di alunni in più nelle sue scuole, non avendo i mezzi. Soprattutto, saremo ancora meno liberi. Forse più buoni e dialoganti, ma sempre meno liberi…
Enrico Belli

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Caro direttore leggo or ora sul Corriere che la Sardegna è invasa dalle cavallette… se questo è quello che succede quando Beppe si incazza… è meglio che non lo trattiamo male nei vostri articoli… non vorrei vi facesse cadere tutti i denti…
Fabrizio Pojani

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Caro direttore, è sempre più evidente che viviamo in un’epoca di barbarie sotto molti profili, basta guardarsi intorno, leggere i giornali e sentire i linguaggi usati anche da persone che dovrebbero “pesare” le parole che dicono. Anche perché le parole non hanno solo il senso filologico che esprimono, ma anche un significato “popolare” che spesso le distacca dal primo senso. Il popolo, fortunatamente, molto spesso usa le parole con un significato diverso da quello loro dato dalla c.d. élite, che si rifugia dietro ciò che trova scritto sui dizionari e sulle enciclopedie.  Mi sono reso conto di questo leggendo il resoconto di quanto detto questa settimana, in aula, dal senatore Gianluca Ferrara, nato in Campania e residente in Toscana, dove è stato eletto nella lista del M5S, non a caso nata qualche anno fa sulla spinta del nobile slogan del “vaffa”. In tale occasione, il senatore Ferrara ha descritto come “criminali” tutti i politici del centro destra che hanno governato la Lombardia, con particolare riferimento a Lega, Forza Italia ed al presidente Formigoni. Ecco, quel termine, nella sua versione popolare, rimanda a delitti particolarmente odiosi, come l’omicidio, il femminicidio e vari tipi di violenza. L’uso di tale termine riferito a reati “politici” indica la particolare “cattiveria” con la quale viene usato ed il gusto sadico di attaccare l’avversario politico con termini che nulla hanno a che fare con la sostanza del dibattito. Questa osservazione, poi, appare particolarmente scorretta nel caso del riferimento a Formigoni, condannato sì, ma in base ad una sentenza priva di prove, come ebbe a dire l’avvocato Coppi (le intercettazioni pubblicate in questi giorni dimostrano anche che molti giudici condannano preventivamente certi politici di centro destra, indipendentemente dal merito). Lo stesso uso distorto viene spesso operato quando si usa la parola “pregiudicato”: con essa si vuole comunque squalificare in anticipo una persona, la quale, magari, è stata incarcerata ingiustamente. Ma, forse, l’aspetto più grave (per certi versi) e più comico (per altri) sta nel fatto che il  senatore Ferrara, in quello stesso intervento, riferendosi al suo movimento, si è così definito: “noi che abbiamo le mani libere e pulite”. Frase che costituisce anche un lapsus, che nasconde il pensiero dei veri suggeritori delle parole dei politici stellati. “Mani pulite” rimanda ad una stagione che, insieme ad alcune poche cose giuste, ha prodotto tante ingiustizie, molti suicidi, molte rovine ed un danno al benessere dell’intero popolo italiano. Sinceramente, ho paura di chi si autodichiara “onesto” e con le mani pulite, anche perché so, da cristiano, che in tutti ed in ognuno esiste una macchia che si chiama “peccato originale”, il che dovrebbe rendere tutti più cauti nei giudizi e nell’uso delle parole. Anche gli “onesti” stellati dovrebbero guardarsi intorno a sé e diventerebbero meno violenti con le loro parole (che, peraltro, mutano volentieri, con il cambiare del vento). Non dimentichiamoci che coloro che si autodichiarano puri ed  onesti prima o poi costruiscono le ghigliottine, a cui si accede facilmente con giudici compiacenti e con processi sommari. Nella foga accusatoria, poi, il senatore Ferrara ha detto cose prive di verità. Ne segnalo due. Ha detto che gli ospedali lombardi privati sarebbero aperti solo per i ricchi. Falso. È esattamente il contrario. Gli ospedali lombardi, così come voluti da Formigoni, sono aperti a TUTTI. Tutti, anche i poveri possono accedere alle eccellenze sanitarie private in Lombardia; anche i poveri provenienti, per esempio (e sono tanti), da Campania e Toscana. Prima di parlare, basterebbe informarsi. Il senatore Ferrara, inoltre, fa coincidere efficienza con servizio pubblico. La storia italiana dice esattamente il contrario e la frase del senatore non fa che confermare l’anima strettamente “statalista” dell’attuale maggioranza. Un’anima a cui piace molto restringere le libertà dei cittadini italiani. In quanto uomo della strada, non ho le tutele giuridiche proprie dei parlamentari e quindi non posso usare gli stessi termini usati dal senatore Ferrara (e non lo faccio anche per mio costume personale). Ma, da cittadino ancora libero, posso farmi delle domande e queste sono totalmente legittime (salvo ghigliottina). Ed i fatti e le conseguenti domande sono queste: Il governo ha decretato, in silenzio, lo stato di emergenza da coronavirus il 31 gennaio 2020, mettendo a disposizione una certa cifra. Dico STATO DI EMERGENZA. Ma il popolo italiano NON è stato messo in allerta circa la pericolosa esistenza del virus: non ha detto a noi uomini della strada di stare attenti. Anzi, alcuni membri della maggioranza hanno ostentato tranquillità, partecipando alla movida, oggi tanto vituperata. Solo il 21 febbraio, con grande sorpresa di tutti, il governo ha dichiarato alcune parti del nostro territorio come “zone rosse”. Solo dopo 21 giorni il popolo italiano è venuto a sapere che esisteva uno stato di emergenza da cui guardarsi, dato che iniziavano a conteggiare le prime vittime. Come definirebbe il senatore Ferrara questo vuoto durato ben 21 giorni? E come definirebbe il comportamento dell’attuale governo in relazione a quel periodo? “Le mani libere e pulite” del senatore Ferrara non hanno nulla da dire in proposito? Questa verità gli fa male o no?
Peppino Zola

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Ho inviato una “lettera aperta” alla ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, relativa al pericolo della riapertura a settembre delle scuole prive degli impianti di condizionamento e ventilazione richiesti dalla legge.
Tutti noi, in qualità di studenti o di genitori, conosciamo bene come le classi siano un perfetto incubatore di virus e batteri, una specie di brodo primordiale nel quale le patologie influenzali trovano terreno fertile alla loro diffusione mettendo a rischio la salute di studenti, docenti e delle loro famiglie. Un ambito questo con numeri da capogiro: oltre 8 milioni di studenti, quasi un 1 milione di insegnanti, oltre 12 milioni di familiari.
La salute e la sicurezza di un terzo della popolazione ed oltre la metà dei lavoratori italiana è in forte relazione con la salubrità delle scuole.
Nonostante la qualità dell’aria (IAQ – Indoor Air Quality), la sua filtrazione, distribuzione, temperatura e livello di CO2 siano tutti aspetti ampliamente studiati, documentati, codificati da norme Italiane/Europee e prescritti da Leggi e Decreti nazionali … gli impianti HVAC sono ancor oggi un investimento  considerato “rinunciabile” e senza particolare impatto sulla salute degli occupanti, preferendo il metodo “casalingo” di apertura periodica delle finestre quale soluzione alternativa ed efficace per “far cambiar l’aria”.
Proprio tale metodo rischia invece di rendere inutile qualsiasi soluzione di maggiore distanza tra gli studenti nelle classi, senza risolvere quindi l’emergenza Covid che ha portato alla lunga chiusura delle scuole.
Lo scenario a settembre sarà infatti quello di classi con 10 o 15 studenti a distanza di 2 o più metri l’uno dall’altro, che a partire dal periodo autunnale non apriranno le finestre per ore saturando l’ambiente di virus e batteri fino a quando le condizioni di qualità dell’aria interna saranno insopportabili. A quel punto l’apertura per pochi minuti di finestre e porte, grazie all’effetto camino dei vani scale, diffonderà l’aria contaminata tra tutti gli occupanti, negli spazi comuni e nelle altre classi, mettendo a rischio la salute di tutti ed in particolare delle persone più fragili quali il personale docente “over 50” e gli studenti con altre patologie.
Lo scenario alternativo è invece quello di classi con 20 o più studenti dove la presenza di un impianto HVAC garantisce un ricambio controllato, monitorabile e continuo dell’aria (con l’immissione di aria filtrata, riscaldata/raffreddata, umidificata) privo di eccessive turbolenze, permettendo la diluizione dell’eventuale virus presente nell’aria al di sotto del valore di “carica infettante” e quindi riducendo (per gli occupanti della stessa classe) o eliminando (per gli altri occupanti dell’istituto) il rischio di contagio.
E non pensiamo che il Coronavirus sia un evento eccezionale ed irripetibile. Negli ultimi 20 anni siamo stati “sfiorati” da altre ben note epidemie: la SARS nel 2002, la H5N1 o influenza aviaria nel 2005, la H1N1 o influenza suina nel 2009, la MERS nel 2012.
Il Coronavirus, o SARS-CoV-2, è semplicemente l’ultimo tra le migliaia di virus animali che è stato in grado fare il “salto di specie” all’uomo, propagandosi in pochi mesi su scala planetaria grazie alla globalizzazione. Di sicuro non sarà l’ultimo.
Per questo e per molti altri motivi ho pensato di scrivere direttamente alla Ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina ed in copia agli altri dicasteri coinvolti, per suggerire un grande piano di investimento per l’adeguamento della Scuola Pubblica Italiana con opportuni impianti HVAC … e a beneficio della collettività tutta.
Luca Pauletti

Foto Ansa

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