Ben venga la crisi tra Moratti e Thohir. Purché serva ad arrestare il declino sportivo e finanziario del calcio italiano
Dopo vent’anni alla presidenza dell’Inter, di cui l’ultimo in qualità di presidente onorario, e successi come la Champions League nell’anno del Triplete, Massimo Moratti ha detto addio alla Beneamata. L’amministratore delegato delle raffinerie Saras non ha ancora spiegato i motivi della scelta di rassegnare le dimissioni dall’incarico offertogli dal suo successore Erick Thohir, cui ha ceduto i nerazzurri. Ma ha voluto fin da subito rassicurare i tifosi: «Capiranno la mia scelta nei prossimi giorni», ha dichiarato. E ha aggiunto: «Niente di drammatico. Sosterrò Thohir? Certo. Le quote sono lì, sono mie e me le tengo», ha detto. «Sono dispiaciuto, non arrabbiato. Non è finita male, è solo un normale cambiamento. Credo di aver fatto il mio tempo, nulla più». Ma allora perché questa risposta non soddisfa gli appetiti del popolo nerazzurro? Lo abbiamo chiesto al giornalista Francesco Caremani esperto di economia sportiva.
Chi ha ragione, Moratti o Thohir?
Il punto non è cercare di stabilire chi ha ragione e chi no. Il punto è riconoscere un’evidenza con cui non sembra che in molti vogliano fare i conti sul serio: mi riferisco al fatto che l’Uefa ha aperto indagini informali su Inter e Roma nella stagione 2012-2013 e potrebbe avere pronte per queste due società sanzioni per il fair play finanziario.
Quali sanzioni?
Non sono sciocchezze, perché già il Paris Saint Germain, per esempio, ha potuto inserire solo 21 giocatori e non più 25 in lista per la Champions League. Le nostre squadre, mi domando, sarebbero pronte a sopportare una simile limitazione? Io non ne sono così sicuro e l’Inter ha un buco che deve essere ripianato il prima possibile.
Nessun attrito tra i due, dunque?
È possibile che ci siano diversità di vedute a livello personale, come ha dimostrato, da ultimo, la scelta dell’attuale dirigenza di rimuovere Cordoba dall’incarico di team manager; ma è normale. Il fatto, come ha messo in evidenza il nuovo Ceo dell’Inter Michael Bolingbroke, è che c’è un bilancio da riordinare. E può capirlo chiunque, basta scaricarsi da internet gli ultimi dati contabili. A maggior ragione adesso che c’è il fair play finanziario.
Il battibecco con Mazzarri non c’entra nulla?
Mazzarri ha un carattere difficile e non si fa certo amare dai tifosi, si sa. Francamente, però, non ho mai capito perché Moratti abbia voluto scegliere l’allenatore, quando sapeva che avrebbe presto ceduto la società a un nuovo proprietario. Forse sarebbe stato meglio farlo scegliere direttamente a Thohir e farsi da parte fin da subito come hanno fatto a loro tempo anche Agnelli alla Juventus e Berlusconi al Milan. Ma c’è un altro aspetto che va evidenziato e riguarda il tipo di rappresentazione che gli addetti ai lavori danno di Thohir.
Cioè?
Nel mondo del calcio italiano l’investitore straniero è troppo spesso trattato alla stregua di un “incompetente”. Mentre spesso stiamo parlando di importanti soggetti e realtà che hanno ben figurato in campo sia economico sia sportivo, proprio come nel caso della proprietà di Roma e Inter. Thohir ha una squadra in America, il Dc United. E chi gestisce società sportive negli Stati Uniti, dove non si può scherzare con le regole economiche e finanziarie e dove la giustizia sportiva è una cosa seria, meriterebbe ben altro rispetto.
Si dice che Thohir abbia semplicemente girato i debiti dell’Inter alle banche.
Della gestione sportiva e finanziaria della società, anche lui renderà conto quando sarà il momento. Intanto, bisognerebbe quantomeno dargli fiducia. Altrimenti mi permetto di suggerire a chi oggi canta allo stadio «Pazza Inter, amala» di provare con un nuovo motivo: «Finanziala!». Perché non è affatto semplice condurre una squadra e una società alla stabilità economica e al successo. A maggior ragione in questa Italia in crisi. Thohir ha avuto il merito di aver voluto provare a farlo ed essersi preso in mano una patata bollente, anzi bollentissima. Ora vediamo come saprà gestirla.
Quando torneranno i grandi campioni in Italia?
Quando le squadre italiane torneranno in massa a comandare le competizioni europee, come quando negli anni ’90 avevamo sempre una, se non addirittura due squadre italiane in finale di Champion’s League e Coppa Uefa: oltre all’Inter c’erano il Milan di Sacchi, la Juventus di Lippi, il Parma di Ancelotti, ma anche la Lazio e altre squadre. Prima di vedere i campioni, però, dobbiamo imparare a gestire, anche da un punto di vista economico, le società. Come fa l’Arsenal, che, anche se non sempre vince, ogni anno esprime un bel gioco e sforna talenti. Oggi è questa la strada da seguire.
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2 commenti
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concordo.
Moratti è meglio che pensi a confessare ciò che ha fatto lui e la sua banda tra il 2005 e il 2006! cose di cui anche in questo sito non si vuole accennare e tanto meno ammettere!