“Cercasi Rosy disperatamente”: è così che inizia un appello scritto dal direttore di Calabria Ora, Piero Sansonetti, e rivolto alla presidente del Pd Bindi, che in Calabria venne, vinse le primarie, fu eletta in parlamento e poi sparì.
Direttore, che fine ha fatto Rosy Bindi?
Dal giorno dopo le elezioni non l’abbiamo più vista. Ha risposto al mio editoriale con una lettera aperta, in cui dice che deve stare a Roma per il momento perché c’è un gran casino sul piano nazionale, e che dopo verrà di nuovo in Calabria. Ancora non l’abbiamo vista. Ma penso che se non si occupa della Calabria, e dei problemi pesanti che affronta questa regione in cui è stata eletta, sinché Bersani, Grillo e Berlusconi non si mettono d’accordo, finisce che nessuno se ne occuperà. Non si può aspettare che a Roma vada tutto bene, per occuparsi di Calabria.
Eppure, quando è scesa al sud, in campagna elettorale, la Bindi aveva promesso che sarebbe diventata calabrese…
Lo è stata per troppo poco tempo, appena due settimane. Rosy Bindi è stata attivissima in campagna elettorale, è venuta anche in redazione a Calabria Ora e ci aveva fatto capire che aveva le idee chiare. Mi ha colpito perché diceva che non si possono ripetere le solite giacuolatorie su questa regione, sul problema della ‘ndrangheta, ma ha parlato della necessità dello sviluppo, della necessità di una rinascita basata sull’efficienza dei servizi, dei trasporti, delle industrie. Noi contavamo su di lei perché essendo un personaggio nazionale importante poteva rappresentare la Calabria a Roma. A differenza di tanti che vengono dal nord, avevo notato che non si limitava a parlare solo di idiozie, come estirpare la mafia portando in Calabria con più polizia, carabinierie e giudici. Dico “idiozie” non perché la mafia non esista o non sia un male, ma perché è solo il segno del male in questa terra. Il male qui è la debolezza industriale, l’assenza totale dello Stato di diritto, la supremazia soffocante del Nord che uccide la Calabria e più in genere tutto il sud con progetti miopi e monchi. Se non si affrontano questi problemi non si risolve nulla.
Lei denuncia il fatto che Bindi è svanita, divenuta ora un po’ toscana, un po’ veneta e un po’ romana, e che questo è un grave danno anche per la sinistra calabrese, perché torna a realizzarsi uno squilibrio politico. A cosa si riferisce?
È un problema che si sente in Calabria in particolare perché qui il leader di destra, Giuseppe Scopelliti, è robusto e prestigioso e fa la differenza rispetto ad una sinistra che non ha alcun leader. In Puglia c’è Nichi Vendola, in Sicilia Rosario Crocetta, e qui nessuno, solo una sinistra dei “sette nani”. Il ceto politico è molto vecchio, viene da tante sconfitte, Scopelliti invece è un vincente e questo fa una profonda differenza. La Bindi avrebbe potuto riequilibrare questa situazione del Pd, diciamo che avrebbe potuto essere almeno la Biancaneve della Calabria. Invece restiamo solo con i sette nani.
Il vero problema che si pone, con il caso della scomparsa di Bindi dalla regione in cui è stata eletta, secondo lei è quello non dei costi della casta, ma della sua impalpabilità. Ci spiega cosa intende?
Come cittadino sono anche disposto a pagare per la casta politica, posso pure pagarla un miliardo di euro. Ma chiedo che la politica funzioni. Invece essa resta “impalpabile”, scompare, diventa cioè inaffidabile per il suo elettorato. Gli italiani sono arrabbiati non perché la politica costa troppo, ma perché essa non produce alcuna soluzione alla drammaticità dei problemi che viviamo tutti, per questo siamo tutti infuriati. Per produrre, la politica deve avere idee e leadership: perciò ci si arrabbia di più se un politico viene a fare il leader in campagna elettorale e poi sparisce.