“Se vogliamo comprendere nella sua essenza la condizione dell’umanità di oggi, il grado della sua dispersione e quello delle sue speranza, dovremo necessariamente innalzarci parecchio rispetto alle caratterizzazioni, formulazioni e ricette politiche”
Alexandr Solzenicyn
La crisi della nostra società ha raggiunto livelli profondi, coinvolge ogni settore della vita umana sino a mettere in crisi quei valori che toccano l’immagine dell’uomo e i fondamenti di quella solidarietà di base che, al di là delle differenze ideologiche e dei vari progetti di vita associata, permettono la convivenza. Viviamo in un momento storico in cui anche l’esperienza del passato non offre più una guida sicura per il futuro. Un momento in cui i vari aspetti sociali, politici, culturali ed economici si presentano sempre più interdipendenti, e nel quale seppur confusamente la nostra società cerca nuove ragioni di vita, delle strutture in grado di far progredire le sue aspirazioni. Cercare di insorgere contro il mutamento in atto, di giudicarlo dal di fuori, in funzione di criteri derivati da situazioni ormai in fase di superamento, sembra fatica sprecata. Il solo atteggiamento realista è quello di cogliere le autentiche aspirazioni umane in atto
“Abbiamo bisogno di una politica che pensi con una visione ampia, e che porti approccio integrale, includendo in un dialogo interdisciplinare i diversi aspetti della crisi. Penso a una sana politica, capace di informare le istituzioni, coordinarle e dotarle di buone pratiche, che permettano di superare pressioni e inerzie viziose”: Papa Francesco, Enciclica Fratelli Tutti, n°177.
La nostra società cerca, anche se spesso in modo confuso e strumentale, nuove ragioni di vita in ordine alle quali è necessario aiutarla, affinché la scelta operativa e le soluzioni siano conformi all’esigenza di crescita integrale dell’uomo e delle comunità nelle quali esso si riconosce, si sviluppa e cresce. Ciò implica la necessità di un impegno teso a rimuovere tutte quella condizioni che di fatto – anche se spesso presentate come “pretese umanitarie” sfruttano e aumentano il dominio dell’uomo sull’uomo.
Questa tematica è oggi messa particolarmente alla prova da istanze disgregatrici: si tratta infatti di costruire rapporti di vita autentici capaci di promuovere insieme – e quindi capaci di motivare profondamente diritti e doveri – l’assunzione corretta e coerente di responsabilità, di scelte equilibrate e ordinate. Il tutto in un contesto di vera libertà e di concreta solidarietà, certamente da promuovere e da coltivare, ma possibile perché esperienza in grado di sconfiggere la presunzione, l’arroganza, il superficialismo, l’ambizione, il fariseismo, il macchiavellismo in atto nella nostra società e che inquinano fortemente la vita culturale, sociale e politica.
“Davanti a tante forme di politiche meschine e tese all’interesse immediato, ricordo che la grande politica dimostra quando, in momenti difficili, si opera sulla base di grandi princìpi e pensando al bene comune a lungo termine. Il potere politico fa molta fatica ad accogliere questo dovere in un progetto di Nazione e ancora di più in un progetto comune per l’umanità presente e futura. Pensare a quelli che verranno non serve ai fini elettorali, ma è ciò che esige una giustizia autentica”. (ib. N° 178)
La profonda crisi della modernità ha aperto un periodo particolarmente delicato e drammatico. Il crollo delle ideologie non ha significato la fine di quell’atteggiamento secolaristico profondamente avverso al cristianesimo poiché viene visto nella Fede “una minaccia alla propria volontà di appartenenza, alla propria autonomia di giudizio, alla libertà di disporre di sé” (Jean Daniélou). “Il contesto entro cui ci muoviamo, a causa dell’eredità del passato, è ancora fortemente segnato, dalla polemica nei confronti della Chiesa, da una volontà di emarginarla, quanto meno di funzionalizzarla alla mentalità dominante, a quella che oggi va di moda chiarare “politicamente corretta”. Si inseriscono in questo contesto le recenti polemiche nei confronti delle prese di posizioni pubbliche della Chiesa a riguardo della difesa della vita fin dal suo concepimento, della difesa della famiglia, della difesa del diritto alla libertà di educazione e della libertà religiosa. E oggi la evidenziazione che le conseguenze più negative dell’umanesimo moderno sono riscontrabili nella disgregazione antropologica che ha investito in modo particolare le giovani generazioni”. (Luigi Negri).
Nel mondo contemporaneo si è verificato lo svuotamento del valore dell’IO, la sua riduzione alla pura istintività. L’uomo si è disintegrato nel suo gusto di conoscere, come se l’amore al vero, al bene, al bello, al giusto, non essendo più concretamente sperimentati, non fossero più reali. Prima conseguenza di tutto ciò è la mancanza assoluta di consistenza dell’IO. Una inconsistenza che porta, soprattutto le giovani generazioni, ad una incapacità di accogliere la vita e perciò di crescere (ibidem).
In questo contesto i cattolici sono chiamati a dare testimonianza al messaggio evangelico di giustizia, di amore e di pace nel contesto del mondo attuale, un mondo che è schiavo di un tremendo paradosso. Da un lato vi è una consapevolezza sempre più viva della dignità e dei diritti dell’uomo e della necessità di unione, di solidarietà e di pace. Forze potenti e dinamiche – scientifiche, tecnologiche, economiche, sociali e politiche – avvicinando maggiormente gli uomini gli uni agli altri approfondiscono e rinsaldano questa consapevolezza. D’altro lato, vediamo frequenti e aperte violazioni dei diritti fondamentali di individui, di gruppi e di intere nazioni. Il mondo è lacerato da diseguaglianze profonde e scandalose nella ripartizione delle risorse materiali, del potere e delle responsabilità. Sistemi e strutture ingiusti mantengono vaste masse di uomini in uno stato di soggezione e tendono a perpetuare e addirittura ad accrescere queste diseguaglianze.
Tale stato di cose – che si sta diffondendo anche nel nostro Paese: si vedano gli anziani spesso in situazioni disagiate, i portatori di handicap e di disagio fisico e mentale che spesso vengono lasciati a se stessi, i senza dimora che vivono nelle strade e sono considerati come entità improduttive e quindi inutili, l’accrescere della povertà e della solitudine, ….. l’elenco sarebbe lungo – conduce gli uomini a conflitti violenti e distruttori, e minaccia di sommergere il mondo in una deprimente situazione globale.
“La società ha gravi carenze strutturali che non si risolvono con rattoppi e soluzioni veloci meramente occasionali. Ci sono cose che devono essere cambiate con reimpostazioni di fondo e trasformazioni importanti. Solo una sana politica potrebbe averne la guida, coinvolgendo i diversi settori e i più vari saperi. In tal modo, un’economia integrata in un progetto politico, sociale, culturale e popolare che tenda al bene comune può aprire la strada a opportunità differenti, che non implicano di fermare la creatività umana e il suo sogno di progresso, ma piùttosto di incanalare tale energia in modo nuovo” (Ib. N° 179)
E’ in questa situazione di emarginazione che diventa sempre più urgente e più pressante il dovere dei credenti tutti a testimoniare la “giustizia”: cioè dare testimonianza di giustizia e darla, secondo le proprie capacità e possibilità, come espressione concreta della propria identità e appartenenza alla Chiesa. E dare testimonianza non è facile e neppure semplice: tale esercizio esige “discernimento”, che richiede l’affronto della realtà del momento ed è basato su una conoscenza chiara e completa delle situazioni concrete.
Purtroppo si è rotto l’immaginario sociale, la rappresentazione condivisa sulla quale si costruisce il patto tra le persone. Ci siamo accorti che dobbiamo ridirci le ragioni per cui vale la pena di stare insieme, quali sono i valori che condividiamo, come organizzarci: c’è bisogno di cattolici in politica perché è necessario tornare a costruire politica, dando a questa parola come contenuto la capacità di progettare il futuro, a partire da una visione che tenga conto del bene di tutti”.
Ne consegue che sulla presenza e sul ruolo dei cristiani nel nuovo scenario, si è accesa una curiosità. C’è chi affronta il tema rilevando la situazione di “secolarizzazione” in atto anche tra i credenti e le loro comunità, cioè un pensare la vita e viverla “come se Dio non ci fosse” e non avesse comunque modo alcuno di essere presente nella storia. Situazione che incide anche sul rapporto fra credenti e politica, nella misura in cui induce ad affrontare quella sfida in una prospettiva individualistica. C’è chi evidenzia il problema scindendo la questione cattolica da quella politica. In quest’ottica invita a riflettere sulla “rilevanza cattolica”, e cioè se essa attiene alla consistenza sociologica dei cattolici o alla significanza e alla qualità cristiana della loro testimonianza nella sfera pubblica.
I problemi evidenziati implicano, anzitutto, la coscienza che il problema di fondo è e resta problema di etica, di comportamento, di esperienza e di condivisione in ordine alle regole che dovrebbero governare il funzionamento della nostra società, ma anche l’essenziale comunione su alcuni fondamentali principi e valori, orientati a verità e giustizia, che costituiscono – o dovrebbero costituire – il vero tessuto connettivo dei cristiani nella vita civile, senza i quali le stesse regole risulterebbero – come di fatto risultano – prive di fondamento e di significato. Di fronte alla pretesa di una totale laicità della politica, sembra utile recuperare l’insegnamento della Chiesa nella sua dimensione sociale e non più soltanto in quella individuale. In parole più semplici, cattolico e politico hanno da essere un tutt’uno!
Se è vero che non c’è servizio efficace della fede senza promozione della giustizia, né vera promozione della giustizia senza un efficace servizio della fede, e che una essenziale qualità del servizio della fede “l’unità del popolo di Dio”, se è vero tutto ciò, allora non può che essere ricercata l’unità operativa nel momento in cui la fede proietta l’azione dei cristiani sul piano delle realtà temporali. Come può essere accettabile una “pre-evangelizzazione” che conduce settori ampi di cattolici a identificarsi con associazioni, con aggregazioni sociali e politiche, che per loro matrice culturale, sono opposte alla fede, e se non vi si oppongono, la ritengono soltanto interpretativa e marginale
E’ chiaro che questa situazione coinvolge sempre più “valori non negoziabili” – vita, famiglia, educazione, scuola, libertà religiosa, pianificazione sessuale, teoria gender, rivoluzione antropologica, dignità umana ……… e quant’altro – con una prospettiva spesso disumana. Di fronte e queste problematiche, compito dei credenti – singoli e associati – è, o meglio dovrebbe essere, quello di denunciare la deriva culturale ed esistenziale, testimoniando coerentemente il proprio “essere” e il proprio “credere” in una tensione all’unità che non è “unanimismo”, e nemmeno negazione di un certo pluralismo, bensì presenza originale e testimoniale attiva e qualificante. Solo nell’unità, nella realizzazione di rapporti ispirati a valori condivisi e sostenuti dalla verità, rende fertile la testimonianza e la presenza.
Purtroppo di fronte ai grandi temi si è portati a non esprimersi, e spesso a considerare inutile e non necessario un giudizio di merito, girando lo sguardo altrove. Si tratta di una forma di autodisarmo, di autolesionismo spirituale e culturale al tempo stesso. Trattandosi di temi sensibili e ardui su cui l’opinione pubblica è spesso resa reattiva da campagne di stampa, si fa proprio l’atteggiamento buonista di chi, indifferente, nasconde lo sguardo su una realtà decadente. Si dimentica così che il silenzio equivale ad essere conniventi, e in futuro a perdere il diritto, la capacità e la possibilità di esprimere qualsivoglia commento.
La situazione, confusa, antropologicamente tragica, comunitariamente divisa e frammentata, con sempre maggiore urgenza chiama alla necessaria e sostanziale unità dei cattolici. Ciò ci porta a riflettere sulle contrapposizioni in campo politico, soprattutto sull’abitudine da parte di molti di pensare e agire secondo schieramento, e non invece secondo concetti, idee e prospettive culturali e sociali precise. Ecco perché intitolare questo intervento “Cattolici, un “vuoto” da riempire”, e ciò in sintonia con quanto ebbe a dire il Cardinal Angelo Scola: “Dove sono i cattolici?”.
In questa nostra epoca sembra che la vita sociale e politica si stia svuotando di ogni valore originario di fraternità, di solidarietà, di libertà e di responsabilità, tanto che ad un innegabile aumento di socializzazione non corrisponde, paradossalmente, una crescita in autentiche relazioni umane interpersonali, e il rispetto per la dignità dell’altro tende a degenerare in vera e propria indifferenza, se non addirittura fastidio. Di fronte a questa innegabile constatazione, e, sotto l’incalzare di una lenta ma progressiva degenerazione sociale che è sotto gli occhi di tutti, ogni giorno di più avvertiamo l’urgenza di ritrovare valori autentici sui quali ricominciare un’opera di ricostruzione civile e morale.
Da qui alcune domande: ma è proprio impossibile in politica una aggregazione che riunisca i cattolici attorno a progetti cristianamente ispirati? E’ proprio da considerare superata una convergenza dei cattolici in politica? Si dà ormai per scontato che i cattolici debbano disperdersi nelle grandi e piccole aggregazioni che costellano l’universo del nostro Paese. Non si riflette a sufficienza sulla necessità di una presenza che sia stimolatrice, e in alcuni casi autentici “segni di contraddizione”. Basterebbeconvergere sulle ipotesi valoriali che trovano fondamento nella dimensione cristiana per rendere palpabile e incontrabile una presenza che, pur minoritaria, segni comunque un cammino, una meta, una possibilità. Tuttavia ciò troppo spesso non avviene: si resta rinchiusi nel proprio “io”, nel proprio schieramento, senza una alzata di testa, senza una pur minima consapevolezza di chi si rappresenta e di quali valori si dovrebbe essere portatori. Cattolici sfaldati in mille rivoli, spinti da personale ambizione, in attuazione di un gioco al massacro che li porterà a uscire completamente dalla scena politica, perché nascosti e confusi, oltre che raggirati da forze sociali e politiche meglio organizzate e certamente più determinate. Si può veramente continuare in una simile situazione?
Si dà ormai per scontato che i cattolici debbano disperdersi nelle aggregazioni che oggi costellano l’universo del nostro paese, così che frequentemente, troppo frequentemente, proprio sui valori fondamentali e irrinunciabili, i cattolici si sono divisi, e continuano a dividersi. C’è chi ritiene che sarà più facile costruire volta per volta il terreno favorevole per nuovi incontri, per più efficaci collaborazioni sugli argomenti di comune interesse. La realtà – invece – tende a dimostrare che si tratta di una pia illusione, destinata ad infrangersi contro le necessità preliminare di sconfiggere l’avversario, di far vincere anzitutto il proprio schieramento, a cui i cattolici spesso sono vincolati. Questi richiami del Magistero, queste precisazioni, questi orientamenti ideali e operativi avrebbero dovuto trovare nei cattolici tutti, una aggregazione convinta – se non partitica, quantomeno ideale – e una operatività concreta. ….. In realtà non è stato così. Il richiamato “pluralismo culturale e operativo” all’interno della Chiesa e della comunità cristiana riduce e mortifica il suo inestimabile valore se gli viene meno il necessario e fondante riferimento all’insegnamento sociale del magistero e gli irrinunciabili obiettivi valoriali che ne caratterizzano presenza e prospettive di impegno.
Abbiamo di che meditare: “Oggi prevalenti, anche in molti cristiani ecclesialmente impegnati e acculturati – ebbe ad evidenziare il Cardinal Giacomo Biffi – sono atteggiamenti come: * l’individualismo egoistico, che sta sempre più segnando di sé l’evoluzione del nostro costume e delle nostre leggi; * il soggettivismo morale, che induce a ritenere che sia lecito e persino lodevole assumere in campo legislativo e politico posizioni differenziate della norma di comportamenti alla quale personalmente ci si attiene; * il pacifismo e la non violenza, di matrice tolstoiana, confusioni con gli ideali evangelici di pace e di fraternità, così che poi si finisce coll’arrendersi alla prepotenza e si lasciano senza difese i deboli e gli onesti. E ancora: “la militanza di fede ridotta ad azione umanitaria e genericamente culturale; un messaggio evangelico identificato nel confronto irenico con tutte le filosofie e con tutte le religioni; la Chiesa di Dio scambiata per una organizzazione di promozione sociale: siamo sicuri che non sia proprio questo il dramma ecclesiale?”.
Possiamo quindi sostenere che avrebbe nuovamente senso una certa convergenza ideale e operativa dei cattolici nella e della comunità cristiana? Possiamo pensare ad una sintonia, a livello sociale e politico, attorno a valori importanti costituenti la natura di una sana convivenza e di una democrazia matura? Possiamo ancora dire che i cattolici hanno incidenza politica così sparpagliati come sono tra i molti rivoli che caratterizzano la struttura parlamentare italiana? Possiamo? Non basta esercitare il dissenso all’interno dei vari partiti e delle varie istituzioni in cui i cattolici militano: la realtà ha evidenziato la sterilità di questo coraggio. Si è ritenuto entrare nelle varie diverse realtà nella speranza di poter influenzare le altre aggregazioni su obiettivi etici e sociali importanti e irrinunciabili, ma non si è ottenuto che una lacerante dispersione incapace di orientare alla ricerca effettiva del bene comune. Ci si è illusi di essere “sale” e “lievito”, ma in realtà il risultato è stato, ed è, di forte delusione.
Possiamo quindi ritenere che è venuto meno il popolo cattolico, pur minoranza, in grado di e di sostenere quei valori che sono alla radice del loro credere e della loro appartenenza alla Chiesa di Gesù Cristo? Il sentire comune dovrebbe essere alla base di un dialogo e di un confronto, di una sintesi operativa, prima ancora che con i non credenti, tra quanti dicono di essere cattolici nell’ambito della stessa comunità cristiana. Occorre ricominciare a coniugare idealità, progettualità, impegno e responsabilità: è tempo di ricostruire il vincolo dell’unità. Come cattolici, e come Chiesa, siamo ormai minoranza: cerchiamo di essere una realtà unita e attiva. E’ tempo di un sussulto di responsabilità. Ma forse la convergenza sociale e politica, ma anche ecclesiale dei cattolici, è soltanto un sogno!
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