Il barolo di Amicone, il Te Deum di Ben e l’eredità di Marco Martini

Luigi Amicone

Grazie a Paolo Massobrio per il suo articolo su Amicone. È tutto vero! Lì c’è proprio dentro Luigino. Lo incontravi dopo anni – almeno per me che da Bolzano non avevo tante occasioni per vederlo se non al Meeting di Rimini – ed era come se fosse lì ad attenderti, con lo stesso entusiasmo scanzonato degli anni passati in università. E non sarebbe giusto dire che ti sembrava di essere uno dei suoi migliori amici, perché lo eri veramente, capivi che ti portava con sé, dentro il suo cuore. Fino ad invitarti a Marinedda a condividere anche le vacanze (ma non ci andai quell’anno e me ne dolgo ancora). Un abbraccio.

Stefano Fugazza

Hai ragione, Stefano. L’articolo di Massobrio era perfetto. Gigi era proprio così: le migliori bottiglie le teneva per gli amici, anche quelli che lo erano diventati da cinque minuti.

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Vorrei fare anche io il mio Te Deum per per questo anno, soprattutto perché non c’è quasi più il Covid (anche se nelle scuole a volte si fa ancora vedere). Mi dispiace per le sofferenze degli ucraini e dei russi che, senza motivo, hanno causato una guerra che spero finisca al più presto. Ringrazio soprattutto per i miei due grandi nonni, Cinzia e Gino, che sono in pensione e che ci danno un mano (nonni, ne abbiamo bisogno!). Auguro a tutti un felice anno nuovo.

Benedetto Frigerio

Grande Ben, un caro saluto da tutta la redazione di Tempi, ciao!

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Caro direttore, quest’anno cade l’anniversario della scomparsa di Marco Martini, scomparso nel 2002. Martini partecipò a due convegni promossi dalla Fondazione Moscati, trattando il problema sanitario nei suoi aspetti economici. Fu anche relatore importante a due congressi dell’Agesc, dove ebbe a trattare gli aspetti giuridici ed economici, in ordine ai problemi della famiglia, dell’educazione e della scuola.

Laureato in scienze politiche, fu ordinario di Statistica economica presso l’Università degli Studi di Milano. Presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca, ebbe poi a promuovere la realizzazione della Facoltà di Scienze Statistiche, di cui è stato presidente sino alla morte. Egli è stato una singolare figura di economista-umanista, dotato di una approfondita conoscenza del sistema economico, unita ad una attenta osservazione del mondo del lavoro e della produzione, in un contesto dove tutto cambia in tempi rapidi.

«L’economia – ebbe a ricordare – risulta essere il frutto della tensione della persona al dominio sulle cose per costruire la casa comune degli uomini e il loro benessere. Parola quest’ultima che coincide all’“essere nel bene” di Aristotele, cioè con la parola felicità, che i filosofi ritenevano l’aspirazione tipica dell’uomo: l’uomo vuole benessere, vuole essere felice».

Trattando di economia e di benessere, egli si cimentò nell’analisi di molteplici problemi – tra cui istruzione e sanità – ambiti in cui il benessere fisico, culturale, psicologico e morale, viene spesso mortificato nella sua promozione. Tutti quanti constatiamo come il sistema dimentichi facilmente il soggetto a cui deve tendere: la persona umana.

Le ragioni di questa situazione – che permane da molti anni – vengono individuate da Martini nella mancata attenzione e condivisione di tre concetti base: solidarietà, efficienza, competitività, «concetti bisognosi di una coniugazione, che nel sistema italiano non esiste. Perché? Perché in Italia non si è realizzato un sistema competitivo di autonomie. Perché il sistema pubblico italiano si fonda sull’equazione: pubblico uguale a gestito della pubblica amministrazione; perché, essendo totalmente impregnato del pregiudizio dell’illimitatezza della razionalità delle regole e delle procedure, nonché della illimitatezza delle risorse, non ha mai creato reali strumenti di misura e di controllo dei risultati, né di se stesso, né tanto meno di chi considera estraneo (i privati)».

Ne consegue «che la giusta considerazione della rilevanza sociale di alcuni beni, che distingue tutti i paesi europei, si è tradotta in Italia con l’adozione di modelli burocratici napoleonici, gestito con la tradizione corporativistica. Necessaria è una radicale trasformazione delle condizioni normative ed organizzative del sistema pubblico che consenta ad ogni soggetto pubblico, amministrazione, operatori, utenti… di riprendere il proprio ruolo in una equilibrata ripartizione dei poteri».

Nella nostra società perdura una profonda crisi. Nonostante i passi fatti – non molti – resta sconvolta da un certo conformismo laicista, dove la realtà viene ridotta a interpretazione personale. La vita sembra valere meno del guadagno che si spera. «Il tutto con una classe politica debole e affannosa alla ricerca del consenso e attraverso l’incontrollata espansione della spesa, e quindi debole e corruttibile dell’intreccio degli interessi delle corporazioni»: così definì la situazione Marco Martini. «Anzitutto – ebbe a chiarire – a livello della pubblica amministrazione è ovvio che occorre semplificare il sistema normativo. Troppe regole sono l’assenza di regole! Un Sistema competitivo non può vivere in una situazione di proliferazione delle regole. Poche regole e soprattutto un sistema informativo che consenta il controllo e la valutazione dei risultati a livello di strutture e a livello di politica di sviluppo e di equilibrio territoriale».

Quindi, «primaria è la constatazione di un sistema informativo che informa permanentemente e trasparente ad ogni livello, inserisca misure di valutazione delle prestazioni continuamente aggiornate e controllate da organismi indipendenti; assegnazione dei poteri ai singoli operatori ai diversi livelli nei quali questi operatori si organizzano in strutture capaci di offrire servizi; riconoscimento di totale autonomia organizzativa ad ogni livello, indipendentemente dalla loro natura giuridica; che siano parte di una pubblica amministrazione o nati dalla società civile, col presupposto che partecipa al sistema pubblico ogni operatore e ogni opera che rispetta e presenta dei requisiti necessari e accetta il controllo formale e sostanziale del sistema; reclutamento libero del personale che favorirebbe così l’aggregazione attorno a progetti condivisi e reale potere di scelta da parte dell’utenza».

«Sono queste – concluse – le condizioni minimali perché nasca in Italia un sistema competitivo, efficiente e solidaristico, in un sano e pacifico confronto sui risultati diversi che si collegano a diverse concezioni organizzative. Il tutto sostenuto da risorse a tutti i livelli, con anche sistemi premianti ottenuti per efficienza ed efficacia dei servizi».

Solo attraverso il potenziamento della capacità di controllo dei risultati da parte della pubblica amministrazione e la valorizzazione delle capacità di perseguire risultati da parte della pluralità delle iniziative, si può restituire tranquillità nella scelta degli utenti che sono il soggetto importante non trascurabile.

Questo è solo una parte di quanto Marco Martini ci ha lasciato. Il riconoscerlo significa monetizzare i suoi consigli in un’ottica riconoscente, orientata e proiettata verso un futuro migliore.

Giancarlo Tettamanti

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