Si è trovato di fronte un’aula semideserta il ministro della Difesa Mario Mauro, chiamato questa mattina a presentare alla Camera dei deputati una informativa urgente sull’attentato che sabato 8 giugno ha tolto la vita del capitano Giuseppe La Rosa a Farah, Afghanistan. Un grave segnale di disinteresse da parte dei rappresentanti del popolo italiano che ha spinto il ministro a dichiarare subito una «amarezza profonda, a fronte della gravità di quanto accaduto, nel vedere questa Aula vuota». «Credo – ha aggiunto Mauro – che sia a un fatto come questo che siamo chiamati a guardare se vogliamo comprendere il nostro compito e il senso della nostra missione».
ARRESTATO L’ATTENTATORE. Nella relazione il ministro della Difesa ha rivelato ai parlamentari che l’attentatore è stato arrestato. Si chiama Walick Ahmad, è sulla ventina e ha reso «piena confessione assumendosi tutta la responsabilità» dell’attacco. Fatto che secondo Mauro smonta definitivamente l’«azione di vera e propria “guerra psicologica”» compiuta dai terroristi dopo l’assassinio di La Rosa, quando era stata diffusa «l’informazione che l’attentatore fosse un bambino di 11 anni, facendo percepire quasi un atto eroico e di partecipazione popolare». Alla Camera infine Mauro ha confermato anche «l’intendimento del governo di proseguire la partecipazione alla missione Isaf, il cui obiettivo ultimo è ormai prossimo, concludendola secondo i termini stabiliti», ovvero entro la fine del 2014.
L’INTERVISTA A TEMPI. In una intervista concessa a Tempi, che sarà pubblicata nel numero del settimanale in edicola da domani 13 giugno, il ministro Mauro risponde anche approfonditamente alle obiezioni di chi, in Italia, soprattutto in seguito a tragedie come l’omicidio del capitano La Rosa, si è abituato a «dipingere l’Afghanistan come “una guerra che non si può vincere”». Quelli che la pensano così, secondo il ministro, «dimenticano che i nostri uomini sono in Bosnia da vent’anni e da quattordici in Kosovo. La stabilizzazione richiede tempi lunghi». Benché il paese si trovi a 10 mila chilometri dall’Italia, «il conflitto afghano – spiega a Mauro a Tempi – interessa la nostra vita quotidiana. Questo deve ricordarci che né la pace, né la libertà sono gratis. Purtroppo hanno un prezzo alto e gli italiani lo stanno pagando».
BILANCIO DELLA MISSIONE. Nell’intervista il ministro trae anche un bilancio sulla missione militare del nostro paese nel regno dei talebani. Perfino dopo l’ennesima perdita italiana, secondo Mauro, sarebbe ingiusto dichiarare l’insuccesso dei nostri soldati: «Parla così chi non è stato in Afghanistan e non ha visto cosa sta avvenendo nell’ambito dell’assistenza sanitaria, delle infrastrutture, del miglioramento delle condizioni di vita delle donne, delle scuole. Tutto questo è il nuovo Afghanistan». E quello delle truppe italiane nel paese è un lavoro che «ci deve rendere orgogliosi di loro, perché li abbiamo visti spendersi al servizio della pace, e non per far la guerra. Attraverso le testimonianze di centinaia dei nostri soldati sappiamo che sono orgogliosi di ciò che hanno fatto in Afghanistan».