
“Oggi si vola!”, l’autobiografia aeronautica di Flavio Babini

Flavio Babini ci aveva abituato a una narrativa frizzante, dai toni guareschiani: questo colonnello dell’aviazione militare in pensione, già comandante del 101° gruppo, 8° stormo, presso la base di Cervia e poi effettivo del quartier generale supremo della Nato a Mons in Belgio per alcuni anni, ha saputo trasfigurare i suoi ricordi in racconti animati da personaggi intrisi di umorismo ma calati nella realtà drammatica dell’aviazione militare ai tempi della Guerra Fredda.
Il nuovo libro di Flavio Babini
In bocca al lupo, Maggiore (2015), Buon volo, Maggiore (2018) e Assalto all’Europa (2018) sono state le tappe di un esercizio di letteratura aeronautica assolutamente originale nel panorama italiano, dove il rigore delle spiegazioni tecniche e la pignoleria dei dettagli operativi non sono mai pedanti, e il linguaggio specialistico non indebolisce in nessun modo l’efficacia narrativa, anzi. Il lettore si sente più intelligente quando si accorge che riesce a capire perfettamente situazioni e operazioni di volo che dovrebbero essere comprensibili soltanto a esperti piloti.
Stavolta però Babini torna sugli scaffali delle librerie con una vera e propria autobiografia aeronautica dal titolo Oggi si vola!, che parte dal suo primo volo a 24 anni su un G 91Y, il cacciabombardiere soprannominato “Yankee” sul quale ha effettuato quasi tutti i duemila voli della sua carriera, dopo alcuni capitoli introduttivi che spiegano «Come volavano i caccia bombardieri ai tempi della Guerra Fredda» e «Come si volava al 101° Gruppo Caccia Bombardiere Ricognitore dal 1970 al 1994» e un capitoletto dove rivela che i suoi compagni del 101° stormo passarono a salutarlo in formazione a rombo (quattro aerei) a bassa quota quando era in viaggio di nozze a Ponte di Legno… Tutte le esperienze personali, tutto quello che non aveva ancora raccontato nei tre libri precedenti in forma romanzata, lo propone qui narrandolo in prima persona con una precisione che sgomenta il lettore che abbia letto distrattamente le poche righe nelle quali Babini spiega che ha tenuto un diario di tutti i voli che ha effettuato, redatto con puntualità assoluta dopo ogni missione.
Voli pericolosi e impatti sfiorati
Chi aveva l’età della ragione negli anni Sessanta-Settanta-Ottanta ricorda perfettamente il rombo lacerante e i sibili minacciosi degli aerei (G 91 Y, F 104, Tornado) in addestramento sopra le teste dei civili italiani, nelle pianure e sui monti, lungo le coste e nelle città. Pazzi (per chi li guardava dal basso) che volavano a 50 metri dal suolo, ondeggiando per adattarsi alle altitudini mutevoli, a una velocità di 200/250 metri al secondo. Quell’epoca è finita con l’invenzione delle bombe guidate, delle tecnologie stealth (antiradar), ecc. che permettono ai caccia bombardieri di operare da altezze significative e senza arrivare troppo a ridosso del loro obiettivo. Babini appartiene a quell’epoca di rischi a volte estremi, che la crescente esperienza insegnava a temperare e che uno spirito di corpo formidabile aiutava a sopportare.
L’esposizione è organizzata in quattro parti: “Voli entusiasmanti”, “Voli con imprevisti”, “Voli pericolosi”, “Volare ma non solo”. La curiosità corre immediatamente ai voli pericolosi, che si rivelano tali per circostanze impreviste e imprevedibili: un Piaggio per radiomisure dell’aeroporto di Venezia non segnalato che vola in rotta di collisione con la pattuglia di Yankee che rientravano da un’esercitazione al poligono di tiro di Maniago, proprio il giorno che la radio di bordo di Babini è in avaria, e per farlo scansare di un soffio a tutta la squadra occorre una manovra da Far West; la guida da terra che sbaglia (di fatto) a ordinare un attacco simulato contro una collina quando il velivolo è ancora troppo pesante per il carburante a bordo, e si schianterebbe nella cabrata, e il pilota che scavalca l’ostacolo per pochi metri; il mancato frontale con un Cessna che vagava nei cieli sopra Cesena comunicando a terra posizioni farlocche, evitato passando sotto non senza avere il tempo di vedere il volto terrorizzato dei due a bordo; il rischiato “tamponamento” fra formazioni a causa di mancate comunicazioni sulla velocità da tenere, anche stavolta evitato passando sotto ai velivoli dei colleghi, mentre alla torre di avvistamento il personale si getta a terra sicuro dell’impatto catastrofico.
In tutti questi casi, spiega il colonnello scrittore, ad avere salvato a lui e ad altri la vita per una questione di secondi è stato probabilmente l’addestramento come caccia bombardiere con attività Bbq (voli a bassissima quota). «Fossi stato addestrato nel ruolo intercettore, forse avrei cercato la salvezza cabrando (cioè cercando di salire di quota – ndr), ma l’esito finale sarebbe stato probabilmente diverso».
Desiderio di volare e di essere felice
Ma l’aeronautica militare non è solo questione di esperienza nel volo: si tratta anche di essere esperti in umanità, ed ecco la storia del pilota che scivola nell’alcolismo e del corale impegno di tutti gli uomini della base, dai piloti agli impiegati, a salvarlo dai suoi demoni. «Decisi di parlare separatamente con il personale di ogni categoria: armieri, crew-chief, fotografi, personale della palazzina 101 e piloti. Con ciascun gruppo dissi che nel 101 c’era un ammalato grave a causa dell’abuso di alcol, che questo giovane sottufficiale si era finalmente reso conto di essere malato ed era disposto ad iniziare una terapia che lo curasse dalla dipendenza dall’alcol. Chiesi ai Capi di categoria di segnare su un foglio i nomi di coloro che avrebbero dato la propria disponibilità a trascorrere almeno un paio d’ore ogni settimana con lui e di consegnarmelo in ufficio. Quando mi vennero consegnati i fogli con i nomi dei volontari, notai che tutto il 101 si era unito in questo gesto».
Non c’è nessun superomismo in Oggi si vola!, nessuna superbia o presunzione di avere appagato attraverso la realizzazione piena del sogno giovanile di volare sui caccia bombardieri il desiderio del cuore. «Questo desiderio realizzato di volare su un jet mi ha lasciato assetato di un desiderio di felicità più grande, espresso così bene dal poeta Giacomo Leopardi: “Il non potere essere soddisfatto da alcuna cosa terrena, né, per dir così, dalla terra intera; considerare l’ampiezza inestimabile dello spazio, il numero e la mole meravigliosa dei mondi, e trovare che tutto è poco e piccino alla capacità dell’animo mio”. Questo desiderio profondo ha un senso: Colui che ha instillato in ciascuno di noi questo insaziabile bisogno di pienezza, felicità, giustizia e bellezza, evidentemente vuole che Lo cerchiamo! E il tempo ci è dato proprio per riconoscerLo e ricambiare l’amore che ha per noi».
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