
Non ti conosco ma ti riconosco

Humanitude® è una Filosofia e Metodologia di cura ideata e sviluppata da Yves Gineste e Rosette Marescotti nel corso degli ultimi 30 anni in Francia ed esportata dapprima nei paesi di lingua francofona, quali il Canada, la Svizzera, il Belgio e il Lussemburgo. Successivamente in Portogallo e in Germania. Negli ultimi 3 anni è stata introdotta in Giappone con risultati davvero sorprendenti, considerando lo stile dei rapporti interpersonali di quella cultura. Risultati che l’hanno resa oggetto di studio universitario.
Nel 2015 è arrivata negli USA e, sempre nello stesso periodo, grazie a Emilio Sitta e Cristina Villa, è stata presentata anche in Italia.
Humanitude ® si basa sulle relazioni che uniscono gli uomini tra loro, nel rispetto dell’autonomia e dei diritti individuali e punta a ravvicinare il curante al curato in una relazione di Umanità. Trae ispirazione da un movimento filosofico sviluppatosi negli anni ’80 e ’90 che fa riferimento, tra gli altri, alla “Filosofia del soggetto” di Paul Ricœur, alla teoria e pratica dell’assistenza di matrice anglosassone – che ha avuto tra i suoi principali ispiratori Tom Kitwood con il modello di Cura Centrato sulla Persona – e all’Etica del «Care» di Carol Gilligan.
La storia della medicina e lo sviluppo dei sistemi sanitari hanno spesso rappresentato il destinatario delle cure come “oggetto” passivo delle cure stesse. In quest’ottica, la relazione di cura diventa una relazione di potere e di dominio. Soprattutto quando il paziente è fragile, vulnerabile e fisiologicamente incapace di esprimere e far comprendere i propri bisogni.
In questi casi si entra facilmente in un circolo vizioso dove le capacità motorie, cognitive, relazionali ed emozionali del curato vengono sottovalutate da parte degli operatori, inclini ad agire più “al posto” della persona che insieme ad essa.
Con i pazienti fragili il riconoscimento della manifestazione di bisogno è difficile, spesso complesso. Le
emozioni, in particolare quelle generalmente connotate negativamente come l’aggressività o l’opposizione o il rifiuto al trattamento di cura/assistenza, vengono facilmente male interpretate. Con questi malati serve una relazione !
L’aspetto problematico di questa relazione sta nel “consentire all’altro di esistere”, anche quando la sua esistenza è flebile, non si lascia afferrare e tende a spegnersi.
Sembra essere contro “il sentire comune” l’accettare che la persona anziana possa esercitare il legittimo diritto di rifiutare un atto di cura.
Serve una nuova consapevolezza della dignità dell’altro. Nei nostri sistemi sanitari, chi eroga l’assistenza è solitamente una persona con un profilo professionale tecnicamente qualificato, ma poco riconosciuto socialmente e poco preparato ad un rapporto che entra, inevitabilmente, nella sfera più intima e fisica con un proprio simile (nel senso di altro essere umano) che, inoltre, è fragile, dipendente ed estremamente vulnerabile.
La persona anziana diventa così un corpo da lavare, un servizio da espletare, un segno da riportare su una scheda! Humanitude® propone un cambio di paradigma.
Un nuovo modello metodologico, concreto e ampiamente applicabile, che prevede l’attenzione e la ricerca continua del senso e del valore degli atti di cura erogati.
OBIETTIVO
Lo scopo della metodologia è trasformare, modificandolo, “lo sguardo-percezione” dei curanti sulla
persona anziana oggetto delle loro cure, in modo da modificare permanentemente la relazione e, di conseguenza, le azioni di cura. Da oggetto di cura, il paziente diventa persona di cui prendersi cura!
Humanitude ® persegue l’obbiettivo di sviluppare nei caregiver il rispetto assoluto della vita e della dignità della persona, mettendola al centro del percorso di cura, all’interno di un processo che tenga conto di bisogni, abitudini, caratteristiche individuali, interessi di vita, desideri, aspettative, motivazioni dell’essere umano.
Nel contempo, sviluppa nei caregiver una riflessione critica sulla consapevolezza del proprio ruolo, delle proprie attitudini e sul livello di cura erogato, che deve essere coerente con lo stato di salute e con gli obiettivi complessivi sul curato.
La metodologia di cura è particolarmente efficace quando la malattia compromette l’autonomia e rende
difficile l’instaurarsi della relazione, il contatto fisico e di, conseguenza, gli atti di assistenza alla persona. Si focalizza principalmente sulle persone affette da deficit cognitivi, in particolare della memoria, tipo Demenza Senile, di cui l’Alzheimer è la forma più nota e diffusa.
Il 90% degli stati comportamentali “difficili” per i caregiver, si manifestano attraverso agitazione e
aggressività verbale e/o fisica. Maggiormente in quelle situazioni di vita quotidiana connesse all’intimità della persona: bagni/docce, lavaggio dei capelli, toilette orale e intima, abbigliamento. Oppure durante
l’applicazione di atti costrittivi, come ad esempio la contenzione. Sovente si tratta di atti utili, ma che vengono percepiti dal malato, non in grado di elaborare la situazione oggettiva, come atti imposti, quindi invasivi, aggressivi.
Situazione che pone sul tavolo la questione del rispetto della dignità e dell’autonomia di scelta della persona.
Per cambiare questa equazione bisogna cambiare i fattori.
Il metodo Humanitude ® di fatto agisce sui cosiddetti “buchi neri” del processo di cura e assistenza
quotidiana. Aspetti della cura geriatrica che vengono trattati superficialmente, se non completamente
trascurati, nei percorsi di formazione tradizionale e che incidono sul ben-essere (bien-etre) del paziente e del curante stesso. Secondo Humanitude ® infatti, quando uno dei due soggetti della relazione soffre, significa che siamo davanti a una scarsa comprensione del giusto livello di cura e alla mancanza di un contatto emozionale.
Ogni essere umano è unico. Egli porta in sé valori morali e spirituali e ha diritti quali l’indipendenza,
l’autonomia, l’appartenenza al genere umano, la libertà di interazione o aggregazione con un certo gruppo di persone. Il modo in cui egli viene guardato, toccato, il modo in cui si interagisce con lui, deve essere rispettoso delle sue regole sociali, della sua storia, dei suoi bisogni, dei suoi desideri e delle sue aspettative. Della sua dignità!
Il pieno e libero consenso al rapporto con l’altro è dunque alla base di ogni relazione umana,
compresa la relazione assistenziale. La persona anziana, quando diventa particolarmente vulnerabile – malattia o handicap – spesso non è più in grado di trasmettere all’altro questo sentimento di appartenenza, non può riconoscere l’altro e non è, specularmente, riconosciuto dall’altro come proprio simile.
Non può più esprimere fisicamente il suo stato di umano: non guarda più, non parla più, non tocca più. Di conseguenza, involontariamente, l’operatore tende ad agire con lui allo stesso modo: non lo guarda più, non gli parla più, non lo tocca più, se non per scopi prettamente “pratici”. Ciò rinforza il senso di perdita della propria identità.
Grazie alla Formazione si possono apprendere ed applicare nuove modalità di inter-relazione. Occorre
dunque mantenere vive queste relazioni reciproche e interdipendenti, integrandole con le nuove ricerche della neuroscienza; per esempio quelle sui deficit dell’attenzione divisa o sulla persistenza della memoria emozionale.
LE BASI DELLA METODOLOGIA
L’applicazione del metodo si regge su 4 pilastri fondamentali: lo Sguardo, la Parola, il Tocco (pilastri
relazionali) e la Verticalità (pilastro esistenziale/dell’identità). Si arriva al loro pieno sfruttamento attraverso l’applicazione della “Cattura Sensoriale® ” e all’utilizzo di tecniche definite dagli autori come “Manutenzione Relazionale® “.
L’attività di “care” va sempre erogata nel rispetto delle “Regole dell’Arte” specifiche di ogni professione
Indipendentemente dalla natura del disagio. L’assistenza Humanitude® si sviluppa in 4 tempi specifici: I Pre-Preliminari, I Preliminari, il Riaggancio Sensoriale (che prevede strategie di auto-feedback e di diversione con persone che hanno problemi cognitivi o limitate capacità nel decodificare nuove informazioni) e, infine, il Consolidamento Emozionale.
Grazie a questi nuovi strumenti e modalità di azione è possibile ottenere il consenso del curato all’atto di cura/assistenza (che cresce oltre l’80%), aumentare la soglia di tolleranza del dolore e di tutte le cure percepite come invasive e sgradevoli. I “nuovi atti di cura” consentono di rassicurare e motivare la persona curata ad interagire, favoriscono il crearsi di un clima di benessere anche nel personale curante e la capacità di valorizzare l’atto di cura in sé. Il tempo trascorso con la persona oggetto della cura diventa un momento di incontro e di relazione positivo.
Con una serie di atti precisi e finalmente consapevoli, il curante imprime nella memoria emozionale della persona curata una traccia positiva che, ripetuta quotidianamente, resta presente per lungo tempo. I comportamenti patologici “disturbanti” si riducono così in modo significativo anche nel resto della giornata. Si attua in questo modo un “deposito emozionale positivo” quotidiano a cui attingere alla bisogna.
L’APPLICAZIONE DELLA METODOLOGIA
In sintesi il programma del percorso di formazione dei caregiver in struttura di ricovero prevede 3 fasi principali:
1) Presentazione dei concetti fondanti della metodologia (la base filosofica e storica)
2) Selezione degli ospiti cosiddetti “difficili”, scelti secondo la valutazione dei curanti
3) Apprendimento tramite esercitazione e applicazione diretta sull’ospite prescelto delle tecniche Humanitude® sperimentate
Il momento per la sperimentazione-formazione pratica è la toilette del mattino.
Questa attività è riconosciuta come la fase più delicata delle cure ed è determinante per la reale presa in cura efficace dell’ospite. Rappresenta il contesto d’elezione per l’applicazione e la verifica immediata dei risultati, ottenibili da ogni operatore che utilizzi il nuovo approccio. La valutazione di questo atto di cura, carico di significati intimi ed emozionali, spesso banalizzato e svuotato di senso, costituisce il cuore del progetto individualizzato sull’ospite e diventa un momento specifico all’interno del PAI (Piano di Assistenza Individualizzato) di ciascun paziente, che ogni struttura di ricovero accreditata deve predisporre per legge.
Grazie a questa pratica quotidiana, non più attuata in modo ripetitivo e sbrigativo, il personale curante diventa responsabile del miglioramento delle condizioni di vita dell’anziano, oltre che del proprio benessere lavorativo e personale.
La metodologia Humanitude® aiuta infatti l’operatore, qualunque sua il suo ruolo professionale, a riflettere, a essere flessibile, ad adeguarsi ai bisogni degli ospiti, ad abbandonare uno stile professionale stereotipato e a individualizzare il trattamento migliore, mirandolo proprio su quella persona, con la sua storia di vita, le sue abitudini e i suoi disagi, accettando ritmi, tempi e modalità adeguati alla situazione.
Inoltre lo abitua a lavorare in equipe, a riconoscere e a condividere col gruppo i risultati positivi e non,
interrogandosi sui possibili perché e le possibili azioni correttive.
GLI OBIETTIVI DI C&P (Care & Prevention)* PER L’ITALIA
C&P è impegnata in attività di scambio e collaborazione con il mondo dell’assistenza socio-sanitaria professionale pubblica e privata, affinché questa nuova, efficace e immediatamente fruibile innovazione in campo assistenziale, che ha l’inconfutabile pregio di non utilizzare strumenti terzi se non l’interazione umana (a differenza delle pur importanti attività di pet/doll/arte/musica-terapia), possa essere implementata in tempi brevi sul territorio italiano.
Un territorio che continua a evidenziare alcune forti criticità in questo campo specifico dell’assistenza geriatrica e che richiede un cambiamento partendo dal basso. Non per decreto!
Un cambiamento positivo che con Humanitude® può essere attuato rapidamente e permanentemente grazie al fatto che affonda le sue radici e crea le fondamenta direttamente alla base: gli operatori.
I corsi Humanitude® sviluppano una nuova consapevolezza in tutte le figure professionali coinvolte, le quali “risvegliate” e rese consapevoli della loro enormi potenzialità nella risoluzione del problema, si attivano autonomamente per implementare il cambiamento. Il passaggio avviene naturalmente, perché essi comprendono che è sia per il loro bene che per quello dei loro assistiti.
Un obiettivo importante sarebbe quello di realizzare un test nazionale allargato coinvolgendo un certo numero di strutture di varie regioni d’Italia, avendo la supervisione di un organo accreditato (es. Università), come avviene in altri Paesi in cui Humanitude è praticata, che possa valutare e confermare scientificamente le ricadute positive della metodologia anche da un punto di vista economico (savings) per il sistema sanitario Nazionale.
C&P e IGM International, nelle persone di E.Sitta e C.Villa, sono a disposizione per approfondimenti, progetti mirati e/o per la condivisone dei risultati ottenuti con Humanitude® in altri Paesi europei ed extra-europei.
*NB: Care & Prevention non è una realtà giuridica. E’ la definizione di una mission personale di ES e CV.
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