La politica chiede nuova linfa vitale per uscire dalla stretta autoreferenzialità che gli ultimi governi gli hanno imposto. Così, mentre prende forma un imminente “fallimento tecnico” – con uno spread sopra i 470 punti e un Mario Monti sempre più restio ad abbandonare la linea dell’imposizione fiscale – c’è chi ha un’idea diversa della politica, e si mette in gioco. È un movimento giovane che ha molti voci diverse. Oggi, tempi.it ha voluto intervistare Giacomo Zucco, portavoce del Tea Party Italia.
Che cos’è il Tea Party?
Il movimento Tea Party potrebbe essere definito come una “piattaforma” tematica, trasversale e a-partitica, incentrata sulla questione fiscale. È nato come movimento di protesta, ma si è presto trasformato in un network di proposte e, soprattutto, di vigilanza e pressione sulla politica. Le proposte in questione variano enormemente – ogni gruppo locale le elabora in autonomia – ma la direzione è sempre una sola: meno tasse, meno Stato, più individuo, più società, più libertà. Tuttavia, in questo momento di grave crisi, le proposte di piccole riforme specifiche, pure importanti, cedono il passo alla questione fondamentale: abbassare la pressione fiscale, record in Europa e nel mondo e veleno che sta uccidendo il tessuto economico del paese. Per fare questo è necessario tagliare la spesa. Innanzitutto quella relativa agli interessi passivi sul debito, che può essere controllata riducendo lo stock grazie all’immenso patrimonio pubblico, sia di immobili sia di partecipazioni (con il notevole “effetto collaterale” di ridurre anche sprechi e corruzione, che aumentano proporzionalmente con la dimensione del perimetro pubblico). E poi anche la spesa corrente, tramite un taglio deciso agli sprechi.
È sicuramente così: la fisiologica passione politica delle giovani generazioni veniva tradizionalmente “assorbita” all’interno dei partiti tradizionali. Ora che quest’ultimi non sono più credibili, è chiaro che il fermento si rivolge all’esterno, al nuovo, al diverso. Anche se spesso i contenuti economici effettivi di questi “movimenti per il cambiamento” sono all’insegna della massima conservazione dell’esistente (come nel caso dei grillini).Il Tea Party ha in mente proposte concrete per i giovani in politica?
Il dibattito sui “giovani in politica” non ci riguarda direttamente, ma siamo vicini a tutti quei politici che intendono ridurre il peso dello Stato, giovani o anziani che siano; siamo invece contrapposti a chi – la stragrande maggioranza, purtroppo – intende accrescere quel peso, giovani o anziani che siano. Detto questo, è chiaro che molte tematiche care al nostro movimento tocchino in particolare le nuove generazioni e trovino quindi una maggiore attenzione da parte di politici giovani: penso ad esempio al tema della “truffa” pensionistica statale, o a quello del debito pubblico (una tassa che il governo impone sui sudditi di domani per pagare gli sprechi di oggi).Il Pdl farà le primarie. Secondo lei, quale candidato avrà maggiori possibilità di successo?
Uno degli obiettivi del movimento Tea Party, in Italia così come nel resto del mondo, è di influire sulla politica in senso anti-statalista. Se la politica è aperta alle istanze della società, come ad esempio negli Stati Uniti, questa pressione si può esercitare; se invece è impermeabile ed autoreferenziale, come da noi, è una battaglia quasi impossibile. Non è un caso che tutte le nostre principali operazioni volte ad influenzare la politica (pledge ai candidati, mozioni, interrogazioni, ecc.) sono rimaste all’interno dell’ambito dei Comuni, dove le dimensioni ridotte e il sistema elettorale a preferenza garantiscono una responsabilizzazione maggiore dei politici. In questo senso, noi siamo favorevoli a tutte le riforme che rendono la politica più “influenzabile” e il nostro compito è più facile: primarie, preferenze, collegi ridotti, eccetera.Si aspetta un ribaltone di Silvio Berlusconi?
Non saprei: il personaggio è per sua natura imprevedibile e dotato di risorse infinite. Ma di sicuro la sua “rivoluzione liberale” è stata un fallimento. E nel caso delle ultime manovre tremontiane e del sostegno al governo tecnico “delle tasse”, il fallimento si è trasformato in una vera e propria crudele presa in giro. Di conseguenza, l’unico effetto di un tale ribaltone sarebbe quello di far cadere il governo Monti: non certo quello di recuperare al Pdl una credibilità oramai (meritatamente) distrutta, o un’improbabile verginità. Tutti coloro che si oppongono alla rapina fiscale, di sicuro, si oppongono al pessimo governo Monti: vediamo quindi con favore la possibilità che il parlamento lo sfiduci. Ma di sicuro non siamo disposti a dimenticare chi lo ha sostenuto finora, e chi ha sostenuto il pessimo ministro Giulio Tremonti, sulla cui linea politica (tassa&spendi) il professore bocconiano si pone con assoluta continuità.