«Anche il Vaticano innervosiva la gerarchia nazista. Dopo il messaggio di Papa Pio XII del Natale del 1942, l’ufficio di Berlino responsabile della deportazione degli ebrei (l’ufficio principale per la sicurezza del Reich) annotò in modo irato: “In una maniera mai conosciuta prima, il papa ha ripudiato il nuovo ordine europeo del nazionalsocialismo… qui egli sta virtualmente accusando il popolo tedesco di ingiustizia verso gli ebrei e si rende portavoce dei criminali di guerra ebraici”»: così ha scritto il noto storico ebreo Martin Gilbert nel suo prezioso studio pubblicato con il titolo I giusti. Gli eroi sconosciuti dell’Olocausto (pag. 345).
Sta già suscitando polemiche il film di Liana Marabini di prossima uscita dal titolo Sfumature di verità incentrato sul ruolo di Pio XII come salvatore di migliaia di ebrei durante la seconda guerra mondiale. Come sarà il film, se storicamente attendibile o fantasiosamente costruito, nessuno per ora può affermarlo e, del resto, poca importa, poiché qui si cercherà di comprendere il concetto di base su cui il film sembra essere fondato: cioè il fatto per cui è storicamente falso che il Vaticano in genere e Pio XII in particolare abbiano, eufemisticamente, sonnecchiato durante l’olocausto degli ebrei.
Il tema storico del ruolo di Papa Pacelli nel salvataggio di migliaia di ebrei è divenuto, tramite rocambolesche dinamiche sapientemente orchestrate dal KGB nella seconda metà degli anni ‘60, un caso di vero e proprio negazionismo, in quanto si nega, aprioristicamente, e contro gli studi degli storici, che Pio XII abbia effettivamente salvato migliaia di ebrei. Di ciò erano consapevoli proprio gli stessi ebrei che più volte hanno avuto modo di esprimere la propria riconoscenza, finché il pontefice era in vita, per il tramite di alcuni noti esponenti o eclatanti fatti.
Non si può non ricordare, infatti, che il 26 maggio del 1955 la Filarmonica d’Israele, composta da ben novantaquattro professori d’orchestra provenienti da 14 Paesi europei, si recò in Vaticano per eseguire le opere di Beethoven come ringraziamento rivolto al Papa Pio XII per le vite proprie e dei parenti degli orchestrali salvati durante la guerra in tutta Europa. Il direttore d’orchestra Paul Kletzki ebbe a precisare che l’incontro musicale si svolgeva «in riconoscenza della grandiosa opera umanitaria compiuta da Sua Santità per salvare un gran numero di ebrei durante la seconda guerra mondiale».
Il Console israeliano a Milano Pinhas Lapide, dal canto suo, dichiarò al quotidiano francese Le Monde nel dicembre del 1963: «Posso affermare che il Papa personalmente, la Santa Sede, i nunzi e tutta la Chiesa cattolica hanno salvato dai centocinquantamila ai quattrocentomila ebrei da morte certa. Quando fui ricevuto a Venezia da Monsignor Roncalli, che doveva più tardi divenire Giovanni XXIII, e gli espressi la riconoscenza del mio Paese per la sua azione in favore degli ebrei, al tempo in cui era nunzio ad Istanbul, mi interruppe a più riprese per ricordarmi che ogni volta egli aveva agito su preciso ordine di Pio XII».
Alla morte di Pio XII, nell’ottobre del 1958, un telegramma di Golda Meir così recitava: «Condividiamo il dolore dell’umanità per la morte di Sua Santità Pio XII. In una generazione afflitta da guerre e discordie egli ha affermato gli altissimi ideali della pace e della pietà. Durante il decennio del terrore nazista, quando il nostro popolo è stato sottoposto a un terribile martirio, la voce del Papa si è levata a condanna dei persecutori e a pietà per le loro vittime. La vita del nostro tempo è stata arricchita da una voce che esprimeva le grandi verità morali al di sopra del tumulto dei conflitti quotidiani. Noi piangiamo un grande servitore della pace».
A parte questo, come nota lo storico e giornalista Paolo Mieli, mentre avvenivano le deportazioni e gli eccidi «chi ricordiamo, durante la seconda guerra mondiale, tra le personalità ostili al nazismo, che abbia levato la sua voce contro le persecuzioni antisemite nella maniera in cui si rimprovera al Papa di non aver fatto? Io non ne conosco. Anche nel campo dell’antifascismo». Se la parola dello storico Paolo Mieli, cioè di chi confessa di parlare per «quella parte di sangue ebraico che corre nelle mie vene», non fosse ancora sufficiente, le seguenti dichiarazioni potrebbero esserlo.
Nel 1944 il Gran Rabbino di Gerusalemme Isaac Herzog espresse pubblicamente la sua gratitudine: «Il popolo d’Israele non dimenticherà mai ciò che Pio XII e i suoi illustri delegati, ispirati dai principi eterni della religione che stanno alla base di una autentica civiltà, stanno facendo per i nostri sventurati fratelli e sorelle nell’ora più tragica della nostra storia. Una prova vivente della divina provvidenza in questo mondo».
Nell’ottobre del 1958, alla morte di Pio XII, lo stesso Elio Toaff ebbe a dire: «Abbiamo avuto l’opportunità di sperimentare la grande compassione e la grande generosità di questo papa durante gli anni della persecuzione e del terrore».
Il 15 ottobre del 1944 il Commissario Straordinario delle Comunità Israelitiche di Roma, Silvio Ottolenghi, così esternava la verità storica che i rabbini, gli ideologi ed i demagoghi di oggi cercano di nascondere: «Migliaia di nostri fratelli si sono salvati nei conventi, nelle chiese, negli extraterritoriali. In data 23 luglio ho avuto l’ordine di essere ricevuto da Sua Santità al quale ho portato il ringraziamento della comunità di Roma per l’assistenza eroica ed affettuosa fattaci dal clero attraverso i conventi ed i collegi. Ho riferito a Sua Santità il desiderio dei correligionari di Roma di andare in massa a ringraziarlo. Ma tale manifestazione non potrà essere fatta che alla fine della guerra per non pregiudicare tutti coloro che al nord hanno ancora bisogno di protezione».
Nell’ottobre del 1943, del resto, l’Osservatore Romano scriveva che il Pontefice era pronto ad estendere «la sua paterna sollecitudine su tutti gli uomini senza distinzione di razza, di nazionalità, di religione»; il Papa, in sostanza, avvisava tutti che avrebbero trovato riparo presso le istituzioni cattoliche. Subito dopo, infatti, le suore di Nostra Signora di Sion in via Garibaldi, i frati di San Bartolomeo all’Isola, i religiosi di Santa Maria Maggiore, San Paolo fuori le mura ed altre decine di parrocchie e conventi, aprirono le porte agli ebrei e a tutti coloro che cercavano rifugio dalle persecuzioni naziste a Roma. A San Giovanni in Laterano trovarono rifugio persino gli anti-fascisti Nenni, Saragat, Bonomi, Segni, De Gasperi e anche il noto giurista e socialista Giuliano Vassalli.
Il Papa “taceva” a parole, ma nei fatti fu operosissimo, e, come conferma lo storico Antonio Spinosa, «agiva dietro le quinte».
Lo stesso don Luigi Sturzo, esortato dal World Jewish Congress ad intercedere presso il Papa affinché Questi scomunicasse Hitler, rispose: «Elisabetta regina d’Inghilterra e Napoleone, sebbene fossero stati scomunicati, non cambiarono rotta. Temo che Hitler risponderebbe alla scomunica uccidendo un maggior numero di persone, a cominciare dagli ebrei».
Su questa linea era perfino uno dei Procuratori del Processo di Norimberga, di origine ebraica, Robert Kempner, che nel 1964 così dichiarò: «Qualsiasi presa di posizione propagandistica della Chiesa contro il governo di Hitler sarebbe stata non solamente un suicidio premeditato, ma avrebbe accelerato l’assassinio di un numero ben maggiore di ebrei e sacerdoti».
Sorprende, dunque, che quanti si scandalizzano per il negazionismo sull’olocausto, spesso, siano gli stessi disposti a credere e arrendersi al negazionismo che coinvolge la persona e l’opera di Pio XII.
Le testimonianze e gli esempi potrebbero continuare a lungo, ma, per questioni di spazio, è meglio concludere qui, del resto, si suppone s’imponga da sé oramai quanto ideologica ed anti-storica sia la voce di coloro che, ebrei o non ebrei, rabbini o non rabbini, cattolici o anti-cattolici decidano di calunniare la persona e l’operato di Pio XII che, per usare ancora le parole di Mieli, «forse è stato il Papa più importante del Novecento».