Se fossi stato un leader dei movimenti Lgbt (lesbiche, gay, bisessuali, transgender) ma anche solo un semplice militante, sarei subito corso a Napoli. Avrei portato dei fiori a quel ragazzo di 14 anni e poi avrei sottoscritto un manifesto di solidarietà. Vincenzo è stato violentato e gonfiato con un compressore d’aria per farlo esplodere, essendo considerato un ciccione. Questa azione ha una sua logica: portare all’estremo la sua diversità corporale. Una vigliaccata infame, condannata ovviamente da tutti. Però questo atto non è eversivo nella filosofia collettiva. Neanche stavolta qualcuno si è alzato a dire: essere grasso è un diritto, gli obesi aggiungono un fiore profumato al bouquet dell’umanità. Nessuno dice in tv di punire i grassi, ma educarli senz’altro sì, redimerli, costringerli a una penitenza.
Dunque, la orribile sevizia contro Vincenzo è stata semplicemente una esagerazione barbarica. Certe cose non si fanno. Non si gonfiano le persone. Ma ritenere che Vincenzo sia sbagliato nessuno lo mette in dubbio: è un pensiero avallato dalla scienza, dall’igiene e pure da Michelle Obama.
I violentatori di Vincenzo, che l’hanno quasi ucciso, in fondo sono “compagni che sbagliano”, ma la loro idea è progressista. Come le Brigate rosse per certi comunisti, che ne discutevano i metodi ma non il giudizio storico e morale.
I grassi sono gente che pesa sul prossimo, persone malate, perché l’obesità è una malattia, per di più provocata dalle proprie intemperanze. Questo circola sui media. Gli obesi escono dai canoni di ciò che il pensiero unico ritiene accettabile.
E qui vengo alla questione riferita alle persone Lgtb. Non perché tocchi a loro essere i primi a solidarizzare con chi subisce offese perché ha caratteristiche fisiche che i cretini deridono: tocca a tutti. Ma per la vicinanza nella questione della diversità.
Il fatto di Napoli segnala un fenomeno gravissimo di discriminazione. Si chiama lipofobia. So che paragonarla alla omofobia è scorretto. Ogni cosa ha la sua essenza. Ma la gravità di una discriminazione cresce quando non è percepita come fatto odioso. Una volta era così per i gay. Lo resta per gli obesi e i nani. Il dolore della discriminazione non è meno forte, e neppure la violenza che viene dispensata. Ed è un’indecenza a qualsiasi livello.
Al ministro della Salute del Belgio, Maggie De Block, si vuol togliere il posto perché molto grassa. Non sarebbe un buon esempio. Siamo lì. Alla discriminazione corporale. Non è molto diversa da quella dei gay. Noi infatti siamo un corpo, il corpo non è una scarpa che indossiamo e possiamo cambiare. Così la nostra psiche siamo noi. Il sentimento di noi stessi siamo noi.
In questo senso è importante che le leggi che si stanno discutendo sulla discriminazione non creino anche in questo campo cittadini la cui discriminazione è considerata di serie A, come quelle riferite alla identità di genere, e altre di serie B, come quella di religione e colore della pelle, altre ancora, determinate da obesità e altri aspetti fisici, di serie C.
Purtroppo temiamo andrà così: il mainstream intellettuale, la porzione di società più evoluta e ricca, ha acquisito la cultura gender, per cui la differenza sessuale è un puro dato convenzionale e sentimentale, e coloro che difendono l’unicità della famiglia naturale si pensa vadano segregati e perseguiti, se non con i tubi d’aria compressa, con appositi articoli di legge, come poveri ciccioni del pensiero obeso e malsano da educare. Questo è il senso della legge sull’omofobia firmata Scalfarotto. In nome dell’antidiscriminazione, discrimina.
Intanto si rifletta anche legislativamente su un fatto. Se l’attenzione sacrosanta ma forse esclusivista contro l’omofobia, non finisca per rendere veniali e dunque accettabili le altre forme di discriminazione.