Articolo tratto dall’Osservatore romano – Odio e violenza in Terra santa. Una tredicenne israelo-statunitense, Hallel Yaffe Ariel, è stata accoltellata e uccisa ieri sera da un palestinese che era riuscito a penetrare nella sua abitazione in un insediamento vicino a Hebron, in Cisgiordania. L’attentatore aveva 17 anni. Dopo l’agguato il giovane è fuggito, ferendo una guardia prima di essere intercettato e ucciso egli stesso dalle forze di sicurezza. E questa mattina, sempre a Hebron, una donna palestinese è stata uccisa dopo aver aggredito un poliziotto israeliano.
Il premier Benjamin Netanyahu, insieme a tutto il Paese, ha definito l’uccisione di Hallel Yaffe Ariel «un omicidio orrendo». Mi aspetto — ha sottolineato Netanyahu — «che la leadership palestinese condanni chiaramente, senza equivoci, questo orrendo omicidio e prenda immediati provvedimenti per fermare l’istigazione». L’assassinio di una ragazza nel suo letto — ha aggiunto al termine di una riunione di emergenza con il ministro della Difesa Avigdor Lieberman — «sottolinea la sete di sangue e l’inumanità dell’istigazione indotta nei terroristi che abbiamo di fronte».
Dura condanna anche dal dipartimento di Stato americano: il portavoce John Kirby ha parlato di «un’aggressione immorale» e ha condannato «nel modo più duro questo ignobile attacco terroristico».
I fatti di Hebron rischiano di compromettere seriamente gli sforzi che la comunità internazionale sta facendo per riportare israeliani e palestinesi al tavolo dei negoziati diretti. Una possibilità che lo stesso presidente israeliano, Reuven Rivlin, nella sua recente visita a Bruxelles, aveva mostrato di guardare con favore.
E a conferma del clima di violenza senza senso che in queste ore caratterizza tutta la regione, c’è anche la notizia dell’uccisione nel Sinai di un sacerdote copto. Stando a fonti della stampa locale, padre Rafael Moussa sarebbe stato raggiunto da colpi di arma da fuoco dopo aver tenuto una celebrazione nella chiesa di Mari Girgis.
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