L’orienteering è uno sport d’origini nordeuropee diventato popolare in Italia solo negli ultimi anni. È una forma di divertimento molto semplice. Non occorrono strumenti particolari per praticarlo: bastano una bussola e una mappa geografica dettagliata della zona dove s’intende esercitare questo sport. Come si pratica? Ci si reca in un luogo qualsiasi – in montagna, in un bosco, o in una zona impervia – e si decide un percorso seguendo solo le indicazioni della cartina e della bussola. L’orienteering viene anche praticato a livello agonistico, pur restando uno sport sano che permette di entrare in contatto con la natura; si può praticare tra amici, in famiglia, o anche solo come passatempo; non è pericoloso, ma è per tutti un ottimo svago e un esercizio d’orientamento (lo dice la parola stessa). Sono tanti i modi che ci permettono d’orientarci nella realtà che ci circonda. Lo psicologo Taylor Hartman, ad esempio, pensa che sia possibile classificare le persone in base a un colore dominante nella personalità di ciascuno. Il suo libro “Il codice dei colori”, infatti, si propone come guida per riconoscere la “tonalità” dominante in sé e negli altri. Saperlo, secondo Hartman, è fondamentale per valorizzare i punti di forza del carattere, superare le debolezze, scegliere la carriera più adatta e migliorare le relazioni interpersonali. Ognuno può riconoscere il proprio colore: il tipo Rosso detiene il potere, il Blu ama fare il bene, il Bianco mantiene la Pace e il Giallo ama divertirsi. Ogni “colore” ha pregi e difetti in ambito professionale, come genitore, o come partner, ma questo libro svela cosa occorre fare, o non fare, per farsi degli amici d’ogni “colore”. Ampio spazio è dedicato ai rapporti tra le persone di ogni “sfumatura”, così come al modo in cui ciascuno può ottenere il massimo dalle proprie potenzialità. Un po’ di sano orienteering farebbe bene anche all’autore del libro: per capire le persone, anziché applicare la cromoterapia, basterebbe parlarci. Ma lui vuole solo vendere un libro.
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
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Emanuele Boffi