Non hanno avuto conseguenze negative soltanto sul piano economico le sanzioni occidentali alla Russia. La risposta di Stati Uniti e Unione Europea alla crisi in Ucraina ha avuto anche un altro effetto: aver dato un nuovo pretesto ai nazionalisti e nostalgici della “Grande Russia” di arroccarsi su posizioni ancora più estreme. Lo dimostra anche l’ultimo sondaggio pubblicato dall’Associated Press, che vede l’81 per cento dei russi assicurare incondizionato sostegno al presidente Vladimir Putin nonostante il crollo del rublo.
TUTTI CON PUTIN. Già lo scrittore russo di origini ucraine Vladimir Féderovski aveva spiegato, in un’intervista a Le Figaro, come «le sanzioni hanno fatto nascere in Russia un’ala nazionalista molto più radicale di Putin». Una fazione che, secondo colui che è considerato l’ideatore della Perestrojka, «esercita una forte pressione sul governo e ha portato all’emarginazione dell’opposizione liberale e favorevole all’occidente». Ora, però, a spingersi sempre più verso queste posizione nazionaliste radicali è la popolazione. Spiega Maria Lipman, analista indipendente dal governo, all’Ap: «I russi avvertono di essere sotto sanzioni e si sentono come una fortezza sotto assedio».
UNA SITUAZIONE COMPROMESSA. Insomma, si va sempre più verso una situazione compromessa. E se certamente Putin ha le sue responsabilità, d’altro canto non vanno dimenticate quelle occidentali, europee e americane. Lo aveva spiegato bene in un’intervista a Tempi John Mearsheimer, professore di scienze politiche all’Università di Chicago ed esponente della scuola realista: «L’escalation del conflitto militare ha fatto sfumare l’occasione di fare dell’Ucraina uno stato neutrale, sul modello della Finlandia dopo la Seconda Guerra mondiale. Sarebbe stato un passo credibile, avrebbe risparmiato sofferenze e credo sarebbe stato nell’interesse dell’America, dell’Unione Europea e della gente che è scesa in piazza contro Mosca. In uno stato neutrale l’Occidente avrebbe avuto molti più strumenti di persuasione per propiziare l’apertura economica e la crescita di istituzioni democratiche più solide. Il conflitto è la soluzione peggiore per gli ucraini europeisti e per l’America, questo è il paradosso di una guerra nata come conseguenza dell’espansione occidentale in Russia».