L’Italia è davvero il paese più corrotto d’Europa? Anche se lo fosse, le cifre che ha fornito l’Unione Europea nel suo primo rapporto sul tema sono completamente campate in aria. Lo dimostra oggi Renato Brunetta, sul Giornale. Il documento, spiega Brunetta, è «fazioso ed evanescente dal punto di vista scientifico», di «un compitino che dovrebbe essere bocciato al liceo». Un documento contenente dati palesemente falsi che la commissione affari interni guidata da Cecilia Malmstrom ha trasmesso al Consiglio e al Parlamento europeo ottenendo immediata visibilità sui giornali italiani.
DATO TAROCCATO. Basta un solo dato, frutto di un errore imbarazzante, per far capire quanto sia stato approfondito lo studio della commissione affari interni europea. «I 60 miliardi quale costo della corruzione in Italia», spiega Brunetta, «sono una menzogna riproposta dal gennaio 2008». Qualcuno trasformò un dato della Banca Mondiale del 2004 riferito al mondo, nel dato riferito all’Italia nel 2008. Possibile che ha Bruxelles nessuno se ne sia accorto? Da quell’errore «il 3 per cento del pil mondiale quale costo stimato della corruzione (mondiale, ndr)», spiega Brunetta, diventa inspiegabilmente «il 3 per cento del pil italiano quale costo della corruzione (italiana, ndr), cioè 60 miliardi». Applicarlo nel 2013, come ha fatto la Commissione europea è ancora più ridicolo, perché «il nostro pil è sceso a poco più di 1.600 miliardi, e dunque siamo a 48-49 miliardi». Una cifra, comunque, priva di ogni rilevanza scientifica.
ITALIA? MENO CORROTTA. Quanto sia ridicola la conclusione della Commissione europea, secondo Brunetta, lo dimostrano due paragrafi nelle prime quattro pagine. Il dato reale della corruzione in Italia è «pari alla metà della media europea (2 per cento contro il 4 per cento). È solo il dato sulla corruzione percepita a essere «più elevato di 1/3 (42 per cento contro 26 per cento) della media». Perché questa discrepanza? La risposta è elementare. La percezione è un dato soggettivo. Dunque gli italiani pensano che l’Italia sia molto corrotta, anche se il dato reale dimostra il contrario. Forse perché, «a forza di strillare» contro la politica, osserva Brunetta, «la gente finisce con il crederlo».
C’è da aggiungere, prosegue Brunetta, che l’indice di percezione della corruzione, stilato ogni anno da Trasparency International, non è un dato certo. «Il professor Lamsdorf dell’università di Passau, inventore dell’indice – spiega Brunetta – nel 2009 scrive che l’indice non è più rappresentativo e che per questo lascia Transparency». Inoltre, in un suo documento, anche «l’Ocse nel 2010 mette in guardia rispetto all’utilizzazione di questo indice».