Fiat meno 35 per cento. È il dato delle immatricolazioni di marzo rilevato in Italia per il gruppo torinese. Il mercato dei gruppi concorrenti non va meglio in Italia: meno 26 per cento (vedi i dati di vendita). Le vendite realizzate da Fiat nel Belpaese non lasciano tranquilli e Sergio Marchionne sembra aver sbagliato politica manageriale. Sembra, ma non è così. Come va Fiat all’estero?
Nell’area Euro (vedi tabella) il mercato dell’automotive è controtendenza rispetto al resto del Vecchio Continente. Infatti, se da una parte si registra una perdita del 10,7 per cento, dall’altra le vendite sono in aumento (+3,4 per cento).
I valori schizofrenici appena osservati vanno analizzati nei contesti di riferimento. Marchionne è lo stesso a Detroit come a Torino, ma la differenza la giocano i singoli mercati in cui opera. L’ad del Lingotto ha spiegato i dati italiani dicendo che «il problema è la domanda. Non criticate le vendite della Punto».
Da quali elementi è influenzata la domanda? Dalle politiche economiche dei governi. Facile deduzione: in Eurolandia qualcosa non funziona molto bene, tanto che nei paesi in cui si adotta la moneta unica europea il mercato dell’automotive sta collassando.
Un motivo per tali andamenti recessivi c’è: l’Ocse, aveva auspicato per la zona euro un firewall di 1.000 miliardi di euro, ma – per i soliti criteri di austerità della Germania – si è raggiunta una cifra di 740 miliardi. La conseguenza per i mercati finanziari è stata disastrosa: la Spagna rischia grosso e gli spread hanno ripreso a salire. Gli ultimi dati Ocse descrivono uno scenario recessivo per l’Italia e di contrazione per la Germania, mentre dall’altra parte dell’Atlantico, gli Stati Uniti cresceranno. Ma l’euro non doveva salvarci tutti?
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