«Dì Angelo, che ti sei ammattito? Non mi sarai mica diventato etero?». Dopo aver avvertito gli amici gay che con le nozze sarebbero caduti nella tagliola delle ferie programmate dalla consorte, degli strilli notturni dei bambini, della tortura del corteggiamento obbligatoriamente galante, del “caro, ci pensi tu alla pattumiera?”, Angelo Pezzana ha ricevuto qualche telefonata. Lui, il fondatore del Fuori (Fronte unitario omosessuale rivoluzionario italiano) che prendeva per i fondelli i compagni gay per quella loro smania di sposarsi? Volete veramente il lancio del riso, le foto ricordo, le smancerie della mano nella mano, i sorrisini e i bacini tra i fiori rosa e bianchissimi, l’incrocio dei calici e altre amene torture nuziali? Insomma, come disse una volta Pannella: «Ma che fate i froci a fare se poi vi sposate?».
Naturalmente Angelo Pezzana scherzava. Ma aveva avvolto tutto il suo articolo su Libero (“Cari amici gay, se vi sposate cadete nella trappola”) di una bella coltre d’efebica ironia. Si fingeva un etero deluso dalla vita matrimoniale. Non tutti avevano inteso. Non i gay, chiaro. Ché quelli lo sanno chi è Pezzana, il gran capo storico, ma gli “altri”, «gli eterosessuali – spiega a Tempi – che non si capacitavano che fossi diventato “uno di loro”». Oddio, avranno pensato, un altro che fa lo spiritoso col posteriore degli altri. Come quell’Alberto Arbasino che nei giorni del Gay Pride sfotteva l’orgoglio gay come «orgoglio del sedere». Non che oggi Pezzana si sia convertito alla zuccherosa epopea taumaturgica del matrimonio, però di una cosa è convinto: «Io credo che debbano essere garantiti certi diritti. Per questo, anche se non condivido molte decisioni del governo spagnolo di Zapatero, quella sul matrimonio omosessuale mi sembra una cosa giusta. Ma che le importa alla vecchia del piano di sotto, se in quel tal appartamento vivono lui e lui?».
Secondo Pezzana «siamo tutti persone sbagliate, tranne quelle commendevoli famiglie che riescono a vivere felici e contente. E che fanno tanti figli. Ma io darei i soldi dello Stato a questi valorosi». Però. «Però che i cattolici non ci rompano le palle. è certamente vero che i gay conducono una vita sessualmente disordinata. Per questo serve il matrimonio: per dare un ordine civile. Si tratta solo di un riconoscimento. Perché il mondo cattolico vuole imperdirlo?».
Da buon omosessuale convinto Pezzana si è stufato dei Pacs, o Dico come adesso li hanno ribattezzati. «Troppa ipocrisia. Che dicano: non vogliamo concedere alcun diritto agli omosessuali. Che siano almeno onesti». Invece i politici in tv dicono che i Pacs servono alle due sorelle anziane per condividere la pensione. «Balle. Servono agli omosessuali e basta. Ma che gli serve il Pacs a un eterosessuale? C’è già il matrimonio civile, no?». Insomma, alla fine sarà solo «uno straccetto di foglio astruso e complicato. Scontenterà tutti e non servirà a un bel nulla».
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
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