
L’incrollabile fede del cardinale Simonis nella terra più laicizzata d’Europa

Il 2 settembre è morto a 88 anni il cardinale Adrianus Simonis, arcivescovo emerito di Utrecht per lunghissimi anni presidente della Conferenza episcopale olandese. Esprimendo il suo cordoglio, il cardinale Wim Eijk suo successore a capo dell’arcidiocesi Utrecht ha ricordato l’opera del suo predecessore, iniziata in un momento difficile, in cui la polarizzazione, nel Paese e all’interno della Chiesa, era molto forte: «Questo non gli ha impedito, tuttavia, di mettere in pratica il suo motto, “Perché Ti conoscano”, in molti modi». Papa Francesco ha inviato un telegramma nel quale si legge: «Rendo grazie a Dio Onnipotente per la fedele testimonianza al Vangelo del Cardinale Simonis e per il suo impegno prezioso al servizio della comunione ecclesiale». Simonis, molto impegnato sui temi della famiglia, della vita e dell’educazione, era conosciuto in Italia per le sue partecipazioni al Meeting di Rimini. Marco Ferrini, presidente del Centro Internazionale Giovanni Paolo II e animatore dei Comitati Nazarat per i cristiani perseguitati, socio fondatore del Meeting di Rimini, ha trasmesso a Tempi un suo ricordo personale del porporato.
Muore un grande uomo di Chiesa, vescovo e pastore in una delle terre più laicizzate d’Europa: i Paesi Bassi. La sua fede incrollabile in Gesù gli dava la forza di affrontare senza timori i difficili problemi in quella terra che fino agli anni Sessanta, ricca di vocazioni, inviava centinaia di missionari nel mondo. Era ora consapevole che l’Olanda stessa era diventata terra di missione. Nel 2018, poco dopo la canonizzazione di Paolo VI mi scrisse: «Ultimamente Papa Paolo VI è stato proclamato santo. Mi ricordo ancora un colloquio che ebbi con lui nel 1976. Gli chiesi: “Santo Padre, come va la Chiesa?”. Lui mi diede una risposta profonda: “La Chiesa va molto bene perché soffre tanto”. La Chiesa soffre molto sotto gli abusi, sotto le persecuzioni, indifferenze e nel nostro mondo occidentale si soffre sotto una massiccia decadenza religiosa. Da vecchio uomo di Chiesa soffro di tutto ciò».
La sofferenza vissuta era un tratto distintivo della sua persona, che in lui diventava offerta, in sintonia con Paolo: «Sono lieto nelle sofferenze per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa» (Col 1,24)
Sono stato onorato della sua amicizia iniziata nel lontano 1988. Ero rimasto colpito da una sua intervista sul periodico Trenta Giorni, rilasciata in occasione della visita di San Giovanni Paolo II in Olanda. Trovandomi nei Paesi Bassi per conto del Meeting di Rimini per prendere una serie di contatti, convinsi il mio compagno di viaggio dell’idea di andare a Utrecht e di cercare di visitare il cardinale senza avere preso appuntamento. Ricordo come fosse oggi il campanello di Maliebaan 40, sede dell’Arcivescovado, e lo stupore di chi venne ad aprirci la porta. Fummo ricevuti senza problemi ed avemmo con lui un lungo colloquio. Iniziò un’amicizia durata 32 anni e attraverso di noi ebbe luogo il suo incontro con il Meeting di Rimini, che frequentò a partire dal 1989 per molti anni, facendo il relatore in almeno tre occasioni. Iniziò anche il suo legame profondo con don Giussani ed il movimento di Comunione e Liberazione.
Negli ultimi anni la salute era divenuta cagionevole anche a causa di una caduta che aveva avuto serie conseguenze. Era il 2014 e si sentiva veramente rincuorato per una telefonata ricevuta in ospedale da parte di papa Francesco. Nel contempo non aveva potuto partecipare al Sinodo sulla Famiglia, cosa che gli era molto dispiaciuta: «Ho seguito da lontano pregando che le mie sofferenze potessero essere un contributo modesto alla preservazione dell’unità nella Chiesa, della verità e della carità in cui i Santi Papi Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II e non meno il Beato Paolo VI ci hanno preceduto (Paolo VI diventerà santo quattro anni dopo, ndr)».
Nel 2017 aveva celebrato i 60 anni di sacerdozio. Andai a trovare Simonis nell’aprile del 2018 insieme a mons. Luigi Negri. Si trovava a Voorhout, un paese nella diocesi di Rotterdam di cui era stato vescovo, in mezzo ai tulipani. Fu per lui una grande gioia incontrare vecchi amici e scoprire che questi si erano ricordati di lui ormai emerito e pensionato. Con frequenza lo sentivo sempre molto preoccupato per la Chiesa e per la pressoché totale scristianizzazione del suo paese. L’ultimo contatto telefonico fra noi è stato il giorno prima della morte: faceva molta fatica a respirare e sentiva vicina la fine, chiedeva preghiere che ricambiava. Ora è nella comunione dei santi, accolto dal Signore nel suo abbraccio misericordioso.
Foto Ansa
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