«Non esiste pedagogia senza antropologia. Come possiamo educare la persona se non sappiamo chi è la persona? La questione antropologica sta alla base non soltanto del progetto, del compito educativo, ma del contesto globale che stiamo vivendo sul piano storico. È la questione che porta a chiederci: chi è la persona umana? Chi è l’uomo? Quale la sua dimensione di vita?»
Card. Angelo Bagnasco
Le recenti vicende politiche in ordine alla normativa approvata alla Camera dei Deputati e in arrivo al Senato della Repubblica per la definitiva approvazione – il Ddl Zan sulla omofobia, lesbofobia, bifobia e transfobia, che ha accelerato una rivoluzione antropologica – sta ad indicare la necessità di un affronto culturale del problema e di un cammino educativo capace di motivare antropologicamente il sentire e l’agire delle persone, particolarmente in riferimento alle giovani generazioni, le quali nel prossimo futuro si troveranno di fronte a molteplici prospettive di libertà e di scelta: la libertà potrà quindi spaziare ed esercitarsi come meglio si crede.
Ma non illudiamoci. La nuova società di oggi, e ancor più del domani, pone, e porrà, all’umanità problemi di ordine sociale, economico, esistenziale. La nuova civiltà pone sin d’ora enormi problemi di carattere culturale e morale. Le tecniche di manipolazione genetiche fanno intendere quali gravi problemi vanno sorgendo in futuro, quando l’uomo sarà giunto in pieno possesso di tali tecniche e di tali de-strutturazioni ideali.
I giovani domani dovranno decidere se avere ancora speranze il un mondo in cui non esiste più una storia con un passato e un futuro, ma solo una successione fortuita di accadimenti: dove non esiste più una collettività, una serie di individui, di atomi umani, ciascuno separato dagli altri, ripiegato su se stesso, adoratore di se stesso; dove non esistono finalità ultime che trascendano la parabola dell’esistenza, ma obiettivi limitati, ben definiti, a portata di mano. Il tema della speranza sarà in futuro il tema in ordine al quale i giovani dovranno sempre confrontarsi (GT – L’educazione: una questione antropologica, in Libertà e coralità educativa, Ed. Fede e Cultura, pg. 11/16).
Con la nuova legge si moltiplicano le pressioni delle associazioni Lgbt sul contrasto all’omotrasfobia e le discriminazioni e violenze nei riguardi degli omosessuali – con aggravanti penali e detentive maggiori rispetto a quelle già in atto a loro tutela per i trasgressori, e tutti quegli atti con finalità discriminatorie, legati all’orientamento sessuale, all’identità di genere, all’omosessualità e alla transessualità. Si tratta di una pressione che gode di un appoggio diffuso all’interno del mondo della comunicazione, della politica, della cultura e delle istituzioni a livello internazionale e che si muove su campi diversi.
È stato dimostrato che da tali discriminazioni e violenze è già in atto una tutela giuridicamente ampiamente documentata – ma inascoltata – nella commissione giustizia e articolata con l’elencazione di diversi articoli del Codice Penale: diciamoci chiaramente che l’argomento è stato ignorato sin dall’inizio e che il dialogo presunto ha dimostrato una totale chiusura nei riguardi di coloro che ebbero ad argomentare le ragioni del dissenso.
È a rischio la libertà di opinione; è a rischio la libertà di coscienza, il tutto con la manifesta intenzione “di perseguire quelle che di fatto sono concezioni ideali e di vita differenti sulla natura umana, oggetto di legittimo confronto e di convinzioni profondamente radicate nella coscienza di tanti cittadini” (Francesco Ognibene, in Avvenire, 5/11/2020). Una intenzione inconcepibile da parte di coloro che si sentono i “paladini delle libertà”, i quali giustificano la legge quale necessità per promuovere il “rispetto delle persone”, come se il “rispetto” potesse essere promosso per legge!
Sia concesso esprimere alcuni convincimenti irrinunciabili che la legge – col pretesto di una tutela dalla discriminazione e dalla violenza omofobica – nasconde con presupposti non condivisibili.
La manipolabilità della natura umana – La differenza tra l’uomo e la donna è una differenza radicale e innata scritta nella fecondità della coscienza e coinvolge tutti i comportamenti umani. L’uomo e la donna sono diversi e complementari nei loro corpi e nella loro psicologia. Si può aggiungere che per comprendere il significato della umana sessualità bisogna innanzi tutto constatare che nessun uomo può essere per sé “tutto uomo”, e così la donna non può essere per sé “tutta donna”: ognuno ha di fronte a sé l’altra differenza e contraddistingue la persona a causa della sua natura sessuata;
La famiglia che nasce dall’unione di un uomo e una donna. Essa si fonda sulla loro differenza e sull’attrazione reciproca. I due poi vivono con e per i figli, che sono diversi, ma non inferiori: anch’essi hanno le loro qualità da offrire alla comunità familiare, in un contatto di interazione e relazione reciproca;
Le nuove frontiere dettate dalla bioetica rappresentano un problema: problema morale e problema esistenziale. Problema che tuttavia sembra essere erroneamente concepito soltanto come problema politico;
Da qui la procreazione assistita e eterologa rappresentano un problema etico di grade importanza che non può essere eluso. Oggi, dal punto di vista fattuale, è diventato logico separare l’evento naturale/personale dell’unione di uomo e donna dal processo puramente biologico. Assurge a “diritto” la pretesa di “riscrivere” la natura umana per legge.
Oggi sembra una operazione indispensabile cercare di liberare quella relazione personale, per cui l’uomo e la donna diventano una cosa sola, qualificando ciò come una sacralizzazione mitica della natura. Sembra un progresso isolare il fenomeno biologico elementare e riprodurlo in laboratorio. Diventa logico – oggi nella nostra società – che la natura dell’uomo sia ormai solo una riproduzione. Da qui: utero in affitto, mercificazione dei nascituri, soppressione della vita nascente, suicidio assistito, ecc…. In quest’ottica la libertà dell’uomo e della sua ricerca presuppone, nel suo principio, la negazione della libertà. (GT, già cit.)
Il problema, però, va ben oltre la presunta tutela dell’omosessualità. Si prospettano percorsi innovativi di formazione in materia di educazione all’affettività a partire dai primi gradi dell’istruzione, sino alla terza età, costruendo un nuovo modello educativo con percorsi attuati da associazioni Lgbt associate all’Unar e accreditate come referenti. Si apre uno scenario che va ad intrecciarsi strettamente con l’antropologia della differenza sessuale – che per noi credenti tra l’altro ha radici bibliche – che diventa davvero il separare le buone intenzioni dei legislatori dalla chiusura a senso unico che la orienta.
In quest’ottica la libertà dell’uomo, e la sua ricerca, presuppone, nel suo principio, la negazione della libertà.
È evidente che non si può essere d’accordo con questo cammino formativo. Ognuno di noi ha il diritto di avere idee diverse e di dissentire dall’instaurarsi nella società di leggi che tendono a violare l’identità e la dignità della persona umana, e tendono a negare il diritto alla libertà di espressione del pensiero e del credo religioso, fondamento di tutte le libertà civili nel quadro costituzionale vigente. La libertà d’opinione e di giudizio, così come la libertà di educazione, di istruzione e di formazione personale e comunitaria, vanno tutelate.
Tra l’altro nel quadro della legge si prevede: la giornata nazionale contro l’omofobia, iniziative educative anche nelle scuole elementari, oltre che a quelle secondarie di I° e II° ordine, con misure particolari e specifiche degli interventi, lezioni di omofobia, lesbofobia e bifobia nelle elementari, ordinato il tutto dagli ordinamenti statuali validi per tutte le scuole. Inoltre centri contro le discriminazioni motivate da orientamento sessuale o sull’identità di genere. Il tutto con grandi difficoltà da parte degli insegnanti e con i genitori esautorati dalla loro responsabilità.
Da qui nasce il “coraggio educativo”, il “coraggio unitario” da parte di genitori e famiglie, di insegnanti ed educatori, di associazioni genitori e familiari, di congregazioni religiose, e di quanti sono contrari a questo processo di de-strutturazione della tradizione culturale della nostra nazione, di deresponsabilizzazione dell’uomo verso il suo simile, di cui sono sintomi, tra l’altro, il venir meno della solidarietà verso i membri più deboli della società – quali anziani, ammalati, immigrati, bambini, ….. – e l’indifferenza che spesso si registra nei rapporti quando sono in gioco beni fondamentali come la sussistenza, la libertà e la pace. (card.Burke, nell’intervista su L’Occidentale).
C’è l’esigenza di una coralità di impegno educativo ad affrontare questa emergenza che coinvolge fortemente anche le scuole – e in particolare le scuole cattoliche e di ispirazione cristiana – che in nome del diritto civile e costituzionale alla “libertà di cultura e di insegnamento”, evidenziano la loro “diversità” riguardo la scuola statale, pur entrambe pubbliche e facenti parte del sistema nazionale di istruzione.
Per tali scuole non v’è solo il problema economico che vede lo Stato perennemente inadempiente, ciò che è anche causa della riduzione di alunni e di scuole, ma resta preminente e indilazionabile il problema della difesa della loro “identità”. Se una scuola non vuole celebrare l giornata anti-omofobia, nella sua diversità culturale ed operativa – può essere esplicitata la propria identità educativa, culturale e religiosa, oppure il farlo la scuola è destinata a pagare questa sua libertà? Se un insegnante a lezione in classe, un genitore con i propri figli, nell’insegnare ed educare possono espletare il loro sentire e il loro concetto di vita, dissentendo rispetto ad una legge che non condividono, sono perciò discriminanti e violenti? Come si vede entra un problema di libertà personale e istituzionale, così come entra il diritto alla obiezione di coscienza.
“La nazione in cui viviamo fonda le radici in una democrazia che realizza – o dovrebbe realizzare – il vero “Stato di diritto. In essa, la vita sociale è regolata dalla legge stabilita dai parlamentari che esercitano il potere legislativo. In tali consessi si elaborano le norme che definiscono il comportamento dei cittadini nei vari ambiti della convivenza. Uno “Stato di diritto” che è tenuto a formare una società di cittadini liberi che insieme perseguono il bene comune. Ed è proprio in questa prospettiva che lo Stato deve interrogare se stesso circa certe scelte legislative. Crediamo che la democrazia volga il suo diritto nell’ascolto del parere di tutti gli interessati, in confronto delle diverse posizioni, attraverso una discussione e valutazione costruttiva (non impositiva e divisiva): se manomessa questa procedura, viene a mancare il terreno sul quale sono fabbricate le intenzioni e disancorate le realtà” (Giovanni Paolo II).
Non si può accettare irragionevoli ordinamenti scolastici impositivi di una certa concezione dell’uomo, quegli ordinamenti – ritenuti obbligatori per tutte le scuole – in cui viene dettato il “verbo gender”. La libertà di ogni cittadino va salvaguardata e tutelata. La legge, qualunque legge, deve contemplare questa libertà, che non è una prerogativa soltanto di alcuni, ma di tutti, e quindi prevedere l’ “obiezione di coscienza” e la libertà di educare, istruire, e accompagnare la crescita culturale e umana dei figli e degli studenti secondo le proprie idealità e tradizioni. Su questa sottolineatura le scuole cattoliche, sulla base del loro progetto educativo, presentino le istanze del loro essere istituzioni pubbliche “diverse” al servizio della comunità e in promozione del “bene comune”. E così i genitori, le famiglie e gli insegnanti, ciascuno con le loro associazioni, non siano “acquiescienti” e presentino istanze al Presidente della Repubblica – che non può estraniarsi dal considerare il problema, e se necessario insieme presentino – nel rispetto dell’art. 3 della Costituzione – una proposta di legge sul contrasto di “eterofobia”. Come ricordato da Peppino Zola su Tempi, sono sempre più frequenti i casi di profanazione di luoghi sacri, di irrisioni nei riguardi dei cattolici, di epiteti nei loro confronti. Da qui la necessità che vengano previste tutele nei riguardi di discriminazioni e violenze, aggressioni, stigmatizzazioni e irrisioni “cristianofobici”. Sarebbe una vera ingiustizia se il Presidente della Repubblica, dopo aver perorato una legge a tutela degli omosessuali nella giornata mondiale il 17/5/2020, e i parlamentari, che dopo l’intervento del Presidente hanno accelerato la presentazione alle camere della legge omofobica, non ne tenessero conto, poiché anche tali discriminazioni “cristianobici” violano il principio di uguaglianza e ledono i diritti umani.
Ciò aiuterebbe a chiamare in causa i fondamenti dell’educazione e dell’umano mettendo in discussione una visione dell’uomo rispettosa del dato di realtà.
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