Ora Jack White si presenta al pubblico con un suo lavoro da solista, salutato dalla stampa specializzata settimane prima dell’uscita ufficiale come il miglior prodotto rock di questo scorcio del 2012. Titolo: Blunderbuss, nome di antica arma da fuoco, l’archibugio, che ben si attaglia all’intera sequenza dei testi, piena di immagini crude e violente, nella desolante tradizione del punk rock. La lunga attesa premia la pazienza degli appassionati: l’inizio è al fulmicotone, grazie alla cascata di note che arrivano da un piano Rhodes e da una canto in bilico tra i Led Zeppelin e i Red Hot Chili Peppers. È da queste storie musicali che attinge a piene mani l’ex White Stripes; è dai riff elettrici di chitarre scatenate, rimaste marchio di fabbrica. Ma la parte del leone la fanno le tastiere che puntellano, ora classicheggianti, ora con risvolti psichedelici, quasi inchinandosi alla lezione del primo David Bowie, rivivendo le atmosfere di Life on Mars? e Rock’n roll suicide. Ecco, quindi, un cd mai monotono, ma ricco si spunti, grintoso e vario al punto giusto, con le immancabili concessioni al riff di chitarra, che si incolla all’orecchio e non si stacca più.
Ma si segnalano anche folate di puro rock’n roll e citazioni che sembrano arrivare da un Burt Bacharach, riveduto e corretto, naturalmente. Il tutto presentato su un tappeto sghembo steso all’occorrenza tra ubriacature psichedeliche e dondolanti trame country. Un lavoro composito e variegato, che prenota già a pochi giorni dalla pubblicazione i primi posti delle classifiche dei cd più venduti e più scaricati. Testimonianza efficace di una ricerca musicale che voglia andare al di là di scontate riproposizioni di ritmi abusati: un’innovazione sempre più urgente nel magmatico mondo del rock’n roll.
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
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online 2499-4308 | cartaceo 2037-1241
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Emanuele Boffi