Siamo giunti al 1995: povero Massimo, bisogna capirlo, ha deciso di iniziare l’avventura della presidenza dell’Inter da pochi mesi, è generoso ma inesperto. E i guai dell’inesperienza vengono subito a galla. Nell’estate del ’95, primo calciomercato dell’era morattiana, si parte subito con i fuochi d’artificio: arrivano due giovanissimi che fanno ben sperare: il terzino “d’attacco” Roberto Carlos, brasiliano, e “l’Avioncito” argentino Sebastian Rambert, attaccante; dall’Inghilterra viene acquistato un centrocampista di quelli tosti Paul Ince. Arriva anche qualche nome interessante italiano Maurizio Ganz e “il nuovo Scirea” Salvatore Fresi. Ah, dimenticavo, la società nell’operazione Rambert deve accollarsi anche l’acquisto di un giovanissimo terzino tuttofare, un certo Javier Zanetti (per la cronaca, Rambert venne poi scaricato nel mercato di gennaio della stessa stagione). L’allenatore, ereditato dalla precedente presidenza è Ottavio Bianchi, mister di una certa esperienza, che parte subito male, vedendo la squadra uscire al primo turno di Coppa Uefa, battuta dal… Lugano. Sconfitta che in qualche maniera gli costa il posto: siamo appena alla fine di settembre e già la panchina dell’Inter cambia titolare; vi si siede Roy Hodgson, raffinato trainer inglese, con esperienze in squadre europee di media classifica ma, soprattutto, alla conduzione di una nazionale sempre ai vertici del calcio mondiale: la Svizzera.
Qui si potrebbe aprire il tormentato “capitolo allenatori”, la girandola dei quali, nell’era morattiana è stata argomento di barzellette in ambiti di Bar Sport, ma ve ne daremo conto mano a mano che si dipanerà la storia. La “Beneamata”, comunque, concluderà il campionato in settima posizione a 19 punti dal Milan, campione d’Italia e si assicura, per il rotto della cuffia, una partecipazione in Europa per la stagione seguente. Risultato non esaltante, ma come in tutti i nuovi progetti la pazienza è d’obbligo. Se, però, il progetto avesse un capo e una coda, cosa di cui qualcuno comincia a dubitare. sempio lampante: Roberto Carlos. Acquistato giovanissimo, ma già nazionale, il brasiliano è indubbiamente un fuoriclasse nel suo ruolo di terzino sinistro: grande corsa, esplosività nel tiro a rete, unico nel battere punizioni; deve però fare i conti con la fase difensiva, dove è un po’ carente. Ma è giovane e con ampi margini di miglioramento, non avendo il carattere “farfallone” tipico della filosofia brasiliana già durante la stagione dà segnali di applicazione e alla fine risulta tra i più positivi, una sicurezza per il futuro. Morale: viene venduto al Real Madrid!
E’ superfluo raccontare la sorpresa dei tifosi davanti a questo “harakiri” tecnico : Moratti (o chi per esso) riesce a distruggere in pochi mesi una coppia di terzini che avrebbe potuto entrare nella leggenda del calcio mondiale (Zanetti – Carlos) e contemporaneamente rinforza i “blancos” di Madrid che con il terzino brasiliano vinceranno Liga e Champions. Naturalmente Moratti in questa operazione scellerata non ci mette la faccia e lascia che per anni su questa cessione si rimpallino responsabilità Hodgson e Sandro Mazzola (in quel momento direttore tecnico dell’Inter): la verità non si saprà mai. Tra l’altro, con la partenza di Carlos, la fascia sinistra difensiva interista risulterà “stregata”, come se gli dei del pallone avessero inteso come sacrilega tale decisione. Sono circa una trentina fino a oggi i difensori sinistri che hanno tentato di porvi rimedio, senza apprezzabili risultati, anzi con vere e proprie debacle (i nomi li trovate nella lista della scorsa puntata). Solo Javier Zanetti è stato più forte dell’incantesimo malefico, ma essendo parente di Superman lo fermerebbe solo la Kriptonite. Quasi senza accorgersi il mister inglese, diventato nel frattempo macchietta comica in “Mai dire goal”, ospite di Aldo, Giovanni e Giacomo (reti Mediaset), continua a sedersi sulla panca nerazzurra e assiste alla campagna acquisti per la stagione ’96 – ’97: nome importante per la storia dell’Inter morattiana, il genietto francese Youri Djorkaeff, il generoso ma con il piede un po’ “a banana” Ivan Zamorano, il giovanissimo fromboliere nigeriano Nwankwo Kanu, che dopo poche apparizioni in precampionato viene stoppato dai medici per una grave malformazione cardiaca; sarà operato, atteso con impazienza ma deluderà sia in campo che per una certa ingratitudine verso la società che praticamente gli aveva salvato la vita, chiedendo a più riprese e in maniera poco ortodossa di essere ceduto. I tifosi, comunque, non lo rimpiangeranno mai.
Oggetto di una fulminante battuta nel primo film di Aldo, Giovanni e Giacomo, fortemente voluto da Roy Hodgson, arriva anche lo svizzero Ciriaco Sforza. I “pallini” dei mister, spesso, sono dei flop, specie nell’Inter (Scifo – Trapattoni, Quaresma – Mourinho, i più eclatanti) il nazionale svizzero conferma la tendenza: la sua presenza in campo sarà spesso impalpabile. Il tecnico inglese pagherà anche per questa scelta, arrivando terzo in campionato a 6 punti dalla Juve, ma l’episodio che decide la sua cacciata dalla panchina (ma farà di nuovo capolino, qualche anno dopo) è la sconfitta nella doppia finale di Uefa dove perde ai rigori, davanti al pubblico di San Siro, venendo quasi alle mani con il mite Zanetti, contro lo Shalke 04 (corsi e ricorsi storici). Ma Moratti, non si rassegna a questi primi risultati negativi della sua gestione e ha in serbo per la stagione ’97 – ’98, un colpo veramente grosso, anzi, immenso, che sicuramente cambierà le sorti di una squadra alla ricerca di una precisa identità. Ma di questo parleremo nella prossima puntata.