E se fosse la riduzione della povertà, il primo modo per migliorare l’ambiente? Se lo è chiesto alla Giornata mondiale dell’ambiente del 5 giugno scorso, “l’ambientalista scettico” Bjorn Lomborg, insieme ad alcuni premi nobel. «È importante che qualcuno lo dica, è una grande ipotesi di lavoro» commenta a tempi.it Riccardo Cascioli, saggista ed esperto di problematiche ambientali.
Qual è la posizione di Lomborg?
Lui afferma che il vero nemico dell’ambiente non è lo sviluppo, ma il sottosviluppo, la povertà. Perché è nel degrado sociale che si tende a disinteressarsi dell’ambiente e a sfruttarlo per sopravvivere. Perché non ci sono alternative.
Facciamo un esempio.
La deforestazione è un fenomeno che avviene solo nei paesi poveri, perché solo quando l’agricoltura è sottosviluppata si tende a disboscare intere zone per le colture. Questa posizione afferma un principio culturale opposto a quello dell’ambientalismo classico.
Che cosa sta alla base dell’ambientalismo classico?
La convinzione secondo cui l’uomo e la sua attività sono i veri nemici dell’ambiente. Questo è un concetto antiumano e perciò dannoso per l’ambiente. Ma il 20 giugno, quando a Rio de Janeiro si aprirà la Conferenza sullo sviluppo sostenibile dal titolo “Rio +20”, i due pilastri dell’agenda dei lavori saranno il controllo delle nascite nei paesi in via di sviluppo e il freno all’economia nei paesi ricchi.
La posizione di Lomborg dunque non va per la maggiore.
Basta guardare le leggi. Le politiche decise in Europa negli ultimi anni, per quanto riguarda l’energia ad esempio, hanno fatto peggiorare la crisi. Lomborg cita l’esempio della Germania, il paese con il maggiore consumo pro capite di energia solare, e si domanda che senso ha avere investito 130 miliardi di dollari in sovvenzioni per produrre l’equivalente di 12 miliardi di energia.
Già, che senso ha?
Nessuno, Angela Merkel ha seguito l’opinione comune. Il luogo comune più grave è quello secondo cui l’uomo sarebbe un fattore negativo, per cui bisogna fare di tutto per limitarne la presenza e l’impatto sul territorio. Chi vuole controllare e ridurre le nascite per diminuire le emissioni di Co2 parte dal presupposto errato che quelle siano la causa principale dei cambiamenti climatici.
Benedetto XVI parla di ecologia umana, prima di tutto.
I cristiani cattolici sarebbero quelli più attrezzati per poter condurre una battaglia scientifica e culturale di questo genere, riconoscendo l’originalità cristiana anche dal punto di vista ambientale. Benedetto XVI ha più volte richiamato l’importanza del cristianesimo per lo sviluppo: riprenderei il discorso che fece a Parigi alcuni anni fa sul monachesimo come movimento di ricerca di Dio, annoverando tra le conseguenze pratiche anche il miglioramento delle situazioni ambientali. Come diceva Giovanni Paolo II nell’enciclica “Laborem Exercens”: l’uomo, con il suo lavoro e con il suo intervento nella realtà, partecipa alla creazione collaborando al progetto di Dio. Purtroppo nel mondo cattolico si è persa un po’ la coscienza di questa originalità e spesso ci si accoda a gruppi ecologisti che perseguono una concezione diversa di uomo e di ambiente.