
Facci: tutti bravi a pubblicare le intercettazioni. Perché non si dà mai voce alla difesa?
Ma quante sono le aberrazioni del nostro paese? Dei malvagi e dei loro sodalizi più o meno occulti, i giornali italiani non possono farne a meno, e per saziare la bulimia dei lettori le redazioni si assoggettano spesso alla versione delle procure, dimenticando le regole da seguire per «informare» con correttezza. C’è un’inchiesta? L’imputato è assurto a simbolo delinquenziale, per parlare ancora una volta di un’Italia «devastata» e «alla deriva». «Nessuno invece si prende la briga di esporre la versione della difesa», incalza a tempi.it Filippo Facci, giornalista di Libero, che in un suo Appunto di ieri ha risollevato di nuovo la questione. «I giornali hanno bisogno di vendere e i lettori comprano questo. È una cosa indicativa dell’interesse per la verità processuale che dovrebbero avere i giornalisti». Quali sono le ragioni? «Ignoranza e un’abissale mancanza di criticità».
Spariscono le motivazioni che danno torto ai pm, e non si danno più i nomi degli avvocati difensori. Sono i frutti di vent’anni di giustizialismo?
Non che una volta fosse meglio. Però, vent’anni fa almeno lo schema prevedeva uno spazio per l’accusa, un’intervista all’avvocato difensore, e le motivazioni delle sentenze dei tribunali. Nel caso della carcerazione preventiva, le sentenze del tribunale del riesame erano analizzate nel dettaglio. Si spiegava quale fosse il motivo della decisione, per esempio la reiterazione del reato, e perché era stata data. Oggi al massimo si scrive: «Negata la scarcerazione». Lo spazio fisico quantitativo e qualitativo occupato sui media di queste informazioni, e soprattutto delle opinioni della difesa, è nullo. A volte, quando devo scrivere su un certo caso e ho bisogno di contattare gli avvocati dell’accusato, ci metto una vita a sapere chi sono.
Le accuse sono invece vagliate nel dettaglio.
Accompagnate da paginate e paginate di intercettazioni. Sempre ampie e onnicomprensive. Frammenti cumulati apposta per suffragare la tesi dell’accusa davanti a un pubblico a cui vengono negati i mezzi per informarsi in maniera equilibrata.
Quanto conta nello stato di salute della giustizia italiana la ricerca di consenso, da parte di magistrati, e di lettori, da parte dei giornalisti?
Sono due problemi irrisolti. Ma il nucleo è la mentalità comune, che alla fine è rimasta quella di Tangentopoli: in Italia la fase preliminare dei processi e quello che conta. Per motivi culturali e per il deterioramento del sistema processuale, che ci impiega anni e anni per arrivare a una conclusione. Ai lettori, ai giornalisti e a parecchi magistrati, interessa soltanto la fase preliminare dei processi, cioè quella che dovrebbe rimanere segreta. Al processo che prende forma nel dibattimento, nella maggior parte dei casi non si interessa nessuno. Per questo molti magistrati vanno avanti con accuse che sanno non reggeranno nel dibattimento. Perché gli occhi dei media sono puntati non al risultato dell’inchiesta o alla verità processuale, ma allo scandalo che la precede.
L’abuso della carcerazione preventiva ha decisamente rialzato la testa, scriveva lei ieri su Libero.
Colpa dell’incultura basata sull’ignoranza e della mancanza di conoscenza che colpisce il popolo. La barbarie della carcerazione preventiva è assecondata dai politici, avallata perché la gente la vuole. Vuole i Lusi in galera senza aspettare una condanna. E anche i direttori dei giornali garantisti, quando arrivano le intercettazioni, le accolgono come manna dal cielo. Non perché informano ma perché fanno vendere copie.
In Italia si parla spesso di legalità ma non di diritti fondamentali (che in teoria vengono prima della legge), perché?
Per calcoli elettorali. Perché dietro il garantismo del Pd si nasconde ancora quel cinismo forcaiolo che nulla ha a che fare con una cultura del diritto. Ci siamo illusi che il Pdl avrebbe migliorato la situazione, cambiato le idee a certi fascistelli nel suo stesso partito, ma non è accaduto.
Come cambiare le cose, almeno sui media?
Iniziamo ad aprire il dibattito, poi vedremo.
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!