Per capire cosa sta succedendo intorno al ddl “Cirinnà 2” sulle unioni civili tra persone dello stesso sesso, e a quale disegno risponde realmente il testo, occorre oggi leggere Repubblica.
Come tutti gli altri giornali, il quotidiano romano riporta nella cronaca politica la conferma della spaccatura venutasi a creare nella maggioranza di governo dopo la decisione da parte del Pd di Matteo Renzi di sottoporre il “nuovo” ddl sulle unioni gay (praticamente una fotocopia di quello abbandonato) direttamente al voto del Senato, bypassando così la discussione della norma in commissione Giustizia, che proprio a causa delle molte obiezioni degli alleati di Ncd (obiezioni tradotte in diverse centinaia di proposte di emendamenti), ne stava rallentando considerevolmente l’approvazione.
COSA VUOL FARE IL PD. «L’obiettivo del Pd è uno soltanto», spiega Repubblica: «Incardinare la legge subito dopo il via libera sulla riforma costituzionale. Una questione di tempi, che il Nazareno intende rispettare per inviare un messaggio all’elettorato dem, sensibile sui diritti civili». Ieri però l’incontro tra il premier segretario del Pd e il leader di Ncd Angelino Alfano, accompagnati dai capigruppo dei rispettivi partiti alla Camera e al Senato, si è chiuso male per l’alleanza di governo. Lo scontro è proprio sui tempi immaginati dai democratici e sull’introduzione della cosiddetta stepchild adoption, ovvero la possibilità di adottare il figlio del partner, prevista dal Cirinnà 2 e osteggiata dagli alfaniani.
Il capogruppo del Pd in Senato, Luigi Zanda, però, non ne fa un dramma. Del resto l’intento stesso della decisione del partito è proprio di lasciare i centristi alla loro opposizione e approvare il ddl con l’estrema sinistra e i grillini. «Se Area popolare farà legittimamente la sua battaglia – è la riflessione di Zanda riportata da Repubblica – vorrà dire che la calendarizzazione passerà con i voti di Sel e dei Cinque Stelle».
“COMPROMESSO”. Quanto alle divergenze nel merito del testo, il quotidiano diretto da Ezio Mauro le lascia commentare a Ivan Scalfarotto, sottosegretario Pd alle Riforme, per il quale semplicemente il problema non esiste: «Si va avanti lo stesso. E non si toccano i punti di questa legge sulle unioni civili, che è già un compromesso». Secondo Scalfarotto, la senatrice Monica Cirinnà «ha fatto un lavoro enorme, certosino di revisione del testo. Non credo che si possa rivedere ancora». Il massimo del “compromesso” di cui è stato capace il Pd, però, è l’eliminazione dal ddl dei riferimenti agli articoli della Costituzione dedicati al matrimonio, a favore della definizione dell’unione civile omosessuale come «formazione sociale». Punto. Tutto il resto rimane. Per dirla con Scalfarotto: «La “gestazione per altri” (eufemismo che sta per “utero in affitto”, ndr) è già vietata in Italia e ci resta. La “stepchild adoption” non si toglie».
SOCCORSO GRILLINO. Il ddl Cirinnà 2 «è una legge prudente, che non punta al matrimonio ugualitario», insiste Scalfarotto, e se i centristi si ostineranno a non crederci «si vedrà in Parlamento come va a finire, sono sicuro che una maggioranza c’è». Una previsione che il senatore del Movimento 5 Stelle, Alberto Airola, conferma volentieri a Repubblica. «Su questo testo il nostro voto c’è», dice, ora tocca ai colleghi del Pd «decidere se va bene una maggioranza trasversale, com’è già avvenuto in commissione o per il divorzio breve». Ma «se levano anche un solo diritto, se la approvano da soli». E motivando l’adesione del partito di Beppe Grillo al progetto del Pd, il senatore spiega anche con parole chiarissime cosa c’è in gioco davvero: «Il primo testo della senatrice Cirinnà è stato approvato dai nostri iscritti al blog con più dell’85 per cento di sì. Abbiamo spiegato di cosa si tratta: un riconoscimento parziale di diritti che in altri Paesi esistono da tempo. Molti pensano che sarebbe più semplice avere un solo istituto, ma se per arrivare al matrimonio egualitario bisogna passare da questo testo, noi ci siamo».
LA LETTERA DI GIOVANARDI. intanto il senatore Carlo Giovanardi, capogruppo Ncd-Ap in commissione giustizia in Senato, ha scritto al presidente Pietro Grasso la seguente lettera: «Caro Presidente, come Le sarà sicuramente noto soltanto in data 23 luglio 2015 il Governo ha inviato al Senato l’attesa relazione tecnica circa la copertura finanziaria del disegno di legge Cirinnà, mettendo la Commissione Giustizia in condizione, dopo il parere della commissione Bilancio reso il 29 di luglio, di iniziare tempestivamente l’esame degli emendamenti in quella stessa giornata.Tra la prima settimana di agosto e le prime tre settimane di settembre la commissione Giustizia in tredici sedute, anche notturne, ha smaltito il 25% degli emendamenti presentati, interrompendo poi i lavori per la discussione in Aula per la Riforma della Costituzione: il giorno 9 ottobre il gruppo NCD ha ritirato 400 emendamenti a firma Giovanardi e Marinello, rimanendone così all’attenzione della Commissione circa 100.Ieri sera, lunedì 12 ottobre la commissione Giustizia è stata convocata in seduta notturna per ascoltare la relazione della senatrice Cirinnà su altri tre disegni di legge presentati in materia di unioni civili e coppie di fatto: su questa relazione si sono iscritti a parlare, sulla base dell’art. 72 della Costituzione e dell’art. 44 del Regolamento, 12 senatori. I nuovi disegni di legge di norma devono essere esaminati dalla commissione entro un tempo massimo di due mesi: il presidente del Senato può ridurre tale termine, come è avvenuto raramente (4 volte) nella storia del Senato, mai comunque prima di almeno due settimane di discussione in Commissione, ma non azzerarlo. Le ricordo ancora signor Presidente che da quando la conferenza dei Capigruppo ha deciso di togliere dal calendario dell’Aula “le Unioni civili qualora la commissione abbia concluso i suoi lavori”, la Commissione stessa non abbia più potuto riunirsi per discutere di unioni civili per la coincidenza dei lavori in Aula sulla riforma del Senato. L’unica novità intervenuta da allora ad oggi è pertanto soltanto il ritiro dei nostri emendamenti: è pertanto del tutto ingiustificata la richiesta una precipitosa calendarizzazione di un provvedimento senza relatore e senza testo di riferimento sul quale aprire la discussione e presentare gli emendamenti in Aula, in palese violazione dell’art. 72 della Costituzione e l’art. 44 del Regolamento. La ringrazio per l’attenzione e l’occasione mi è gradita per salutarla con viva cordialità».
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