Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Ad Annalisa Teggi piacciono le macchie, le sbeccature, le crepe, le cose fuori posto. Per dirla alla Montale, è nella matassa ingarbugliata che Teggi trova quel filo da «disbrogliare che finalmente ci metta nel mezzo di una verità». Il diario di questa mamma chestertoniana per professione (ne è fra le più apprezzate traduttrici) e per cromosoma (di GKC ha l’indole, lo stile e il gusto per il ragionamento in contropiede) porta nel titolo la dimensione d’avventura che intende affrontare.
Un cuore grande come una casa (La Vela, 12 euro) racconta lo sguardo che si può avere sulle piccole cose di tutti i giorni, rifuggendo la malinconia gozzaniana per far invece proprio lo spirito del cavaliere delle fiabe, il temerario disposto ad affrontare ogni avventura e sciagura pur di liberare la bella rinchiusa nel castello. «La bugia moderna proclamata a gran voce dagli slogan pubblicitari e dai trafiletti delle riviste patinate sostiene, invece, che il cavaliere è più libero se si dimentica del castello lontano e comincia a divertirsi nel bosco, dove gli devono essere date tutte le cose che vuole: un rifugio su un albero, cacciagione fresca, solitudine, agio e relax.
Un cavaliere che si riduce a ciò è indolente, ma soprattutto non è felice». L’incompatibilità col marito diventa così segno dell’indispensabilità dell’uno per l’altra, i vasi rotti e riparati con l’arte giapponese del kintsugi sono il modo per imparare il valore delle ferite, l’irresponsabilità femminile che s’occupa di frivolezze e pidocchi è emblema del divino, la separazione dei genitori diventa simbolo di un amore inseparabile, e così via di seguito, in un florilegio d’esempi di umanità scomposta e gioiosa, malconcia e frizzante, che è l’unica che esiste e che, infatti, è l’unica che piace a Teggi e a tutti quelli che amano lavare i panni sporchi in pubblico. Per poi stenderli su un filo, all’aria e al sole d’estate.